Il bufalo e il bambino
Letteratura italiana
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La vita è così
Dopo aver letto questa raccolta di poesie di Ettore Masina credo poter dire che l’autore, nel cogliere spunti e riflessioni sorte in occasione dei suoi viaggi in un mondo in cui tutto è controsenso, in cui miseria e ricchezza sono le facce della stessa moneta e dove ha cercato le verità nascoste, quasi sempre celate da verità imposte, ha in effetti voluto tratteggiare un unico grande percorso, quello della sua vita. Conosco Masina da abbastanza tempo per essere pressoché certo che questo suo ultimo lavoro non è stato motivato dalla necessità di far udire ancora la sua voce per sentirsi lui stesso, ormai avanti con gli anni, ancora vitale, bensì il suo scopo è più intimo e personale, è abbracciare quel culto della memoria che in una persona non più giovane finisce inevitabilmente per sostituirsi ai progetti per l’avvenire. Nel ricordare il passato si finisce con il rivivere un’esistenza, è la base indispensabile per fare bilanci e per riconoscere a se stessi il significato di tutto un procedere negli anni.
Credo che il rendiconto finale possa essere stato più che soddisfacente, che quello spirito di giustizia che l’ha sempre animato non sia mai venuto meno, nonostante che oggi l’ingiustizia regni sovrana come da sempre. L’importante è aver tentato, avere la coscienza a posto e se non c’è stato risultato ci si può anche rammaricare, ma in ogni caso è stato bello aver provato.
Masina non è certo un poeta classico, è uno che cerca di badare soprattutto al sodo, al messaggio che intende comunicare e pur tuttavia le sue poesie non sono scarne sequele di versi, ma sono anche permeate da una certa ricercatezza del linguaggio, dalla scelta di immagini appropriate, e da una apprezzabile levità, il che ne rende la lettura agevole e senz’altro piacevole.
Grosso modo l’opera è costituita da 5 sillogi, ognuna delle quali ovviamente caratterizzata da liriche con la medesima tematica, circostanza ancora più evidente in quella intitolata E l’anima sbocciò, costituita da una sola poesia dallo stesso titolo.
Non mi sembra giusto non soffermarmi su alcune poesie, almeno su quelle che più mi sono piaciute ed ecco allora che da Il bufalo e il bambino riporto i versi di Vecchi 2. Sarò forse per l’età, perché di certo non sono giovane, ma ho riscontrato in questa quel tocco di genio creativo che permette di esprimere tanto in poco.
“Il vento ha portato via il cappello del vecchio, / lo insegue il vecchio a piccoli passi veloci. / Ride il bambino che lo crede ubriaco. / La vecchia moglie prega / che al suo uomo il vento / non porti via il pensiero.”.
C’è tutto il ciclo vitale in questi pochi versi, con l’anziano, che nel suo viale del tramonto, rischia di perdere la ragione e con il bimbo, che ride della situazione, inconsapevole che un giorno anche lui finirà con il rincorrere un cappello; sembra poco e invece è tanto, è una sintesi mirabile che nella sua cruda realtà non addolora, ma che delinea con serenità il corso della vita.
La forza di Qui, a Gaza (da Cartoline illustrate) sta tutta invece nell’accostamento fra due periodi diversi, fra quello che vide Maria fermarsi là per allattare Gesù mentre era in fuga da Erode verso l’Egitto, con tutto un contorno da idillio agreste proprio di chi, ovunque va, porta il bene e la pace, e la dura realtà di un territorio sempre infestato dalla guerra, con i bambini che sembrano vittime predestinate; la chiusa è una di quelle che non si dimenticano: “…/ Oggi i bambini a Gaza muoiono di ferite, / di fame, di paure, di macerie infinite. / Shemà, Israel, Shemà: / Erode è ancora qua. “
Non sono poche le poesie interessanti di questa raccolta e sarebbe improbo parlare di tutte, ma di una in particolare intendo effettuare qualche approfondimento, magari una nota, una riflessione: mi riferisco a La morte giocosa (da Attese e paura); infatti colpisce per il tono conviviale con cui parla della morte, figurata in modo non drammatico, come quella che è, cioè un fatto del tutto naturale, come la nascita. Ora in una persona in là con gli anni è cosa normale avere spesso presente la morte, che si pensa dietro l’angolo, ma parlarne con questi toni, se è anche vero che può essere un metodo scaramantico, non è certo frequente, è anche sintomo di un uomo che nel complesso è soddisfatto della sua vita e che accetta con serenità la sua fine terrena. Particolare e apprezzabile anche qui è la chiusa, che, per certi toni, mi fa venir in mente quella bellissima poesia di Nazim Hikmet che si intitola il mio funerale.
“./ La banda musicale / del mio funerale /(suonatemi l’Internazionale!) / già si è messa in cammino, / scende per vie senza fretta, /b grancassa e bombardino / l’addio per un vecchio bambino, / con l’abito scuro, / dall’ombra dipinto sul muro.”
È quasi una festa, un ritorno da dove si è partiti, è ancora una volta la consapevolezza che a tutto c’è un termine, e che questa è la vita.
E quando arrivato all’ultimo verso ho chiuso il libro, ho avvertito dentro di me quella serenità che accompagna Ettore Masina. Piano piano si è insinuata nel mio animo e ancora ne gioisco, e questo non è certamente poco, anzi è tanto, è un qualche cosa di indefinibile e al tempo stesso tangibile, un’emozione ben impressa nella mia personale biblioteca dei ricordi.
Il bufalo e il bambino è quindi senz’altro da leggere e da meditare; ne sarete piacevolmente sorpresi e alla fine gioirete della grande serenità che riesce a infondere.