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Donne contro la guerra
Lisistrata è una delle più note commedie di Aristofane in quanto ispirò motivi che saranno in seguito variamente rivisitati; si inserisce in modo originale nel dibattito sulla guerra del Peloponneso in cui Atene era coinvolta contro Sparta in un momento di estrema difficoltà per l’esercito ateniese, che pochi mesi prima aveva incassato una pesante sconfitta.
Protagonista è una donna ateniese, Lisistrata, nome parlante che vuol dire “colei che scioglie gli eserciti”, la quale, stanca della guerra che ormai imperversa da vent’anni andando verso un infausto esito, propone alle altre donne provenienti da ogni parte della Grecia di intraprendere uno sciopero del sesso fino a che gli uomini non stipuleranno la pace. Vinte le iniziali titubanze, le donne danno inizio al loro piano e, inoltre, si chiudono nell’Acropoli, luogo deputato tradizionalmente agli uomini in quanto sede del tesoro grazie a cui far la guerra. Seguono alterchi tra il coro di uomini, indignati ed esterrefatti per l’insolenza delle donne, e il coro di donne, che rispondono a tono ritenendo di poter gestire la situazione in maniera più adeguata al benessere di Atene e della Grecia. Nonostante le defezioni di alcune incapaci di resistere all'astinenza, la protesta prosegue. Il piano di Lisistrata è di condurre gli uomini all’esasperazione affinché cedano alle loro richieste spinti dalla mancanza del sesso: esempio più evidente di ciò è l’esilarante scena tra Cinesia e Mirrine, la quale, secondo le istruzioni di Lisistrata, lo seduce facendogli credere che verrà meno al giuramento, lo eccita temporeggiando all’inverosimile per poi fuggir via al momento clou. La situazione per gli uomini diventa insostenibile cosicché il piano delle donne va a buon fine: Ateniesi e Spartani, disposti a tutto pur di riavere le loro donne, stipulano la pace con la supervisione delle donne capeggiate da Lisistrata. La commedia si conclude così in un’atmosfera gioiosa.
La Lisistrata si aggiunge al lungo elenco di opere in senso antibellico dal commediografo realizzate. Caratteristica peculiare di questa commedia è la cosiddetta carnevalizzazione della realtà che ha luogo sulla scena teatrale, ossia l’inversione del tradizionale ordine delle cose nella vita quotidiana. Ecco che dunque protagonista attiva è una donna, non un uomo come solitamente accadeva, la quale, insieme a concittadine, prende un’iniziativa del tutto impensabile nella società ateniese e, in generale, greca antica: ribellarsi agli uomini e porli in una condizione di subordinazione, utilizzando la loro arma più forte, ossia il sesso. Inoltre le donne si arroccano sull’Acropoli, luogo ad esse assolutamente vietato, e impongono la loro gestione del tesoro e, di conseguenza, della politica della polis, storicamente appannaggio esclusivamente del sesso maschile, a culminare nella scena in cui gli uomini stipulano la pace sotto lo sguardo giudice delle donne. Il mondo carnevalesco inscenato si riflette anche nel microscopico, come ben evidenziato dalla scena di Mirrine e Cinesia, akmé della potenza comica della trama aristofanea: mentre le seduce, Mirrine esercita evidentemente il controllo sull’eccitato marito, arrivando a rifiutarsi di far l’amore per terra per non disonorarlo (tradizionalmente erano le donne a procurarsi una reputazione da poco di buono prestandosi a rapporti sessuali per terra) e a giurare in nome di Apollo, giuramento attestato solo in bocca a uomini (le donne giuravano su divinità femminili quali Era, Afrodite, Artemide). Si è fatto dunque Aristofane portavoce di istanze in favore della popolazione femminile? Più volte si è fatto passare il commediografo per un difensore delle donne, anche in virtù delle Ecclesiazuse, affini per la carnevalizzazione sociale a favore di queste ultime; tuttavia considerarlo un primo femminista sarebbe evidentemente un tendenzioso anacronismo e una grave imprecisione interpretativa dal momento che la vittoria delle donne sugli uomini altro non è che la denuncia della decadenza morale di Atene, in cui valori civili e politici sono sottomessi ormai agli istinti. Caratteristica fondamentale del mondo carnevalesco inoltre è il suo esaurirsi nell’ambito della manifestazione teatrale. Aristofane non è un rivendicatore d’uguaglianza sociale e questo è ben evidenziato dal fatto che, già al termine della Lisistrata, l’ordine tradizionale viene ristabilito dagli uomini che riconducono a casa le rispettive donne, tornate, come sempre, in loro possesso. In questo modo, senza che fosse destato il benché minimo sospetto di aver di fronte un sovvertitore degli equilibri sociali, gli spettatori ben comprendevano che l’inversione di ruoli altro non era che espediente comico sapientemente usato dal più alto commediografo della letteratura greca per coniugare diletto e impegno politico.
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