Yellow Birds Yellow Birds

Yellow Birds

Letteratura straniera

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Bartle ha promesso di riportare Murphy a casa intero. Non ce l'ha fatta. Questa è la sua colpa. Il racconto straziante dell'amicizia fra due ragazzi, una storia sulla perdita dell'innocenza destinata a diventare un grande classico contemporaneo. Partiti a diciott'anni. Talmente impreparati, talmente ingenui da credere che insieme ce l'avrebbero fatta. Bartle è devastato dal senso di colpa. Per non avere impedito che Murphy morisse. Per non essere riuscito ad attenuare la brutalità e l'orrore della guerra. Ora che è tornato a casa, vede Murphy ovunque. Insieme alle altre immagini dell'Iraq: i cadaveri che bruciano nell'aria pungente del mattino, i proiettili che si conficcano nella sabbia, le acque del fiume che ha inghiottito il loro sogno. E il tormento per la promessa che non ha saputo mantenere non gli dà pace.



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Yellow Birds 2015-04-14 16:29:41 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    14 Aprile, 2015
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L'orrore

"La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l'erba tingeva di verde e pianure del Ninawa e il clima si faceva più caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine."
La guerra in Iraq: la follia della guerra. Il romanzo inizia con una narrazione più fredda e poi accelera entrando in una spirale di orrore. Nella guerra è necessario uccidere. L'orrore è quel surplus di violenza ingiustificata e ingiustificabile che toglie qualcosa a entrambe le parti. E' quella violenza inaccettabile che spegne la voglia di vivere lasciando posto solo al senso di colpa e alla morte. La guerra è come la mela del giardino dell'Eden mangiata la quale uno non può tornare quello di prima, ha perso ogni illusione sull'uomo e su se stesso.
Bartle il protagonista della storia ha promesso al suo amico Murph (18 anni) di riportarlo a casa sano e salvo). Non sto a raccontare cosa succede a Murph e preferirei non averlo letto.
La cosa terribile non è il fatto veniale che porta Burtle in galera ma la guerra in sè.
"Dentro al fiume c'era un sogno. Guardavo la riva opposta ed ero nudo in mezzo all'acqua. Vedevo una mandria di cavalli in un campo punteggiato di sanguinelle e salici. Avevano tutti il mantello dello stesso colore, erano tutti roani, tranne un vecchio palomino che mi guardava mentre gli altri brucavano al chiaro di luna. aveva gli zoccoli insanguinati, e sui fianchi segni di frusta e marchi da fuoco. Chinando delicatamente la testa entrò nell'acqua poco profonda. Mentre avanzava verso di me, il sangue scorreva via con la corrente e il cavallo si lasciava dietro una piccola scia rossa."
Il romanzo parte con una narrazione abbastanza secca che a un certo punto diventa un bellissimo flusso di coscienza e di pensieri molto vicino alla poesia che lascia una scia emotiva incancellabile nel cuore del lettore. Si sente sulla pelle la sincerità del dolore e del malessere dello scrittore, di Bartle, purtroppo.
Malessere senza fondo, buio, ma con uno spiraglio rappresentato dall'acqua che purifica e cancella in qualche modo il dolore.


"E io vidi infine il suo corpo disfarsi all'imboccatura del golfo, dove le ombre delle palme da datteri si allungavano come tende scure sulle sue ossa, ora sparpagliate, trascinandolo nel mare, verso una schiera di onde che si infrangono all'infinito mentre lui vi entra."

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Yellow Birds 2013-07-18 16:54:56 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    18 Luglio, 2013
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Non c'è pace

Splendido esempio di narrativa di guerra contemporanea, che, attraverso lunghi monologhi, ricchi di dettagli folgoranti, quanto la guerra disintegra la mente dei soldati e devasta la loro anima. Guerra che è la massima creatrice di individualisti, guerra che sembra diventare lei stessa una persona, guerra che spinge i soldati alla massima indifferenza, necessaria per andare avanti. Esiste una netta distinzione tra ciò che è ricordato, ciò che è detto, ciò che è vero. Questa storia è scritta per ricordarcene a lungo, narra di un'amicizia tra due giovanissimi soldati, narra di una promessa non mantenuta ad una madre, narra di una colpa per aver fatto come se non fosse mai successo. Narra di un'anima ferita e piena di cicatrici. E un'immagine mi è rimasta impressa, quella della mano che si chiude attorno all'impugnatura del fucile che non c'è.

