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La televisione tra passato e futuro
"Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l'accende, vado in un'altra stanza a leggere un libro". Questo noto aforisma di Groucho Marx esprime la più tipica attitudine che il pubblico "colto" ha avuto (ed ha tutt'ora) verso il mezzo televisivo. I critici, che Umberto Eco ha saggiamente definito "apocalittici", infatti, hanno sempre dimostrato un'avversione totale verso di esso evidenziandone costantemente la natura omogeneizzante e massificante, l'arma finale dell'industria culturale. Anche senza voler essere così radicali, tuttavia, vi sono molti altri punti su cui la critica ha più volte basato la sua analisi negativa, uno fra tutti la qualità del contenuto, che appare incredibilmente bassa se paragonata alle più tradizionali forme di espressione culturale. Tale approccio è talmente diffuso da essere diventato oramai un luogo comune e come tutti i luoghi comuni incorpora di certo un qualche barlume di verità insieme, però, ad una pericolosa semplificazione delle questioni in gioco. E' vero, infatti che, come ha sostenuto McLuhan, ogni mezzo caratterizza inevitabilmente il contenuto che tramite esso viene veicolato. In altre parole: "il medium è il messaggio". Tuttavia, se da una parte questo può essere letto in maniera negativa, contrapponendo la velocità, la superficialità e la mancanza di riflessione propria del messaggio televisivo con la profondità e la razionalità della pagina scritta, dall'altra si tratta di un dato di fatto incontrovertibile con il quale, nel bene o nel male, bisogna fare i conti. La televisione è ovunque e la sua influenza sulle opinioni, sui comportamenti, sui costumi, sui modi di pensare dei suoi utenti è immensa ma, soprattutto, inevitabile. Essa ha le sue regole che non si può misconoscere. E' per questo motivo che il rigetto radicale che ha spesso contraddistinto la critica intellettuale, e che in fondo era alla base dei molteplici sforzi di proporre una televisione di qualità, ha fatto sì che ogni tentativo di distribuire dei messaggi "alti" fosse votato al fallimento. Il risultato è (nel vero senso della parola) sotto gli occhi di tutti: le dinamiche essenziali della comunicazione televisiva, in particolare della televisione generalista post anni-80, sono diventate le dinamiche proprie della società e del dibattito politico, aiutate dalla mancanza, o meglio, dall'inefficacia, di una seria opposizione. Il caso italiano mostra in modo inequivocabile tale trasformazione: l'idea principe della TV generalista (che in Italia è sinonimo di Mediaset), i cui palinsesti sono determinati dal sondaggio, è sempre più quella di maggioranza. Su questa scia, la democrazia si è trasformata nel peggiore degli incubi di De Tocqueville: una dittatura della maggioranza.
Il testo di Freccero illustra in modo chiaro, e con dovizia di particolari tecnici, il cammino che il medium televisivo ha percorso dagli inizi sino ai giorni nostri, passando attraverso l'importante frattura epistemologica degli anni ottanta che ha trasformato in modo irreversibile l'immaginario collettivo e i cui effetti sono avvertibili ancora oggi. Il testo segue un percorso storico disegnando in parallelo gli sviluppi della televisione e le condizioni culturali e sociali che ne costituiscono, allo stesso tempo, la causa e l'effetto. In esso si mostra come progressivamente l'approccio americano mercatista e privatista si sia imposto anche in europa costringendo la tv pubblica, intesa fino ad allora in maniera principalmente pedagogica, a ricorrere alle stesse strategie dell'avversaria commerciale per poter sopravvivere, venendo però meno alla sua natura "culturale". Questo fallimento è dovuto, come abbiamo detto, all'incapacità di comprendere la specificità del medium in quanto tale. Certo, la TV pubblica/propedeutica ha realizzato prodotti di grande profondità. Il problema è che si è sempre concepito il mezzo televisivo, appunto, come fosse un semplice strumento ininfluente da sfruttare per veicolare contenuti prodotti ad altre sfere della cultura: quelle "alte" della cosiddetta Galassia Gutenberg, l'unica vera forma di cultura. Le ragioni di questa sconfitta devono essere tenute ben presenti, in modo da evitare di ripetere gli stessi errori. E' questa, in fondo, la tesi di Freccero: per sfruttare a pieno il medium televisivo, e per non farsi sfruttare da esso, è necessario conoscere le sue dinamiche ed adeguarsi ad esse. La televisione, infatti, è pienamente in grado di generare un prodotto proprio, intelligente ed istruttivo che non sia solo un mero derivato della cultura "alta".
In definitiva, Televisione è un testo molto interessante che affronta in modo non superficiale un tema riguardo il quale si è spesso ragionato per luoghi comuni. Vista la condizione politica e sociale del nostro tempo, affrontare in questo modo la questione è una cosa più che necessaria.
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D'accordo col fatto che la tv non è più un mezzo di trasmissione della cultura, e d'accordo con i motivi prospettati. Dopo Cesare Marchi, solo Vanna Marchi...
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