Nutrimenti per l'anima
Letteratura italiana
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La poesia e lo spirito
C’è chi scrive poesia, grazie a un naturale talento, magari rafforzato e affinato dalla lettura di versi di altri autori. Ma c’è anche chi è “poesia”, cioè persone che intimamente hanno una visione di qualsiasi aspetto della vita, anche il più semplice e normale, che li porta a permearsi con lo stesso, trasferendo sensazioni, del tutto normali per i più, in versi, un linguaggio forse inconsueto, ma che è l’unico con cui riescono a dialogare prima con se stessi e poi con gli altri.
Maria Teresa Santalucia Scibona è una rara avis, perché è poesia. Possono essere tante le occasioni, da un viaggio a un panorama, da un fatto a una persona conosciuta, ma resta comunque il fatto che le stesse sono intraviste e avvertite poeticamente. E’ una visione che travalica l’ordinario, che dona importanza alle piccole cose del Creato, in un’ottica religiosa e spirituale che è talmente radicata da esondare spontaneamente dalle righe.
Che sia il ritratto di un amico, oppure la metafora della vita, lei è sempre presente con questa sua grande caratteristica, con un linguaggio armonioso che sgorga come un’antica fonte dall’anima.
Questa raccolta di poesie si compone in realtà di quattro sillogi, di cui la prima potrebbe essere definita delle dediche, la seconda ha invece un titolo esplicativo (Elogio dell’amore), come del resto la terza (Elogio per la giustizia), mentre la quarta è più esplicitamente l’immagine da noi conosciuta di Maria Teresa Santalucia Scibona, perché l’Elogio dello spirito riconduce il libro a un’aura di misticismo, che, tuttavia, più larvatamente è presente in tutte le altre liriche del libro.
Ciò che è rimarchevole, comunque, è la soavità che permea i versi, che sembrano quasi scritti in un connaturato distacco dalle cose terrene, anche se invece è la consapevolezza che, esistendo in quanto parte di un disegno perfetto, tutte, nessuna esclusa, sono motivo di stupore, da un lato, e di rafforzamento della fede dall’altro.
Nulla ci può più stupire di quanto c’è a questo mondo, dal piccolo sasso alla grande montagna, e così ogni cosa ha sua inalterata dignità, a cui all’occorrenza dedicare versi.
Frequenti sono queste attenzioni per gli amici, fra i quali Salvatore Niffoi e Massimo Maugeri, intravisti fra le righe con gli occhi di chi sa cogliere l’essenza di ognuno ( Salvatore, vaga meteora / che appare e scompare / dalla mia stanca vita /…; Dopo aver schivato le ire / dell’arcigno Poseidone / e i vortici infidi / delle onde sonore; / un giorno approderai / con felice attracco / nella Trinacria solare / odorosa di zagare. /….).
Fra gli Elogi, quello dell’amore, vola L’allodola felice ( L’allodola messaggera dell’alba / si dondola lieve su un bocciolo di rosa. / Si è invaghita del salice leggiadro/ …). Non più persone, ma rappresentanti delle meraviglie del creato a cui riconoscere uguale stupita dignità . E’ quasi un canto questa poesia, con i versi portati sule ali dell’allodola, più che lievi, meglio leggiadri.
La giustizia, la giustizia giusta, la giustizia vinta, la giustizia sepolta; qui la voce di Maria Teresa si fa più forte, ferma senza essere dura, un desiderio di equità che mai trascende se non nel sogno, magari una speranza ( …Alta si proclami la verità, pura e splendente come l’oro di Ofir. / Liberi dalle trame degli iniqui / da codarde omertà, sarà un ritorno / dalla morte alla vita.).
Non poteva che essere alla fine del libro, ma L’ultimo tempo rivela, nelle consapevolezze, la certezza di una vita vissuta appieno, nel saluto agli amici che tanto mi ricorda come grande serenità Il mio funerale di Nazim Hikmet, senza nessun timore, ma con una ultima gratificante speranza (…/ Di me, vorrei solo che diceste, / ha seguito le orme di sua madre. / Come lei, bella nell’anima / e ornata di sobria dignità. ). Io mi permetto di aggiungere un ultimo verso: Lei fu poesia.