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Uno sguardo dal ponte
 
Uno sguardo dal ponte 2013-11-29 04:30:42 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    29 Novembre, 2013
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Il porto dell'ossessione

Eddie Carbone è un portuale newyorchese di origini italiane. Abita a Brooklyn con la moglie Beatrice e la nipote diciottenne Catherine, figlia della sorella della moglie. Per Catherine l’uomo nutre un amore ossessivo, che si manifesterà in tutta la sua morbosità nell’occasione in cui a casa di Eddie verranno ospitati due cugini immigrati clandestini: Marco, padre di tre figli, e il giovane Rodolfo. Quest’ultimo, biondo (“Com’è che lui è così scuro e tu così chiaro, Rodolfo?” “Nu usaccio! Dicono che mille anni fa i danesi sono venuti giù in Secelia!”), allegro ed estroverso, simpatizza subito con Catherine, con la quale allaccia una relazione con relativa promessa di matrimonio.
Eddie le prova tutte per contrastare la relazione: insinua nella nipote il dubbio che Rodolfo stia cercando di farsi sposare per ottenere la cittadinanza americana (“Lo sai che se ti sposa ha diritto a diventare cittadino americano”; “Dacché c’è l’America, dacché c’è l’Ufficio Immigrazione, non fanno altro! Pigliano una ragazza che non sa niente e la…”), accusa il giovane di mancare di rispetto alla ragazza (“Al tuo paese non ti porteresti fuori una ragazza giorno e notte senza chiedere il permesso”), ipotizza addirittura che Rodolfo “non sia regolare” perché canta, diverte gli altri, ha interessi vanesi come l’abbigliamento e i dischi…
Gelosie e provocazioni si susseguono (“Rodolfo e come impietrito – sono due animali che si sono azzannati e lasciati senza una decisione finale, e ognuno aspetta quel che farà l’altro”) fino a che Eddie giungerà a denunciare i cugini all'ufficio immigrazione e a farli arrestare.
L’avvocato Alfieri funge da narratore: “Lo ricordo adesso, entra nel mio ufficio, gli occhi come due gallerie nere – lì per lì pensai che avesse assassinato qualcuno, ma poi m’accorsi che era soltanto passione, una passione che era entrata in lui come una straniera”.
Finale tragico nel secondo dei due atti di cui è composto il dramma, che fu reso nel 1962 da Sidney Lumet con un film girato in studio a Parigi e con esterni a Brooklyn, interpretato da Raf Vallone e Jean Sorel (Rodolfo), nel quale venne variato il finale e che fece scandalo per una scena.

Il dramma della gelosia viene reso con potenza scenica che utilizza il cliché dell’italiano passionale e impulsivo; anche molte battute adottano una lingua con le inflessioni dialettali degli immigrati. Particolare lo sfondo dell’ambiente portuale e della gente che lavora ai Docks.

Bruno Elpis

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Commenti

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caro Bruno, non ho mai letto Miller....
ottimo spunto!
Di Miller ho letto Focus e mi è strapiaciuto. Sfortunatamente, non amando particolarmente la sua persona, di istinto non leggerei più niente di suo....ma il tuo 4 di media mi farà riflettere!

Valentina
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