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Marilyn
"Sapevo di appartenere al pubblico e al mondo. Non perchè fossi dotata o bella, ma perchè non ero mai appartenuta a nessun altro, nè a nessun'altra cosa."
Alfonso Signorini ci racconta la vita di Marilyn, una donna i cui occhi rappresentavano la sua anima: malinconici, tristi, la paura sempre presente per la pazzia quella pazzia che aveva già colpito il nonno, la nonna e poi la sua mamma Gladys.
Una donna che aveva vissuto un'infanzia molto difficile senza amore alcuno e che l'aveva condannata a credere che non avendo mai ricevuto amore non era neppure lei in grado di amare qualcuno per sempre!
Lei amava le sfide impossibili, dal niente era riuscita ad essere la donna più sexy e più desiderata dell'America e del mondo intero, ma dentro nel suo profondo la felicità era una chimera lontana ed impossibili da afferrare, fu inghiottita dalla sua ennesima sfida quella di accaparrarsi l'uomo più grande ed importante di allora John Kennedy.
"Nel passato chi ha cercato stupidamente di ottenere il potere cavalcando la tigre, ha finito per esserne divorato." (John Fitzgerald Kennedy).
La vita di Marilyn è interessante, ma secondo me Signorini l'ha affrontata in maniera molto insipida senza approfondire per niente la complessa psiche della grande attrice, sembra quasi di essere seduti su una panchina a fare pettegolezzi su quanti letti ha girato nella sua breve vita!
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