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Vivere per raccontarla Vivere per raccontarla

Vivere per raccontarla

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In "Vivere per raccontarla" Gabo ricrea e racconta gli anni dell'infanzia e della giovinezza: dalla nonna che lo incantava con le sue storie, alla vita da bohèmien nei quartieri malfamati di Bogotà, mentre si formava quell'immaginario fantastico che ha dato vita a "Cent'anni di solitudine" e agli altri capolavori. Un libro in cui vita e opera, realtà e romanzo, si fondono, illuminandosi da sotto il segno dell'inarrivabile capacità di raccontare di un grande maestro della letteratura del Ventesimo secolo.



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Vivere per raccontarla 2013-08-07 09:33:35 paola melegari
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paola melegari Opinione inserita da paola melegari    07 Agosto, 2013
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Gabito diventa Gabo

Doveroso leggere questa autobiografia. Per capire.Come sono nati molti romanzi del mitico Gabo.
Per onestà , dovendo dare un giudizio, è il libro meno bello dell'autore.
Leggerlo comunque ci fa capire le enormi difficoltà, la vita tutta in salita, con grossi problemi economici.
Pensare che questo gigante della letteratura commetteva un sacco di errori grammaticali e, non era brillante negli studi.
Mi è molto piaciuta la prima metà, quando ancora Gabito, viveva il misticismo dei racconti di nonna Tranquillina, trasformandole in incubi notturni che lo perseguiteranno a vita. Il bellissimo rapporto con nonno Nicolàs che gli farà da padre, almeno fino ad all'adolescenza.
C'è questa abitudine nei paesi caraibici di ospitare chiunque, nutrire ed appendere amache in ogni angolo delle casa, questa flemma nell'affrontere la vita, senza preoccuparsi del futuro, del domani, come se la provvidenza intervennisse continuamente nel salvare le varie situazioni. Da qui la capacità di creare storie con pochissimi elementi, dando spazio alla fantasia e al fluire sciolto di parole connesse in frasi e infine in racconti, per poi sfociare in magici romanzi .

I Fatti di cronaca reali, come l'apertura della cripta del convento S. Clara, l'omicidio di un paesano,
l'amore della madre per suo padre, i tradimenti e molto altro saranno fonte d'ispirazione, per Marquez,
creando lo spunto per molti romanzi come Dell'amore e d'altri demoni, L'amore ai tempi del colera, Centanni di solitudine , Cronaca di una morte annunciata ecc.

Nella seconda parte, come già detto, ho avuto maggiori difficoltà a seguire, capendo poco le connessioni storiche e nel guazzabuglio di personaggi sempre nuovi, mi sono un pò persa, ma ho dovuto continuare per approfondire la conoscenza di questo autore che adoro.
Insomma chi ama Marquez, lo deve leggere .
Questo libro mi ammiccava da dieci anni , lì dallo scaffale, lo avevo iniziato, poi accantonato.
Ora sono felice di averlo letto, e mi ha aiutato a capire, insomma a farmi un quadro generale, a sottolineare che chi vuole davvero fare una cosa nella vita, deve combattere, faticare, sudare, soffrire,
e alla fine riuscirà.
Bravo Marquez, anche se un po' zuzzerellone, perditempo, donnaiolo, ce l'hai fatta alla grande. Hai raggiunto l'obbiettivo della tua vita diventare uno scrittore. In fondo lo sei sempre stato da quando sei nato, ce l'avevi nei geni. Spero tanto che escano nuovi romanzi di Marquez, altrimenti rileggerò ,sicuramente, senza annoiarmi mai.
Grazie di esistere.

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Vivere per raccontarla 2011-05-18 12:18:25 dreamer
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dreamer Opinione inserita da dreamer    18 Mag, 2011
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Un'altra sorpesa dal magico cilindro del Gabo

Un libro indispensabile per chi vuole capire il percorso di consapevolezza del talento dello scrittore e dell'entusiasmo per la vita legato alla necessità di perseguire la propria vocazione, indipendentememnte dalle vicissitudini esterne, siano essi condizionamenti storici o famigliari.
Gabo mi sorprende e mi entusiasma sempre, perchè convivono in lui il continuo e fantasmagorico anelare alle scoperte delle infinite variazioni sul tema della natura umana e il bisogno di rifarsi alle prorpie radici, come a ringraziare chi l'ha creato di avergli donato quanto di più bello si possa donare ad un uomo: la capacità di amare l'uomo per quello che è.
Almeno a me, ignorantone, i riferimenti alla storia ed alla letteratura colombiana sono risultati un pochino ostici, ma è un sacrifico che vale la pena correre in omaggio al talento di uno dei più grandi scrittori della storia.

