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È Rembrandt ad andare dai suoi modelli
“Questa vita tuttavia mi pesa molto” di Edgardo Franzosini narra la breve vita di Rembrandt Bugatti, che rinuncia al futuro legato alla casa automobilistica di famiglia (“Gli unici animali che interessano mio fratello sono i cavalli a vapore”) per dedicarsi a una vena artistica assai particolare.
Rembrandt è uno scultore originale: nelle opere ama ritrarre gli animali e, per realizzare questa ispirazione, si reca quotidianamente allo zoo (“Invece è Rembrandt ad andare dai suoi modelli, che vivono dietro le sbarre del giardino zoologico”), ove osserva le abitudini dei prigionieri per maturare una poetica personale ed eccentrica (“Bestie a cui è stato tolto il piacere del sangue, il gusto di sbranare”), che naturalmente lo induce a criticare la pratica circense (“Il pubblico naturalmente applaudiva a quella pagliacciata”) e i tristi spettacoli che ivi si consumano (“Questo genere di spettacoli avvilisce Rembrandt”).
Intanto la guerra divampa (“conte von Zeppelin, amico di Ettore e inventore dell’aerostato ormai utilizzato per spargere morte dal cielo”), le autorità cittadine decidono di sopprimere gli animali, lo zoo viene trasformato in centro d’accoglienza per feriti (“Impara che niente può consolarci più della possibilità di assistere i propri simili nel momento del dolore”). La distruzione degli zoo e la crudeltà della guerra hanno un effetto devastante su un artista che ha sempre dissimulato con eleganza e misura i propri travagli interiori.
Il libello descrive con grande armonia la sofferenza di un essere umano che si identifica nelle creature della natura e nelle ingiuste sofferenze alle quali vengono sottoposte dalla follia umana.
Giudizio finale: animalista, umanitario, una tragedia in miniatura.
Bruno Elpis