Dettagli Recensione
Scrivere piangendo
Finalmente ho capito perché, non solo in Italia ma nel mondo intero, tutti vogliono scrivere, tutti sono presi da una vera e propria frenesia scrittoria che va al di là dell’amore per la parola ed i pensieri scritti.
Un amore abbastanza antico che può assumere forme diverse. Da “filiali” a “maniacali”: “bibliofilìa”, “bibliofobìa”, “bibliocastìa”, “bibliognosìa”, “bibliolitìa”, “bibliologìa”, “bibliotafìa”, fino ad arrivare alla familiare categoria della “bibliomanìa” alla quale appartiene chi scrive, e chi decide di continuare a leggere ciò che scrivo.
Tutte queste patologie sono affezioni volontarie, se fatte per scelta; congenite, se si nasce con esse; ereditate, se si ha la fortuna/sfortuna di avere un genitore nel ramo; trasmesse per collateralità o colleganza e così via.
Ora sappiamo che può essere anche una decisione pensata, programmata per un mercato che si va facendo sempre più ampio, stimolante, competitivo, se non competente, mai in crisi, sempre in crescita.
Su un mercato del genere, come in tutti i tipi di mercato, esistono i mediatori. In questo caso, nel mercato del libro, si chiamano agenti, rappresentanti, operatori culturali, distributori, cacciatori di teste, editori, redattori...
Insomma, gente che sta nel ramo perché legge, corregge, scrive, descrive, tronca, taglia, ritaglia, copia, incolla, cuce, scuce, suggerisce, scrive e non firma, vende ad altri ciò che non pensa, ma lo scrive per altri, oppure inventa solo e riferisce ciò che altri gli dicono. In una foresta fatta di parole scritte, dette, lette, stampate e pubblicate, era ovvio che si presentasse qualcuno con l’idea, non tanto peregrina, e forse giusta: quella di direcioè “Come diventare ricchi facendo scrivere gli altri”.
Per soli sei euro e novanta, in un paio di ore di lettura, l’autore mi ha fatto comprendere che, dopo oltre quaranta anni che mi sforzo di scrivere, non ero io che dovevo scrivere, ma dovevo farlo fare agli altri! Avrei avuto senza dubbio successo e fatto tanti soldi.
A dire il vero, in tanti anni di insegnamento ho cercato di insegnare a scrivere migliaia di studenti, prima in italiano e poi in inglese, ma si vede con scarsi risultati perché non sono diventato ricco e mi ritrovo con una magra pensione. Ed invece, se avessi avuto la possibilità di leggere prima questo libro, forse il mio destino sarebbe stato diverso. Sarei senza dubbio diventato non solo famoso, ma anche ricco, come ha fatto il collega professore irlandese Frank McCourt col libro “Ehi, Prof!”, appena pubblicato da Adelphi. Ma di questo libro ne parlerò un’altra volta. Per ora leggetevi quanto ha avuto modo scrivere anche Caterina Soffici nella sua recensione del libro di Renato De Lorenzo di cui mi sto occupando.
"Insomma, guardatevi allo specchio: come mai non avete ancora scritto un bestseller? Spicciatevi, c’è un futuro di successo davanti a voi. Se riuscirete a vendere almeno 20mila copie, guadagnerete come minimo 28.820 euro (e mi raccomando i 20 centesimi). Se poi azzeccate il romanzo da 200 mila copie avrete guadagnato in diritti d’autore «558 milioni di vecchie lire, pari ad una retribuzione da lavoro dipendente di circa un miliardo e 100 milioni». E perché il vostro libro non potrebbe essere così buono da raggiungere il milione di copie, da diventare il soggetto di un film, da vendere i diritti all’estero? Come mai in Italia quelli che ci sono riusciti si contano sulle dita di una mano? Ma ovvio, perché non hanno letto i preziosi consigli di Renato Di Lorenzo nel saggio “Smettetela di piangervi addosso: scrivete un bestseller (Gribaudo editore).
Di Lorenzo, già autore di altri manuali fai da te per “Il Sole 24 ore” (i titoli spaziano dal “Come guadagnare in borsa con Internet" a “Come guadagnare in borsa con un capitale minimo) dà per assodato che «scrivere è sempre meglio che lavorare». Poi spiega che Dan Brown non prenderà il Nobel ma è un uomo ricco e libero. E voi prenderete il Nobel? Difficile, impossibile. «Ma, se imparerete a scrivere un buon libro pubblicabile, può essere che entriate anche voi a far parte della categoria degli uomini liberi». Quindi seguite passo passo i consigli di Renato Di Lorenzo, che lungo 160 pagine non tralascia alcun particolare: dalla stesura della storia, alla creazione dei personaggi, all’uso degli aggettivi e degli avverbi, il tutto infarcito con una giusta dose di parole inglesi da scuola di scrittura "very yankee" (cast, plot, flashback) per arrivare alla scelta fondamentale del titolo del vostro romanzo di successo. "Tenera è la notte" per esempio, va bene. Anche "L’amante di Lady Chatterly", "Il Grande Gatsy" non sono male. Però, avverte l’autore, «si tratta di una scelta difficile, per cui non esistono ricette. Tutto quello che posso invitarvi a fare è ponderarla bene ed esercitare la fantasia il più possibile».
Ma il consiglio senza dubbio più efficace è alla fine del libro, dove si avverte che dopo aver scritto il vostro bel romanzo, potrete inviare il manoscritto al Di Lorenzo stesso medesimo per ottenerne un giudizio critico. Lui ve lo darà, basta che proviate di aver acquistato 10 copie del suo libro. Avuto parere positivo potrete tentare la pubblicazione. E anche qui Di Lorenzo non vi abbandona: l’importante è inviare la prova d’acquisto di altre 50 copie del suo libro e verrete presentati a un agente letterario internazionale, la «Tipress Deutschland Gmbh di Sulzburg», Germania, che deciderà se cercarvi un editore e quale. Non è chiaro se seguendo questi consigli il vostro manoscritto diventerà un bestseller. Di certo lo diventerà il libro di Di Lorenzo."
Caterina Soffici
IL GIORNALE.It