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Siamo fragili come cristalli
Gruppo di famiglia in un interno di Saint Louis, in una vecchia casa ormai fatiscente. I componenti di questa famiglia sono in buon ordine:
Tom Wingfield, giovanotto insoddisfatto del proprio lavoro in un magazzino di scarpe, insofferente alle prediche ossessive della madre;
Amanda, donna sull’orlo di una crisi di nervi (come molti personaggi femminili nelle opere di Williams), abbandonata dal marito e preoccupata in modo patologico per l'avvenire della figlia maggiore;
Laura, timida e complessata (“Vive in un mondo per lei, un mondo di… fragili figurine di vetro…”) per il fatto di essere claudicante:
“Tom: Laura … è nostra e le vogliamo bene. Non ci accorgiamo neanche più che è zoppa.
Amanda: Non dire zoppa! Tu sai che questa parola non la sopporto!”
Amanda assilla i suoi ragazzi con il suo fare esasperante e trasforma il suo morboso amore in persecuzione psicologica.
Tom scrive poesie, passa il suo tempo al cinema e si ribella all’atteggiamento soffocante della madre, litigando con lei frequentemente.
Laura si chiude sempre più in se stessa, nella sua vita monotona e senza sbocchi. Ha rinunciato al diploma e ha interrotto un corso di dattilografia: le uniche sue occupazioni sono una minuscola collezione di animaletti di vetro e l'ascolto di vecchi dischi (“Non fa altro che trastullarsi con quei cosini di vetro e suonare vecchi dischi”).
La madre desidererebbe veder accasata la figlia (“Dopo il fiasco della dattilografia, l’idea di scovare un pretendente per Laura si fece il motivo determinante delle macchinazioni di mia madre. Diventò un’ossessione”). Quindi chiede insistentemente a Tom di trovare un ragazzo per la sorella. Così Tom una sera invita a cena il collega Jim, che fu suo compagno di liceo e che anche Laura conosce (ne era innamorata!).
Amanda è eccitata, fa grandi spese per rinnovare la casa, compra un grazioso abito per Laura, prepara una cena. Jim arriva a casa con Tom: Laura è imbarazzatissima.
Terminata la cena, la madre e Tom lasciano soli Jim e Laura. La conversazione è dapprima molto difficile per l'eccessiva timidezza della ragazza, ma poi l'ospite vince la diffidenza di Laura e i due iniziano a parlare senza problemi, si confidano, si apprezzano:
“Jim: Adesso vuol sapere che malattia ha lei? Complesso d’inferiorità. Sa cos’è? Quando uno si sottovaluta.”
Quando Jim si accorge che Laura lo guarda estasiata… be’ il finale non si può svelare.
Pièce complessivamente molto triste, in essa Tennessee Williams gioca sull’allegoria dello “zoo di vetro”:
“Le mie statuine di vetro mi prendono molto tempo. Il vetro ha bisogno di attenzioni.”
“Non è nulla. Il vetro si rompe così facilmente. Per quante precauzioni si prendano. Il traffico della strada fa tremare gli scaffali e ogni tanto ne cade uno.”
Abbinando, in modo magistrale, la potenza drammaturgica a quella simbolica.
Bruno Elpis
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Commenti
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@ Luvina: esatto, sto facendo un percorso di (ri)lettura. Domani pubblico il commento al "Tram", te lo dedico :-)
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