Poesia Poesia italiana Esperienza degli affanni
 

Esperienza degli affanni Esperienza degli affanni

Esperienza degli affanni

Letteratura italiana

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La musicalità, il ritmo, tutto emerge con semplicità e al contempo con profondità. Le parole toccano il lettore coinvolgendolo anche nelle tematiche più dure, quotidiane, per immergerlo poi in una dimensione lirica di altissimo livello. Una voce di esperienza che coinvolge, attrae e si fa nostra. (Giulio Maffi)



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Esperienza degli affanni 2010-01-05 13:38:58 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    05 Gennaio, 2010
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Una poesia civile

Per come vanno le cose a questo mondo c’è più di un motivo che induce a riflessioni sulla nostra e l’altrui condizione e che porta a esprimere in versi o una protesta o un dissenso.
Nicola Vacca, né più né meno di chi ha autonomia di coscienza ed è portato pertanto a esaminare con spirito critico, con Esperienza degli affanni, plaquette delle Edizioni Il Foglio Letterario, volge il suo sguardo all’intorno, poi si confronta con sé, quasi attingendo allo specchio dell’anima, e in tono sommesso, ma non sussurrato, senza veemenze, ma con fermezza, esprime il suo dissenso (La vita non è facile / lo sanno i poeti. / Tutte le mattine / fanno i conti con le parole / camminano senza mappa. / Tengono tra le mani / la poesia che succede nella crudeltà / di un altro giorno di paura.).
Tuttavia, non si tratta di una raccolta di impressioni e di giudizi fini a se stessi, perché, pur essendo presente l’aspetto introspettivo, è anche poesia civile, intesa nel duplice aspetto di richiamo ai valori fondamentali e per il tono estremamente corretto che viene utilizzato. Peraltro, ben consapevole del rischio insito in questo genere, Vacca ricorre a un linguaggio per niente aulico, rifuggendo da ogni retorica, anzi esponendo e proponendo con grande calma, non disgiunta da una determinazione che incontriamo più volte: da È condannato alla notte più buia solo chi non sa raccontare il male a Si dissangua la vita perché uccidiamo sempre le cose che amiamo.
C’è anche una dominante in questa raccolta ed è data dal ricorso ai termini “buio”, “oscurità”, che con ogni probabilità nelle intenzioni dell’autore servono ad esprimere il senso di sgomento che si prova nel guardare il mondo con spirito critico. Ma è un buio che per me va oltre il significato di assenza di luce e in pratica rappresenta quel senso di vuoto che prende anima e corpo nell’impotenza di ogni giorno, nella certezza che ogni denuncia non sortirà l’effetto auspicato (Il vuoto afferra la realtà / la distruzione non molla la presa / con le lacrime si resta appesi a un perché.).
Eppure il poeta continua a segnalare, a indicare gli errori, mostra una realtà di cui molti non si accorgono e in questo la sua funzione è esemplarmente civile. Forse non verrà ascoltato, probabilmente verrà anche deriso proprio da quelli che lui vuole mettere sull’avviso, un destino ingrato, che però non lo scoraggia, consapevole di avere occhi anche per chi ne è privo.
Ne consiglio senz’altro la lettura.

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