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Analisi intertestuale
Antonio Catalfamo, docente di Letteratura Italiana presso le Università di Cassino e di Messina, ha fondato nel 2001 l’Osservatorio permanente sugli studi pavesiani nel mondo, divenendone sin dall’inizio anche coordinatore. Appare evidente, quindi, che nutra una vera passione per Cesare Pavese, senz’altro uno degli autori più interessanti del novecento, e non solo a livello nazionale. Gli approfondimenti da lui effettuati delle opere dello scrittore di Santo Stefano Belbo lo hanno portato ad analizzare anche i lavori di altri narratori piemontesi coevi di Cesare Pavese, in un confronto comparativo e intertestuale le cui risultanze sono indubbiamente di rilevante interesse. Ne scaturisce una visione, che pur nella disparità degli stili e dei temi, porta in buona sostanza a trovare un comune denominatore negli scrittori piemontesi del secolo scorso.
L’analisi, e ovviamente la comparazione, ha riguardato Italo Cavino, che, benchè nativo di Cuba, con padre ligure e madre sarda, ha avuto un rapporto stretto con Pavese, di cui era l’allievo prediletto, e che a suo modo, ne ha subito gli influssi; gli altri nomi, tutti di spicco in campo letterario, sono invece proprio piemontesi, e così troviamo Beppe Fenoglio, Davide Lajolo, Nuto Revelli, Primo Levi, Carlo Levi e Franco Ferrarotti. L’ultimo parrebbe stonare, in quanto è conosciuto come grande sociologo, ma in realtà viene rivalutato come scrittore da Catalfamo.
Il metodo usato per questo ponderoso lavoro è d’impronta gramsciana, vale a dire che è orientato ad analizzare i testi non solo in base alle loro caratteristiche specifiche, ma anche in relazione al contesto nel cui ambito sono nati. La pratica é più che corretta, perché é evidente che le opere di un autore risentono inevitabilmente del territorio e dell’epoca, quest’ultima con le sue specifiche caratteristiche economico-sociali, storiche, politiche, ideologiche, culturali e letterarie.
Il risultato, come ho sopra anticipato, é sicuramente interessante e consente anche, ad li là di quelle che sono le connessioni, di approfondire le caratteristiche di tutti questi scrittori; presuppone, però, di non essere a digiuno, cioè di aver letto con attenta analisi le loro opere. Questo saggio, per certi versi e anche per lo stile eccellente, ma accademico di Catalfamo, finisce con il presentarsi come un testo universitario, di indubbio valore per un laureando, ma a volte ostico per chi voglia limitarsi a una semplice erudizione. Ciò nonostante, è un piacere seguire le riflessioni, apprendere le connessioni e infine avere un’idea meno generica e più documentata di questi scrittori piemontesi, le cui opere, lette singolarmente, hanno un indubbio valore, ma che alla luce di una lettura intertestuale appaiono quasi come una corrente letteraria che ha arricchito la cultura del nostro paese.
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Spero che nel libro venga trattata ampiamente Lalla Romano (forse la migliore !).