Sotto il sole (sopra il cielo)
Letteratura italiana
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Incontro fra occidente e oriente
Rischiava di finire nel marasma di volumi che popolano il mio tavolo e che talora, l’uno sopra l’altro, riescono perfino a sovrastarmi; e del resto più che un libro è un libriccino, quasi una formichina, ma poi, casualmente, mi è tornato fra le mani e, mosso dalla curiosità, ho iniziato a leggere, beninteso solo le poesie in italiano, giacché la traduzione di una parte di esse in cinese rappresenta per me un ostacolo insormontabile. Però, che strano vedere accostate lettere che formano parole, e ideogrammi che reputo corrispondano a parole.
Al primo impatto mi è venuto da classificare questa silloge come religiosa, per quanto, pensandoci poi bene, e considerate le influenze dei pensieri filosofici dell’Estremo Oriente, credo che, pur nel solco dell’Antico e del Nuovo Testamento, finisca con il predominare una spiritualità, un modo di vedere cristianamente laico che rende le liriche ancor più interessanti.
Certo, domina la ricerca all’assoluto, ma non di maniera, bensì un percorso alla trascendenza che impone necessariamente l’attenta analisi di ogni verso. Direi anzi che più che i versi sono le parole, le sillabe il fulcro del poetare di Ramberti, un lento progredire verso la meta, verso lo scopo non tanto della silloge, bensì di un’estasi di cui la silloge stessa è espressione.
E proprio in questo mi tornano alla mente certe filosofie orientali, di certo non ignote all’autore per gli studi effettuati; ne riviene uno strano ma equilibrato contatto fra occidente e oriente, e non so fino a che punto pesi di più il primo oppure il secondo, né mi azzardo a ricercarlo, in quanto del buddhismo, del confucianesimo, del taoismo ho solo una vaga e imperfetta infarinatura, però sufficiente a ipotizzare questo confronto dialogante del tutto riuscito,
E’ evidente poi che l’aspetto è senz’altro simbolico, per quanto Ramberti cerchi di essere abbastanza chiaro, lasciando all’intimo sentire di ognuno l’esatta sensazione di certi testi, che a volte somigliano a delle parabole.
Ma se la religione è fede e la filosofia è ragionamento, tanto da sembrare opposte, resta tuttavia una ricerca di senso di cui nessuna delle due è in grado di dare una definitiva risposta; comunque ho l’impressione che l’autore abbia voluto evidenziare l’impossibilità per l’essere umano di essere autosufficiente senza Dio. Insomma, mi pare proprio il concetto dell’esistenzialismo e non è quindi un caso se una delle liriche (Aut aut) è dedicata a Soren Kierkegaard.
Si tratta quindi di poesia filosofica, ed ecco il perché dell’analisi necessaria di ogni parola, perché nulla è lasciato al caso o al puro esercizio poetico.
Credo sia anche giusto evidenziare l’apprezzamento della critica, come confermato dai riconoscimenti in alcuni concorsi letterari (Premo Speciale Firenze, Capitale d’Europa, 2013; segnalazione al Civetta di Minerva, 2013; menzione al Premio Anterem Lorenzo Montano, 2013).
Da leggere, senz’altro.