Poesia Poesia italiana Le giovani parole
 

Le giovani parole Le giovani parole

Le giovani parole

Letteratura italiana

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È un respiro largo quello che attraversa questa raccolta poetica di Mariangela Gualtieri, fatto del ritmo delle stagioni e delle generazioni, ascolto del silenzio, risveglio primaverile della terra, ebbrezza di vita connessa a ogni forma della natura. Ma nel libro non manca il lato ombroso, il vento che scuote, le «formiche mentali» che intasano la testa e impediscono il senso più leggero e più compiuto della gioia. Dunque le poesie di queste pagine sono anche luogo alto di raccoglimento sulla trama e le connessioni del mondo sensibile. Lo «stile semplice» della Gualtieri è il punto d'arrivo di questo percorso spirituale e il punto di forza della sua più recente poesia. Uno stile semplice ma ricchissimo di risonanze letterarie, da Bruno Schulz, al quale è dedicata un'intera sezione, ad altri autori amati con i quali la poetessa intreccia versi e parole in una sorta di grande preghiera collettiva.



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Le giovani parole 2016-10-02 14:35:08 lorenzofava94
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lorenzofava94 Opinione inserita da lorenzofava94    02 Ottobre, 2016
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Non saprei esattamente come definire la poesia di Mariangela Gualtieri. Leggendo la sua scrittura, ho avuto come l’impressione di respirare dopo aver tenuto a lungo la faccia nella sabbia.E’ forse proprio questa l’essenza del titolo: “Le giovani parole” che lei ci offre attingono molte immagini dalla natura, dalla parte più pura di essa in alcuni testi e da quella più nera in altri. E’ da tenere sempre presente che nell’animo di questa donna duole il tempo spina, e che in certi giorni non è abbastanza (…) il patrocinio altissimo dei fiori; quei fiori possono essere visti anche in chiave simbolica, intesi come la totalità delle piccole esperienze della vita. Una parola, quella di Mariangela Gualtieri, capace di sciogliere la cecità degli occhi di chi legge e mostrare quanto magnifiche possano essere le cose: io vedo da qui/ partenoni di meraviglia/ così mirabili fatture e meccanismi/ e colori, che il respiro trema. La contemplazione della natura è, a livello tematico, uno degli elementi più in vista, possibile solo grazie a quello che era il concetto di otium per i latini (E chi toglie mistero sia dato/ in pasto al suo piccolo credo/ (…) e lasci a noi un ozio salutatare/ di contemplare.). Una delle poesie in cui più ho avvertito il genio di quest’autrice nel proporre immagini facendo coincidere la chiarezza della parola con una versificazione ben scandita e un puntuale uso della punteggiatura è quella di pagina 64. Cito per intero:

Code di automobili
Non fermeranno la fecondazione
quel precipizio di semi sulla terra.
Conquistiamo le mitiche dimore
sono qui, vicino all’autostrada
fra luci al neon Dioniso sostiene ancora
la santa ebbrezza dei vivi
e la dispensa alle generazioni.
Ancora danza per noi
sul ventre d’un demone distratto
ancora chiama le vite ad un ardore.
Pilota il sangue – lo accende
rigonfia e sgrava, impenna
tiene l’onda in cresta e vola
in noi, in noi si tende in cerca
dell’altro che ci manca dell’altra
muove pancia con pancia
e ci innamora.

E’ pazzesco accorgersi che la sintassi dall’undicesimo verso in poi ricalca perfettamente il ritmo di un rapporto sessuale, inteso come atto di fecondazione: tiene l’onda in cresta e vola è un verso che sembra quasi cadere sull’in noi che segue a capo, quando quell’atto muove pancia con pancia/ e ci innamora. Ma se noi amiamo un qualcosa che non resta, la poesia di quest’autrice tende a trovare un equilibrio, un valido appoggio nella costruzione del periodo che non si rompe di verso in verso (come quella di altre poetesse di oggi, vedi Bre o Candiani) ma crea una sorta di amalgama fra concetti, indica una serie di dati concreti per poi risolversi, spesso, in una prodigiosa e rassicurante chiusura (Cosa fa il vento lì fuori/ (…) tormenta gli animali/ nello scuotersi del bosco/ (…) Ora che è notte e le alture/ partoriscono masse buie/ fin dentro le camere/ dove stare abbracciati/ per silenziarlo il vento/ con le sue note basse e acute).
Degno di nota è anche il metalinguaggio della sezione centrale del libro, le giovani parole. Qui la parola prende corpo, diviene quella farfalla che le prime poesie promettevano. Sono immagini talvolta spigolose, ma se nella poesia non c’è niente che resti non amato, è forse proprio il poeta l’angelo incaricato di portare un pensiero di solidarietà anche a chi solidarietà non ne riceve, come nella toccante immagine dei rovesciati corpi gonfi/ d’acqua e silenzio.
La morte fa capolino fra un verso e l’altro di Mariangela Gualtieri, questa donna che si sente suo poema alla luce, come eletta dalle parole ad essere, per il lettore, il traino che porta oltre i limiti della consuetudine e della noia: questa poesia genuina restituisce l’entusiasmo per le minuzie, i particolari a cui spesso non prestiamo attenzione.
Un libro, “Le giovani parole”, che mi sento di consigliare a chi ama scattare foto: la puntuale terminologia, il saper indicare le cose e il condensarne la descrizione in una manciata di aggettivi rendono questa raccolta una vera e propria mostra di arte visiva, i cui dipinti sono spesso icona uno stato d’animo che può essere disteso -avvertito in misura sicuramente maggiore- ma anche irrequieto, quasi rabbioso a tratti (getta ora nella pietraia/ la parola più dura. Fanne pastura per la specie (…)/ Opera del sangue.) La sezione che chiude la raccolta, esercizi al microscopio, gioca il suo fascino sulle continue contrapposizioni fra la piccolezza dell’uomo in confronto all’enormità dell’universo.. Ci viene ricordato come siamo piccolissima cosa (…)/ sotto il cielo, ci viene ricordato come l’uomo rimanga foglia fra foglie e debba quindi compiere ogni gesto con consapevole riserbo. Poco altro da aggiungere. Forte della sua decennale esperienza teatrale, i versi della Gualtieri si stampano nella mente di chi legge perchè asciutti, completamente privi di retorica come di inutili zavorre. Una persona sensibile che ha fatto della transitività della parola la sua arma migliore.

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