Poesia Poesia italiana Il porto sepolto
 

Il porto sepolto Il porto sepolto

Il porto sepolto

Letteratura italiana

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Il Porto Sepolto, 1916, non è solo il primo libro di poesie di Ungaretti, quello dei versicoli brevi, depositati nel bianco della pagina, che ci hanno formati sui banchi di scuola: C’era una volta, Sono una creatura, San Martino del Carso, Fratelli. Molto di più è il nucleo generatore dei miti e della poetica ungarettiana: «Sono un poeta / un grido unanime / sono un grumo di sogni», ben oltre il confluire della plaquette del 1916 nella più vasta raccolta Allegria di naufragi. Ancor più è il nocciolo testuale «invariante», illeso, in un poeta che ha fatto delle varianti un tormento, e talvolta scialo. Nell’abbondare di edizioni critiche prive di commento, piuttosto mappe che testi, la ripubblicazione del Porto Sepolto nella primitiva, e rarissima, stesura originaria del 1916, accompagnandolo con un commento che ne proietta l’intertesto sino alle poesie della maturità, è riportare il nostro Novecento poetico alle sue radici, alla «limpida meraviglia / di un delirante fermento».



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Il porto sepolto 2023-07-24 01:02:25 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    24 Luglio, 2023
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"Di che reggimento siete/ fratelli? [...]"

Libro molto ben curato che ripropone i testi della prima edizione in assoluto de "Il porto sepolto" di Giuseppe Ungaretti (1888-1970), pubblicata a Udine nel 1916 in sole ottanta copie, mentre l'autore indossava la divisa militare e conosceva il fango delle trincee della grande guerra.
Le trentadue poesie di questa sua prima raccolta, infatti, fanno esplicito riferimento al conflitto in corso, sebbene ci sia spazio anche per altro, e la voce protagonista racconta il dramma e la desolazione di quel preciso momento storico, ma anche un tenace attaccamento alla vita e un senso di umanità che danno speranza malgrado la guerra.
Quasi una sorta di diario poetico che, come racconterà poi lo stesso autore, racchiude l'esperienza del primo anno in trincea (1915-1916) diventandone preziosa testimonianza, oltre che raccolta innovativa sul piano stilistico e metrico. Le poesie, annotate su foglietti sparsi, cartoline, margini di giornali che venivano infilati dentro il tascapane, inizialmente non erano destinate ad alcun pubblico; sarà poi l'interessamento da parte dell'amico ufficiale Ettore Serra a portarle in stampa.
Rispetto alla versione definitiva di queste poesie confluita poi nella grande raccolta dell'intera produzione lirica di Ungaretti, "Vita d'un uomo" (1969), esiste qualche differenza, più o meno marcata a seconda dei testi, ma anche dalle pagine del 1916 affiora subito la straordinarietà della scrittura in versi di un poeta a cui, purtroppo, non venne mai assegnato il Premio Nobel per la Letteratura.

"Di che reggimento siete
fratelli? [...]"

***

"Una intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
[...]
Non sono mai stato
tanto attaccato
alla vita"

***

"[...]
L'aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come lumache nel loro guscio
[...]"

(G. U.)

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"Vita d'un uomo" di Ungaretti.
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