Poesia Poesia italiana Esercizi per la felicità
 

Esercizi per la felicità Esercizi per la felicità

Esercizi per la felicità

Letteratura italiana

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Una raccolta di poesie contro la banalità, l'inconsistenza di tutte le vite "minori", il grigio del minimale trascorrere del tempo negli impegni senza senso che l'esistenza ci propina, invecchiandoci fuori e dentro, senza apparente speranza. Il termine "felicità" che titola la raccolta è in contrasto con i contenuti di un'avvolgente, pervadente e melanconica tristezza senza sbocchi, se non la resa al quasi nulla del vivere comune. Ma l'intera raccolta testimonia che Ivan ha già scelto, in contrasto con questa musa che richiama all'ordine, proprio al piccolo ordine logorante del borghesissimo sopravvivere senza qualità, accontentandosi del proprio tiepido angolo privato.



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Esercizi per la felicità 2008-03-18 01:18:19 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Marzo, 2008
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Che cos'è la felicità?

Sono dell’idea che Ivan Fedeli abbia anche nella vita di tutti i giorni il senso di autoironia che caratterizza questa silloge, composta in realtà da cinque brevi raccolte, più una poesia finale.

Quel mondo che è fatto di ripetitività, di gestualità banali, quel condurre l’esistenza secondo un canone prefissato sono il tema della poetica di Ivan Fedeli, osservatore disincantato della realtà che ci circonda, pronto a coglierne anche le più sottili sfumature in una rassegnata ironia, che pur tuttavia si riflette in una profonda malinconia, una sorta di precoce consapevolezza della nullità del nostro normale essere (…Un mondo di indirizzi e mezzi incroci / da scegliere per nuove prospettive, / intanto si rimbalza a senso alterno, / e forte è l’onda opposta di chi vive. / E’ meta poi raggiungere un inverno / sapere quanto attenti alla deriva / rimangono quei giorni senza perno / lasciati a latitudine festiva.).

E nulla sfugge ai suoi occhi, perfino il rito obbligatorio della vacanza (Vacanza a tutto andare se si può: / ciascuno e la sua rimini, il suo monte, / il mare più esclusivo che si vende. /…).

Il tutto in un tono quasi scanzonato, una sorta di apodittica commiserazione, che raggiunge anche vertici di suggestivo sarcasmo (E quindi uscimmo a riveder le stelle / ma solo come viaggio d’occasione / tra treni e voli charter già scontati, e tutto a mordi e fuggi senza nome. /…).

Ma dov’è mai questa felicità e che cosa sono questi esercizi per raggiungerla?

Secondo la mia opinione, il poeta ha da un lato inteso descrivere a chiare lettere ciò che significa felicità per una società che si inventa tutto, anche appunto la felicità, e dall’altro, invece, è quanto non è conforme alle regole, nella convinzione che, in ogni caso, la felicità sia una chimera (…/ Resisto stando a galla finché posso / pensando a quando cambia la stagione. /…) e comunque un’illusione (Togliamoci di dosso l’uniforme / che bastano gli occhiali a mascherare, / qui servono altri tempi non deformi / a vendere anche il pepe con il sale. /…).

Sono rasoiate che incidono e non è che il tono e l’armonia quasi da canzoniere possano lenire il dolore di una verità che inconsciamente ci è propria, ma che non vogliamo ammettere, perché l’unica alternativa al vivere comune è rappresentato dall’appartarsi, dal chiuderci in noi stessi, recitando consapevolmente all’esterno la commedia di tutti i giorni, ma negandola continuamente al nostro interno.

E’ un dualismo, quindi, che solo un poeta si può permettere, e Ivan Fedeli è un poeta, non solo, ma anche uno di quelli sicuro valore.

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