Poesia Poesia italiana Il mio Delta e dintorni
 

Il mio Delta e dintorni Il mio Delta e dintorni

Il mio Delta e dintorni

Letteratura italiana

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«Noi, homo sapiens, quando stiamo male ci chiudiamo per un certo tempo a chiave o, al contrario, fuggiamo, e per uscire dalla palude del male partiamo, ci mettiamo in viaggio alla nostra ricerca. O, se per caso siamo poeti, prendiamo carta e penna, scriviamo. Colomba Di Pasquale fa questo e quello. Per uscire dalla palude si incammina con stivali da palude verso una “palude” ancora più grande, ma sono stivali dalle sette leghe e la palude è incantata, è il Delta, il meraviglioso mai abbastanza amato delta del Po.» (dalla Prefazione di Vivian Lamarque)



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Il mio Delta e dintorni 2015-01-06 06:59:41 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    06 Gennaio, 2015
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Incanto e malinconia nella natura

Benché questo libro ricomprenda due raccolte di poesie (Il mio Delta e Dintorni) il tema comune è costituito dalla relazione fra l’autrice e la natura; più esplicito nella prima, appare invece da sfondo portante nella seconda, evidenziando però ancora una volta l’afflato, intenso, esistente fra chi scrive e il mondo di cui è parte. Non mi nascondo che la tematica non è nuova e per certi aspetti può richiamare il De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro. Tuttavia, l’impostazione espositiva, la malinconia che permea tutti i versi, quella propria di chi nell’osservare con occhi attenti la natura s’incanta e si commuove, imprimono una personalizzazione a due raccolte che non è possibile non apprezzare per raffinatezza, equilibrio e armonia.
Nella prima silloge è ben evidenziato l’amore che la poetessa ha per la foce del Po, quell’ampia superficie a delta in cui tutto sembra rimasto tale da millenni, come ben espresso nella lirica che dà il titolo al libro (Il mio Delta e dintorni): “Per quanto tu possa sperare / lo svasso continuerà la sua ricerca / e per quanto tu possa sperare / il marangone si scalderà al sommo del ramo / e per quanto tu possa sperare / l’airone bianco continuerà la sua pesca miracolosa / e per quanto tu possa sperare / la Natura continuerà ad essere sé stessa / senza sosta.”. Si tratta di una serie di immagini vive di abitatori di questa zona umida e in generale di altre zone umide della pianura padana, tanto che non è infrequente incontrarli nel Parco Naturale del Mincio. E in quelle occasioni ho provato le stesse emozioni, orgoglioso, come Colomba Di Pasquale, di essere parte di questo sistema perfetto e al tempo stesso consapevole della mia caducità, del mio infinitesimale tempo rapportato a quello infinito della natura, quella stessa natura che altri uomini vogliono distruggere per tornaconto personale, dimenticando che essendone parte finiranno invece con il distruggere loro stessi.
Che poi sia comune fra me e l’autrice questo senso di precarietà rispetto all’eternità del mondo trova conferma ulteriore in un’altra bella poesia (L’imbarcazione), ben esplicitato nella chiusa:” …/ La vita alfine è una corsa / più o meno lenta verso la fine. / La carcassa dell’imbarcazione lo grida.”.
Ma non c’è solo questo, c’è anche una lirica del tutto particolare, una di quelle che per originalità e completezza non è possibile dimenticare; infatti non avrei mai certamente pensato a una sorta di ringraziamento a chi ha consentito di conoscere, di comprendere il vero senso della natura e così si spiega l’Ode alle guide ambientali ( Se non ci fossero state loro / non avrei dato retta all’allodola e al cannareccione / non avrei evitato di calpestare il fiore di lino / e il campanellino estivo / non avrei osservato meglio il tronco di nidi / del salice / non avrei capito l’importanza del colpo d’ali / non avrei percepito la vicinanza terrena tra / me e il resto da me.).
Come in Lucrezio Caro, Colomba è alla continua ricerca dell’infinito e sapendo che il nostro tempo è breve fissa su carta le emozioni ed è anche nella seconda raccolta che ciò viene ben esplicitato, laddove in Giorni scrive:” …/ Temo sempre perdere per sempre / questi ricordi misti a piccole morti. / Perché non tornano quei giorni così splendenti / così innamorati della vita, / non tornano?”.
E a proposito di questa seconda parte si tratta di Dintorni molto allungati rispetto al delta del Po, sono poesie che nascono da sensazioni provate nel corso di viaggi, anche oltre i nostri confini, come nel caso di Argentina. In ogni caso sono versi belli, piacevoli da leggere, per nulla difficoltosi da comprendere, alcuni anche di intenso misticismo, come in Camaldoli (…/ L’aria rigida della foresta chiudeva il cielo / come una stretta al cuore e al fiato / necessaria per restare ancora nel monastero / prima di affrontare l’eremo / e i suoi ospiti nelle celle inaccessibili, / spogliati di loro stessi / come pulli / come quelli che vidi / giorni dopo nel nido della cicogna di Bando. / Sarà questa la purezza dell’inizio e della fine? / Sarà questa mi dico l’essenza della vita?)
Da leggere, senz’altro.

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