Il Meridiano di Maribruna Toni
Letteratura italiana
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Maribruna Toni, il piacere della scoperta
Circa un mese fa, o poco più, nel corso di una conversazione con l’amico Gordiano Lupi, noto scrittore e dominus della casa editrice Il Foglio Letterario, a un certo punto è emerso qualche cosa che teneva dentro e che aveva necessità di parteciparmi. Mi ha detto: - A metà luglio sono 10 anni che è morta Maribruna Toni e per ricordarla e per far conoscere agli altri quanto era brava ho deciso di pubblicare un Meridiano, sì come quelli della Mondadori, un’opera omnia di tutta la sua produzione. Che ne pensi?
Ho risposto che mi sembrava un’ottima idea, nascondendo che in verità nulla sapevo di Maribruna Toni. Ho provveduto, però, subito a colmare la lacuna, facendomi mandare due sue sillogi e un’anteprima del Meridiano.
Il tempo tiranno mi ha impedito di porvi mano appena ricevute, ma quando alcuni giorni fa ho cominciato a sfogliarle è accaduto un fatto strano. Verso dopo verso le pareti del mio studio si sono lentamente aperte per svelarmi squarci di mare e di monti (Rimpianto d’onde, di sale e di tempeste / e invece ha solo un mare di foreste. / Del vento di bufere e di bonacce: ora ha solamente picchi e rocce…).
E’ stato tutto un susseguirsi di immagini, di sensazioni, che dapprima mi hanno travolto per poi lentamente coinvolgermi mentre la lettura procedeva. L’impressione era di essere presente sulla scena, di udire il rumore del mare, di sentire la brezza che lentamente mi avvolgeva (Dondolavano le barche / lasciate illanguidire / nel borbottio del mare, / ascoltando lo sciacquio / della risacca.)
Questa capacità di rendere in parole l’immagine, ma più ancora l’emozione provocata dalla stessa è indubbiamente rara e di grande effetto, ma non sarebbe di impatto emotivo se non fosse accompagnata dall’equilibrio armonico dei versi, invece sempre presente nelle poesie di Maribruna Toni, con una sua regola di metrica che le consente perfino di non rendere leziosa una lirica di 34 versi caratterizzata dalle rime baciate (Eran rimasti stracci scomposti / poveri resti di mondi nascosti / sotto le coltri di una speranza / che ammuffiva in squallida stanza.)
Questo rincorrersi di paesaggi con una trasposizione onirica ha un suo preciso significato, vale a dire l’autrice si avvale della metafora per rapportarsi con il mondo che la circonda e con la vita (Ho spezzato i cordami dell’ormeggio, / recisa la catena d’ancoraggio), in una serie di esperienze che sono di fatto vere e proprie fini e rinascite, come se il percorso dell’esistenza non fosse una linea retta, o una parabola, ma una serie ondulatoria che richiama le onde di quel mare tanto amato.
C’è però anche a volte una malinconia diffusa, un senso di isolamento, tipico dei poeti, che trova felici espressioni di rara bellezza (Il silenzio / congela in un cartoccio / di ghiaccio / il cuore.).
E in queste occasioni la mente corre a misurare la propria dimensione con quella dell’infinito, a riflettere sull’esiguità del tempo della vita rispetto all’eternità (Ma se guardi / quello che sta sotto / le creste dei cavalloni, / trovi l’oceano / con il suo mistero / oceano eterno / sempre in moto, / senza tempo.)
E’ sempre quel mare che accompagna il poeta e che rappresenta il fluire del tempo, incessante e infinito, un mistero che affascina e sgomenta, ma che anche consente di sognare, di superare le barriere degli uomini e della natura, di vivere in un’altra dimensione in un continuo rincorrersi di domande e di risposte, per ascendere, o almeno tentare, all’assoluto. Maribruna infatti ha una sua intensa religiosità, una sintonia perfetta con il creato, una fusione di algida bellezza ( E’ assurdo che vi sia ancora colore! / Il colore è l’essenza della vita…/).
La vita, cosi amata l’ha lasciata la notte del 15 luglio 1998, ma già in una sua poesia è presente una vaga sensazione di questo abbandono, peraltro del tutto naturale, ma nel caso specifico quasi profetica ( Ho sognato una notte / che morivo alla vita. / Ho sognato nel buio / che con un solo / batter di palpebre / avevo detto basta. /…).
Chissà quanti altri bei versi avrebbe potuto scrivere, chissà quante risposte avrebbe fornito ancora il suo mare (Dentro a un vaso / ho rinchiuso la tristezza. / Ho messo dentro a un sacco / la dolcezza. / Dentro a uno scrigno questo mio candore. / Chiusa in un’urna / insieme alle mie ceneri / ho imprigionato la speranza / d’ieri, d’oggi, domani. / E ho buttato tutto a mare: / Scrigno, ceneri, urna, / vaso, il sacco / sono rimasti lenti a galleggiare. / Tristezza, poi dolcezza, / questo mio candore / e la speranza / son troppo lievi/ troppo poca cosa / per affondare.).
Del resto era in grado di affrontare diverse tipologie di tematiche, molte delle quali potrebbero essere definite esistenziali e nel suo caso erano una vera e propria ricerca di risposte a perché che esulano dalla contemporaneità, ma sono sempre quegli irrisolti su cui l’uomo, dalle sue origini, tende a cimentarsi; ebbene, dimostrando una notevole arguzia e, soprattutto un’invidiabile autoironia, riesce da dare plausibilità là dove c’è incertezza (Un infinito. / Un punto. / L’universo. / E l’uomo. / Homo Sapiens. / Ma Sapiens in che senso?.).
Questo Meridiano, pertanto, non ha il valore di una semplice commemorazione, ma ridona vita al talento di Maribruna Toni.
Nello stesso sono ricomprese quattro sillogi già edite, cioè Le vele, i voli, i veli (Libroitaliano, 1997), unica antologia pubblicata in vita , L’urlo si fa silenzio (Traccedizioni, 1999), Un sogno smarrito (Il Foglio Letterario, 2001) e Rimpianto d’onde, di sale e di tempeste (Il Foglio Letterario, 2003).
Inoltre in appendice riporta una raccolta di Poesie ritrovate e si chiude con L’occhio incantato, una lirica che riassume in pratica tutto il pensiero filosofico-religioso dell’autrice. Non mancano, peraltro, anche due recensioni di Gordiano Lupi a Le vele, i voli, i veli e a L’Urlo si fa silenzio e una stupenda poesia scritta dallo stesso Gordiano Lupi il 20 marzo 2000 e dedicata alla poetessa scomparsa.
Devo dire che per me la poesia di Maribruna Toni è stata una vera e propria scoperta, un piacere nella lettura che saliva dalle pagine che non profumavano più di carta, ma di salmastro, di resina, di maestrale.
E’ incredibile quanto possano fare dei versi e supera ogni immaginazione l’idea che grazie ad essi altri uomini avvertiranno le emozioni provate a suo tempo da una persona ormai scomparsa.
Questa è la vera magia della poesia, perché fa rivivere in noi chi non c’è più.