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Cucchiaini nel caffè...
Di recente ristampa è “Joh e Joe – Un ratto che passa”, opera teatrale a firma Agota Kristof edita da Einaudi. Quello delineato dall’ungherese classe 1935 è un teatro che si snoda su una comicità tipicamente Beckettiana con però gli immancabili temi della politica e del metafisico da sempre a lei cari.
John e Joe è il dialogo clownesco-laconico e istrionico-verboso tra due barboni che, seduti a un bar tra bicchieri di vodka, caffè e panini, non sanno come pagare il conto. Alla fine, uno dei due salderà il debito per entrambi portandosi via anche un biglietto della lotteria appartenente all’altro. Da qui si snoderà la seconda parte della pièce e si evincerà il messaggio di cui l’autrice ci ha resi destinatari. Con una scrittura precisa, non prolissa ma che nulla lascia al caso, ella si diletta nell’affrontare temi che vanno dal possesso, agli ordinamenti politici, al comunismo, al liberismo, all’umanità, in un crescendo di domande, di interrogativi, in un mix di caffè quando troppo dolci, quando troppo amari.
«E allora dimmi: a cos’è che pensi così spesso, Joe?»
Un ratto che passa si dedica a un gioco di autoinganni e di mascheramenti dell’Io all’interno di una società totalitaria. La scena è doppia: da un lato le vicende sono ambientate in un carcere, tra carcerieri, ospiti e il “Ratto Carognone”, dall’altro in un salotto borghese, con ospiti non molto graditi, con un’atmosfera al confine del surreale. Le due scene che si alternano permettono al lettore di ricostruire i nessi temporali e le vere identità dei personaggi sino ad un epilogo affatto scontato e dal retrogusto amaro che apre le riflessioni sul legame/non legame tra morale e diritto, tra giochi di potere e interessi personali.
Due scritti intelligenti, ben ponderati, ben strutturati che invitano chi legge a soffermarsi sulle problematiche trattate. Due componimenti forse minori della narratrice, e certamente non con la stessa portata dei lavori della stessa, ma comunque gradevoli e non privi di spessore.
«Ma è interessantissimo! Questo vecchio, che ha sacrificato la sua vita per un ideale e adesso si accorge che è stato inutile: i suoi compagni si sono trasformati in carnefici, e lui è la loro vittima. E continua a crederci, nel suo ideale. Ci si attacca. Non ti sembra strano? Avrebbe dovuto perdere la fiducia…»
«Potente? Ah! Ah! Ah! Tu sei più impotente di un lombrico, o dell’ultimo dei barboni. Il potere sta altrove. Tu sei solo l’arma del delitto. L’unico potere che hai è di rifiutarti di obbedire, e c’è un solo mezzo per farlo. Uno solo.»
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