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Niente di nuovo sul fronte occidentale
Il corpo umano
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Yellow Birds 2013-07-08 12:31:16 Baba
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Baba Opinione inserita da Baba    08 Luglio, 2013
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Signori questa è la guerra....

Si può descrivere la guerra? Veramente dico.. si può descrivere quello che prova un saldato, il suo stato d’animo, le sue emozioni, le sue paure? Si può descrivere tutto ciò praticamente in versi, una lunga poesia tanto bella da essere indescrivibile? Si ..si può, è quello che ha fatto Kevin Powers: la sua è un’esperienza diretta, è reduce dalla guerra in Iraq e di ritorno finisce gli studi e diventa un ‘poeta’. La storia (’poesia’) racconta gli eventi di Bartle e Murphy: Bartle, 21 anni, è un ragazzotto che si arruola per sfuggire alla sua famiglia, per dimostrare un poco di coraggio (‘ma cosa hai fatto’ gli ripete la madre…). Un giorno durante l’addestramento incontra Murphy, 18 anni, un nanerottolo con pochi peli in faccia e qualche brufolo…. Qui sotto l’ala protettrice del sergente Sterling intraprendono un percorso alla ‘full metal jacket’ che li preparerà (o forse no..) alla Guerra: Murphy viene affidato a Bartle e prima di partire la madre del diciottenne gli strappa una promessa… ‘me lo riporterai a casa’- ‘si lo farò’ …. E’ detta così, senza pensare, come farebbe qualsiasi 21enne: ‘te ne pentirai, non dovevi’ il commento del sergente scaltro e pazzo quanto basta. Il libro è scritto per flashback: eccoci ora in Iraq, sento il caldo anch’io, sento i profumi e e gli odori, vedo la luce di questo paese e sento la paura quando ci sono i bombardamenti, quando le scariche di mitra di passano vicino, troppo. I due ragazzotti tengono il ‘conto’ macabro, ancora pochi morti e saranno mille..948.. 949… beh meglio qualcun altro, anche se hai scavalcato in mensa il soldato appena morto. Chi era in fondo? Meglio lui di noi… e sento la paura, paura che ti fa pisciare addosso, piangere, tremare. Non è la guerra dei supereroi dei corpi speciali senza macchia e paura dei film, è la guerra dei ragazzotti di 18-20anni. Come fanno a dimenticare i corpi squarciati dalle bombe, l’odore della carne putrefatta e infine come si fa a dimenticare un compagno morto che avevi promesso di riportare a casa. E quando sei a casa, rimani solo con i tuoi pensieri, incubi, promesse mal riposte: chi ti aiuterà, ti proteggerà, chi ti riporterà alla vita. E chi ‘senefrega’ di questa guerra, si si legge tra le righe questa domanda, a chi è servita, perché è stata fatta. Alcune immagini di questo libro mi hanno letteralmente affascinato, intimorito, affranto: non avevo mai letto niente di simile.’’ La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l'erba tingeva di verde le pianure del Ninawa e il clima si faceva piú caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine. Superavamo le alture e ci spostavamo nell'erba alta mossi dalla fede, aprendoci sentieri con le mani come pionieri, tra la vegetazione spazzata dal vento. Mentre dormivamo, la guerra sfregava a terra le sue mille costole in preghiera. Quando arrancavamo, sfiniti, i suoi occhi erano bianchi e spalancati nel buio. Se noi mangiavamo, la guerra digiunava, nutrita dalle sue stesse privazioni. Faceva l'amore e procreava e si propagava col fuoco. Poi, in estate, la guerra provò a ucciderci mentre il calore prosciugava dei colori le pianura’’ no questo non è un romanzo è poesia, è bellezza terrorizzante. Consiglio il libro a tutti forse con le dovute cautele anche nelle scuole magari superiori. Signori questa è la guerra moderna.

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