Poesie di Gregory Corso
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Poesie di Gregory Corso
Per terminare il discorso beat generation, ho letto con piacere il libro “Poesie” di Gregory Corso. Una raccolta di alcune delle poesie più belle che il poeta più importante della beat generation ha scritto negli anni. Figlio di italiani emigrati negli states, ha avuto un’ infanzia ed una vita molto difficili. E’ andato in riformatorio per rapina e qui è entrato in contatto con il suo poeta preferito: Shelley e anche lui ha iniziato a scrivere poesie. Dopo essere uscito dal carcere ha viaggiato molto, anche in Europa, venendo a contatto con gli altri esponenti della beat generation. Pur avendo viaggiato molto, si è sempre sentito straniero ovunque. “Dove my casa?”, soleva dire ad una certa ora del giorno, quando tutti gli altri andavano alla loro casa (ed è anche il titolo di una delle sue raccolte di poesie). Le quali sono un fiume in piena: Corso scrive di getto, con onestà (in una sorta di libero flusso della mente) sulla condizione di marginalità dell’uomo e dell’artista (lui era l’incarnazione della deriva), sulla lotta alla guerra, sulla libertà sessuale e la lotta alla società corrotta dal consumismo. Gregory è contro il conformismo e cerca nel mondo una propria via: unica e non uniformata.
Il ritmo delle sue poesie è musicale (beat come battito), ricorda la musica jazz e il fluire ininterrotto dell’acqua, proprio come un fiume che non ha paura di diventare mare (come i versi che sono scritti sulla su tomba, che si trova al cimitero del Testaccio a Roma, accanto a quella di Shelley).
Da molti, anziché uno dei poeti della beat generation, è stato considerato la beat generation stessa.
Scrivo alcuni dei versi che ho preferito o che rappresentano il suo pensiero:
“ Piansi per ciò che in me non era più sovrano puzzava di sogni morti, sogni che ancora fingo di seppellire per schivare il verme della realtà”;
“Oh per quella follia, ancora quella sconfinata solitudine dove l’illusone parlava il divino dialetto della verità”;
“Una madre bambina mi colma la bocca con un pallido seno milanese”;
“Non moriranno mai quelli che combattono così abbracciati…”;
“Il tuo suono è perfetto/ puro e rotondo/ sacro/ quasi profondo/ Il tuo suono è il tuo suono/ sincero e da didentro/ una confessione/ leggiadra e appassionata…” ( era una dedica a Miles Davis);
“Non fummo tanto noi a trovar l’America quanto l’America che trovò la sua voce in noi…”;
“Logico che ci trovassimo senza radici… perché siamo diventati noi le radici…”;
“La seconda grande causa della morte dell’uomo… è l’acquisizione della proprietà”;
“E presto… a te appresso/ seguendo vennero/ i figli dei fiori” ( una dedica a sua grande amico Jack Kerouac, dopo la sua morte);
“E sarebbe meglio assai manifestare per la pace/ che invocarla/ Solo i vinti debbono ottenerla”;
“Un esempio perfetto sono i beat/ lasciano le usanze della Via/ e si scelgono da sé le loro usanze…”;
“Cos’è che manda avanti il mondo? IL LAVORO!/ Assumere e licenziare – entrata al pianterreno – arriva il PRINCIPALE/ Chi ha attirato l’uomo in questa trappola?”;
“Gente, il sesso non è mai stato/ più che un incrocio/ di corpi che fanno l’uno/ per l’altro/ ciò che serve/ a loro e all’evoluzione/ fare/ o per desiderio/ o per disperazone/ o per necessità/ Non ha altri fini/ che quelli dell’amore/ e della vita…”.