Dettagli Recensione
Obiettivo: resuscitare Euripide!
Come tutte le commedie e tragedie greche o latine, la trama di questo testo è piuttosto semplice: il dio Dioniso si rammarica del fatto che il teatro e la poesia greca in generale siano regredite così tanto dopo la morte del grande e amatissimo Euripide. E allora che fa? Decide di scendere nell'Ade, accompagnato dal servo Xantia, per riportarlo nel regno dei vivi, in modo che il mondo possa godere ancora dei suoi frutti letterari.
Appena arrivato, però, Dioniso assiste ad una feroce disputa professionale tra Euripide ed Eschilo e sarà costretto a svolgere il ruolo di giudice in questa contesa....
Di Aristofane avevo già avuto il piacere di leggere, nonchè di interpretare a teatro, "Le donne al Parlamento" e quando si è trattato di leggere questa commedia, ne ero ben lieta e non sono stata delusa neanche questa volta.
Divertentissimo, assai volgare, senza peli sulla lingua e privo di scrupoli nella satira contro politici e poeti, Aristofane non era tanto diverso da un autore d'oggi e i suoi personaggi sono sì stereotipati e ogni tanto privi di personalità (come del resto quasi tutti quelli delle opere teatrali greche) ma suscitano una simpatia e un certo affetto irresistibili: Dioniso in primis, dio dell'ebbrezza, qui rappresentato come buffo, goffo, grassoccio, privo d'orgoglio e schiavo di ogni piacere (per tentare di darsi una certa dignità, non esita ad attraversare l'Ade travestito da Eracle con tanto di clava e pelle di leone sulle spalle) a volte saggio, a volte approfittatore, a volte un po'grullo ed effeminato...
Per non parlare di Xantia: l'archetipo del servo stupido, relegato alle mansioni manuali e di fatica in un ruolo secondario, qui cambia leggermente. Xantia infatti è abbastanza intelligente, molto più coraggioso del suo padrone e non del tutto fedele ad esso...
Euripide, perennemente furibondo, rappresentato come poeta dei ladri, dei criminali, della feccia umana e della gente semplice, Eschilo, un poco più quieto del suo rivale, visto come tragediografo dagli usi obsoleti e superati, criticato per le numerose ripetizioni e insensatezze nelle sue opere...
"Ma allora cosa c'entrano le rane?" si chiederà sicuramente qualcuno.
Se lo sono chiesti in parecchi: filologi, traduttori, studiosi, lettori... Perchè queste benedette rane ("Batrachòi" in greco) compaiono a malapena in una scena per poi scomparire immediatamente.
Cosa fanno in quella scena? Infastidiscono Dioniso, che risponderà loro per le rime, con il proprio sgradevole gracidio mentre lui attraversa l'Ade sulla barca di Caronte, e basta.
Che siano forse il simbolo della decadenza e regressione della poesia greca di allora, paragonata in questo modo ad un infelice quanto semplice gracidio di anfibi che evidenzia la nostalgia e il bisogno della poesia del buon vecchio Euripide?
Questa, almeno, è la mia interpretazione. Non si potrà mai sapere purtroppo cosa passasse nella geniale testolina di Aristofane e, bisogna dirlo, spesso gli studiosi inventano ciò che vogliono o fa più comodo a loro. Dopotutto, chi sono loro per dire cose di cui non si è certi? E chi sono io per recensire questi piccoli capolavori e magari sparare qualche involontaria stupidaggine? Un'irrecuperabile, appassionata divoratrice di libri? Troppo poco per un mito come Aristofane.
Questo genere di lettaratura non sarà la passione della maggior parte del popolo dei lettori, ma lo consiglio comunque. E'una lettura leggera, veloce, che accultura e appassiona.
Se tutte le commedie e tragedie greche mi fanno questo effetto, credo proprio ne leggerò più spesso e volentieri.
Unica pecca? Le continue note d'autore che spiegano citazioni, termini e significati ogni tanto fanno perdere il filo della narrazione.
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Commenti
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splendida recensione Cecilia!!!
a proposito, quale edizione hai letto ?
Delle "Rane" ho letto l'edizione BUR =)
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