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Vivere per raccontarla 2011-05-17 16:55:15 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    17 Mag, 2011
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Vivere per raccontarla

Una volta che la quarta di copertina di "Vivere per raccontarla" si presenta agli occhi...il primo istinto è di ricercare la foto di Gabriel da piccolo e ricominciare da capo...la sensazione è quella di essersi persi qualcosa, di non riuscire a credere di aver concluso quella finestra sul mondo misterioso e fantastico. Rimane la voglia di concludere immediatamente la sua bibliografia e ritrovare tutti gli articoli che lui ha scritto, ricercare le oltre quattrocento "La Giraffa" che ha firmato, partire per la Colombia e non tornare più. Per chi ama Gabriel Garcia Marquez, questa sua autobiografia è un atto d'amore, un regalo che Gabriel ci ha fatto. L'atmosfera che ci ha regalato in ogni romanzo è qualcosa di magico, come magici ha reso i luoghi di cui parla, ma questa sua ultima fatica è qualcosa di più, è rendere reale la magia, rendere vero ciò che sembrava finzione, ci regala insomma la speranza e la voglia di vivere, che lo ha accompagnato per tutta la sua esistenza. "Vivere per raccontarla" non è esattamente un'autobiografia, almeno non lo è nel senso che normalmente si attribuisce a questo termine, non inizia con la nascita del suo autore per arrivare al momento in cui egli scrive in un succedersi d'eventi, bensì un magistrale flusso di pensieri che raccoglie istantanee ambrate di un'esistenza che non è stata facile, che non ha regalato nulla....Si riesce a sentire l'odore dei luoghi descritti e quello stesso odore si mischia per confondersi con l'atmosfera rarefatta degli scenari dei suoi racconti...fino a rendere un unico incanto la favola di "Cent'anni di solitudine" e la vecchia Colombia degli anni '50...
La vita di Gabito attraversa gli stessi percorsi che tutti noi abbiamo intrapreso, la scuola, il liceo, l'università, i genitori che vogliono in ogni modo un figlio dottore, senza che il diretto interessato sia d'accordo, quello che cambia è il genio insito in lui e la bussola nascosta nel suo spirito nell'orientarsi in situazioni e luoghi in cui poteva trovare amici veri che lo avrebbero accompagnato, istruito, consigliato nel migliore dei modi. La sua caparbietà nel voler imparare a scrivere, quell'ansia da prestazione che lo ha accompagnato per tutta la vita, quell'insicurezza grammaticale che conferma la grandezza del suo genio. Il continuo fluire degli eventi personali finisce per intrecciarsi in un sinodo inscindibile con gli avvenimenti politici dell'epoca per sfociare come un fiume in piena nel sanguinoso 9 aprile 1958 di Bogotà, raccontato attraverso gli occhi di un "giornalista felice e sconosciuto", con particolare attenzione ai particolari, alla folla impazzita e al lato umano del presidente Gaitan accasciato a terra morto ucciso in un attentato. In sottofondo Mercedes lo accompagna per tutta la vita, come una presenza inarrivabile, come il sogno troppo sognato, come un desiderio troppo grande che si realizza...

Si potrebbe continuare a parlare ed a scrivere migliaia di parole su un libro che descrive alla perfezione quello che Marquez rappresenta: un incantesimo.

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Vivere per raccontarla 2011-05-17 14:56:32 Eddox
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Eddox Opinione inserita da Eddox    17 Mag, 2011
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Facondo incipit

Lo stile è quello di sempre, armonioso, raffinato, ricercato fino all'esasperazione, l'uso dell'aggettivo è magistrale, un libro che va letto a voce alta per apprezzarne la sonorità, la leggiadrezza, la fluidità del linguaggio.
Marquez ha il grande merito di catapultare il lettore, con la consueta abilità, nel suo mondo magico, di proiettarlo nella dimensione dei suoi personaggi bizzarri, che daranno vita alla leggenda di Macondo, diventandone i protagonisti.
Anche in questo libro Marquez non tradisce le aspettative. Imperdibile.

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