Canzoniere
Letteratura italiana
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Il continuatore e l'iniziatore, le due anime di me
Messere Francesco Petrarca è uno dei vertici della poesia italiana. E sì che la poesia italiana è abituata ai vertici, anzi, forse a indicare nel nome X piuttosto che nel nome Y il vertice in assoluto forse più per convenienza che per contestualizzazione, per visione del mondo (poetico e non), per musicalità della poesia.
Petrarca è stato e rimarrà sempre uno dei più grandi poeti per molte ragioni, ad esempio la sua vita da poeta, letterato ramingo e inquieto, che usa l'arte non per campare ma per "agire" sul suo tempo e sui potenti; è uomo di lettere sopraffino e apprezzato anche oltr'Alpe e proprio a cucire un'ideale Repubblica europea delle Lettere che si spende in dialoghi epistolari serrati con imperatori, clericali e laici di altri Paesi ed è così la figura del primo intellettuale sovrannazionale di cui s'abbia memoria.
Però, per arrivare al punto, è soprattutto poeta di una sensibilità e di una portata incredibili.
Basti pensare che nonostante amasse il latino è in volgare che riesce a esprimere meglio la sua anima, e sebbene voglia immortalarsi con racconti epici di guerra e descrivendo il suo terreno e insieme etereo amore per madonna Laura che riesce a parlare alla gente comune, a instaurare un dialogo profondo con l'animo altrui.
Proprio con il Canzoniere, dunque, Petrarca riesce a toccare vette di poesia soave e con due strutture differenti in particolare: da un lato il sonetto e dall'altro la canzone.
Molti sono i sonetti a buona ragione famosi, come il proemiale Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono o Movesi il vecchierel canuto e bianco come anche le canzoni, Italia mia, benché 'l parlar sia indarno. E se il motore centrale della sua poesia è Laura, l'amore, anche l'amore per la patria, per una patria così bella e così bistrattata come l'Italia raggiunge corde di eccezionale amara dolcezza.
Dunque, intellettuale europeo, innovatore per metrica e suono, cantore di un amore non più solo etereo e non già esclusivamente terreno, Petrarca è combattuto sì dalle sue passioni ma tende a tenere la barra al centro. Già questi soli elementi ci porterebbero a lodare la grandezza poetica e morale di questo Poeta.
Tuttavia, se l'albero buono si vede dai buoni frutti, la maestosità del suono e della perfezione stilistica petrarchesca si nota meglio con il petrarchismo, ovvero con quella scuola di imitatori che dal Trecento si protrae sino al Seicento (con propaggini più o meno velate sino all'Ottocento). In parte alcuni autori novecenteschi a Petrarca devono comunque ispirazione di temi o rime.
Non si può, dunque, parlare di storia della letteratura italiana senza il petrarchismo (tra i grandi imitatori di Petrarca si possono citare Boiardo, Ariosto, Tasso sino a Leopardi, che lo reinventa).
Dunque, Petrarca è insieme continuatore (del volgare di Dante, del sonetto, della missione del Poeta) e iniziatore (dell'amore come turbamento psicologico e morale, della canzone appunto detta petrarchesca ecc...).
I 366 componimenti del Canzoniere sono la raccolta in rima di un percorso umano e spirituale straordinario, nella gioia e nel dolore, che coinvolge e parla agli uomini di ogni tempo e ogni spazio con la forza universale della Poesia, con il dono di una lingua limpida e piana, con la delicatezza di chi sa di trattare l'argomento fragile ma bellissimo dell'amore e nella riconquista della fede religiosa, mai persa ma turbata dal sentimento umano dell'amore della donna che gli eventi portano ad una sublimazione angelicante. E l'ultima composizione, la preghiera alla Vergine, è uno dei manifesti di devozione mariana e di amore per la figura femminile più riusciti di tutta la composizione di versi dell'Occidente di tutti i secoli.
Di Petrarca gli Italiani e i Poeti del mondo intero non smetteranno di credere bene, di sentire la sua voce suonare a molti millenni di distanza come un chiaro e divino invito ad amare davvero.
Indicazioni utili
violino sublime, ma...
Avete presente un fantastico meraviglioso violino che diffonde ovunque le sue note celestiali? Questo è il Canzoniere del Petrarca.
“Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono/ di quei sospiri ond’io nudriva l’core”
Così inizia l’opera e ci dice subito di cosa si tratti: rime sparse in una raccolta di 366 brani di cui la stragrande maggioranza è costituita da sonetti (più alcune sestine, ballate, canzoni e madrigali) senza apparente filo conduttore, ma in realtà tessere di un mosaico componente una storia d’amore a senso unico dove il poeta decanta bellezza, avvenenza, dolcezza di Laura De Sade che in vita sua non l’ha degnato nemmeno di uno sguardo. Contento lui.
“Era il giorno ch’al sol si scoloraro/ per la pietà del suo fattore i rai”
Era venerdì Santo, il giorno che i raggi del sole si offuscarono per la pietà di Dio nei confronti della passione di Cristo, quando in chiesa il Petrarca vede per la prima volta Laura e viene travolto da una intensa passione. Siamo nel 1338 e Laura morirà giusto dieci anni dopo, durante la peste del 1348, quella del decamerone.
Ogni sonetto parte trattando gli argomenti più disparati:
“Muovesi il vecchiarel canuto e bianco” ci narra di un vecchietto che giunto alla fine della sua esistenza si incammina per andare a Roma e poter vedere la culla della cristianità prima di morire. “Solo e pensoso i più deserti campi vo mesurando a passi tardi e lenti” è una mirabile descrizione di un ambiente rurale, ma non illudiamoci: nelle ultime terzine il Petrarca tirerà sempre Laura fuori dal cilindro e ne decanterà tutte le qualità. Laura full optionals.
Intendiamoci , ci sono momenti sublimi, come in “chiare e fresche dolci acque/ ove le belle membra pose/ colei che sola a me par donna”, dove il violino petrarchesco decanta la perfetta fusione delle bellezze della natura con la bellezza della sua amata.
Solo in pochi casi si dimentica di Laura e lo fa nella canzone politica più bella che sia mai stata scritta:
“ Italia mia, benché il parlar sia indarno” (cioè nonostante io parli invano)mostra magnificamente l’ideale politico del poeta: non lo straniero forte come L’Enrico VII di Lussemburgo invocato da Dante, ma la presa di coscienza del popolo italiano deve salvare la nostra nazione. Leghista.
Dunque un violino. Un dolce violino che, tranne poche interruzioni aleggia sulle membra aggraziate, i modi signorili, l’eterea bellezza di Laura.
Ma cos’è un violino in confronto ad un’orchestra con arpe, violoncelli, contrabbassi, percussioni che si alternano, si intrecciano si lasciano e si ritrovano… Flauti e clarini che fondono le loro note con clavicembali e pianoforti? L’orchestra è Dante, ma quella è un’altra storia……..