Dettagli Recensione
La razionalità dell'irrazionale
Tragedia ad alto tasso di filosofia, Le Baccanti, considerate il capolavoro della produzione di Euripide, sono aperto manifesto della cultura del relativismo e della nuova tragica concezione dell’esistenza umana.
Il dramma si apre col prologo di Dioniso/Bacco, dio del vino e dei campi, sopraggiunto a Tebe per introdurre il suo culto nella città. Figlio di Zeus e Semele, egli non è creduto di natura divina dalle sorelle di questa (Agave, Ino, Autonoe) e da Penteo, suo nipote (figlio di Agave) e attuale re tebano. Per punire il re e la città per l’oltraggio subito, Dioniso ha punto tutte le donne della città instillando in loro il germe della follia cosicché si sono tutte radunate sul monte Citerone a celebrare i riti sacri al dio in preda al furore bacchico: sono dunque diventate le Baccanti. Ciononostante Penteo non si lascia convincere anzi, fa imprigionare il dio Dioniso, travestito da un giovane che dice di esser stato mandato dal dio per introdurre il culto di Bacco. Questo tuttavia si libera agevolmente; intanto dal Citerone giunge un messaggero a riferire le sconvolgenti azioni delle Baccanti, che al segnale divino, come prese da follia, lo celebrano con danze e canti sfrenati, bevono vino sgorgato dalle rocce, squartano a mani nude delle bestie e si aggirano per i villaggi vicini distruggendoli e rapendo bambini. Dioniso convince dunque Penteo a recarsi sul monte per osservare da vicino quanto ascoltato travestito da donna; una volta lì, issatolo su un ramo perché potesse veder bene, istiga le Baccanti che con inaudita violenza lo aggrediscono e la sua stessa madre, Agave, lo sgozza e torna trionfalmente al palazzo con la sua testa su un bastone, pensando di aver ucciso un cucciolo di leone. L’anziano Cadmo, padre di Agave e nonno di Penteo, che aveva appreso tutto da un messaggero, dissolve l’obnubilazione della donna, che così riconosce inorridita il figlio ucciso. Appare dunque ex machina il dio Dioniso, che annuncia di aver progettato ciò come punizione per l’empia città di Tebe che non ne ha riconosciuto la natura divina e condanna Agave e Cadmo ad allontanarsi dalla città; i due dunque si separano, in preda al lancinante dolore.
Dominante nel dramma è il tema della conoscenza. Vengono contrapposte la sapienza antica tradizionale e la saggezza reale razionale: affermata la scarsa attendibilità della prima, legata a modelli predefiniti e poco legati all’evidenza della realtà quotidiana, è tuttavia messa in discussione anche l’utilità di una ricerca della verità, umanamente inattingibile. Questo atteggiamento è un netto contrapporsi alla razionalità socratica e sofistica. Ma chi è dunque il sapiente? Come più volte evidenziato sapiente è colui che, raggiunta la consapevolezza della sua incapacità di conoscere, accetta l’incompletezza della dimensione razionale, dedicando pertanto la sua vita a occupazioni comuni e non a impossibili indagini. Sapiente è colui che non conosce, che non conosce la sua infelicità o la reprime abbandonandosi ai piaceri, ben rappresentati dal vino. Ecco dunque il ruolo del dio Dioniso, universalmente simbolo dell’irrazionale e della follia, come ben evidenziato dai suoi riti misterici e dal furore prodigioso ed inspiegabile delle Baccanti. Penteo, sovrano privo di leggi (poiché contrario al culto dionisiaco), si pone dunque in netta antitesi con Dioniso, alla cui figura si uniformerà secondo un graduale processo in cui rilevanti sono in particolare i due dialoghi serrati col dio stesso, prima e dopo il suo arresto. Nel primo, estremamente significativo ai fini del senso globale della tragedia è l’affermazione del dio secondo cui i barbari che hanno già accolto il suo culto si sono dimostrati in questo più razionali dei Greci; è evidente la tesi di fondo: l’accettazione dell’irrazionalità è quanto di più razionale un uomo possa fare, riconoscendone l’inevitabilità e la dirompente e incontrastabile potenza. Dimostrazione di ciò è quindi il secondo dialogo tra i due, successivo al resoconto del messaggero, in cui Penteo comincia a risentire degli effetti della follia vedendo doppio e iniziando a intravvedere i segni caratteristici di Dioniso (le corna di un toro). Nella contraddizione universale, Dioniso e Penteo si rivelano dunque speculari: Penteo diventerà Baccante e Dioniso assume i tratti di uno spietato despota. Nella sua morte violenta si può a ragione vedere anche la sconfitta ultima del sapere, a ribadire nuovamente che sapiente e felice è chi vive giorno per giorno, non curandosi di capire ciò che non è in grado di conoscere. Inoltre la tragica fine di un eroe tragico come Penteo rappresenta simbolicamente il nefasto destino di chiunque osi sfidare la legge non quella civile ma quella divina. E che a mettere in atto tale punizione sia Dioniso, apparentemente sovvertitore dell’ordine e dell’equilibrio, evidenzia chiaramente la sua parità rispetto agli dei olimpici, colpevolmente non riconosciuta dal sovrano di Tebe: l’irrazionalità va riconosciuta come parte integrante dell’esistere umano. La follia instillata dal dio viene dunque tratteggiata come elemento necessario per una vita beata e si manifesta in modo cruento per coloro che la rifiutano e nella serenità per chi la accetta. Il trionfo del dionisiaco sull’apollineo, in questa tragedia più che mai lampante, sarà uno dei motivi che spingerà Nietzsche a considerare Euripide il momento di morte della tragedia, che perde il suo valore di indagine sulla razionalità dell’uomo: l'irrazionale è divenuto razionale e la vita inconoscibile.
Commenti
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Ferruccio
Vedo che le opere del mondo classico ti interessano veramente. Spesso contengono elementi di 'attualità' superiori rispetto a tanti libri sfornati continuamente dalla produzione editoriale e offerti al consumismo 'letterario'.
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Il lavoro di chi, come te, osa, lungi dall'essere frutto di una ingenua presunzione, come purtroppo mi è capitato di leggere a volte tra i commenti, credo sia utilissimo, in un sito come questo, a stimolare curiosità in chi non ha avuto l'opportunità di approfondire certe letture nel suo percorso scolastico, ma anche a riaccendere interessi sopiti in lettori impigriti e accasciati sui best seller del momento!
Bravo, bravo! Domitilla.