Vergogna
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Il fardello della vergogna
Coetzee, scrittore premio Nobel per la letteratura, attraverso la storia narrata in questo libro riesce magnificamente a mostrare la “discesa agli inferi”, la caduta di David Lurie, uno stimato professore universitario accusato di molestie sessuali nei confronti di una sua giovane studentessa con le conseguenze più nefaste: subire l’emarginazione sociale, la perdita del lavoro e di uno status quo che lo mettono a nudo ma che al tempo stesso gli permettono di scavare profondamente nella sua anima. Vergogna è un libro doloroso che mette in luce il concetto di perdita, di sconfitta, in cui questa parola che dà il titolo al romanzo si percepisce lungo l’intero racconto, riscontrandola innanzitutto nell’afflizione personale di David (“Sono caduto in disgrazia, e non sarà facile risollevarmi. Non rifiuto la punizione. Non mi ribello. Anzi, la vivo giorno dopo giorno, cercando di accettare la vergogna come la condizione della mia esistenza”).
Ecco che per tentare di risollevarsi David cerca comprensione negli affetti più cari, in questo caso una figlia, Lucy, che vive per conto suo nelle selvagge terre sudafricane, in una sorta di fattoria dove coltiva fiori e dà ristoro a cani senza padrone. Ma Coetzee sa perfettamente quanto sia dura la realtà e ce lo dimostra narrando una storia nella quale il rapporto conflittuale tra padre e figlia è evidente e si acuisce ulteriormente a seguito di un episodio che investe Lucy, a sua volta vittima di abusi sessuali e costretta a portarsi addosso una vergogna non meno pesante del fardello paterno. Partendo da questi intrecci l’autore riesce a illuminare la scena perché la vergogna figliale è in qualche modo conseguenza della storia del Sudafrica. Di un paese da poco uscito dall’apartheid, ancora fortemente in fibrillazione e afflitto da sperequazioni sociali ed economiche, in cui un bianco che decide di vivere lontano dai grandi centri urbani (come Città del Capo) deve accettare di sentirsi un corpo estraneo in una società in cui la gente di colore ha preso il sopravvento, ed in cui una denuncia di stupro non porterebbe a nessun risultato concreto:
“- Quello che mi è successo è una questione puramente personale. In altri tempi, in un altro luogo potrebbe essere considerata di pubblico interesse. In questo posto, in questo momento non lo è .E’ una faccenda che riguarda me e solo me.
- Questo posto in che senso?
- Nel senso del Sudafrica".
Vergogna è un libro aspro, duro ma che non è mai sopra alle righe, in cui Coetzee suggerisce comunque che dietro ad ogni storia di violenza e di dolore esiste la possibilità di un riscatto, di una catarsi perché una volta toccato il fondo si può solamente risalire....avendo anche il coraggio di fare scelte difficili come quella di Lucy, che viene svelata nella parte conclusiva del libro..
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Un libro tosto
David Lurie ha cinquantadue anni, è divorziato ed ha una passione che con la sua età e la sua professione non va proprio bene. Questa sua debolezza lo porterà alla disgrazia e soprattutto alla vergogna, con cui non è così semplice vivere.
“Non rifiuto la punizione. Non mi ribello. Anzi, la vivo giorno dopo giorno, cercando di accettare la vergogna come la condizione della mia esistenza. Pensa che a Dio sia sufficiente, se vivrò per sempre nella vergogna?”.
David Lurie ha un pessimo carattere e la sua colpa diventa ancora più grande e lo porta a cercare “asilo” a casa della figlia Lucy, che abita in una fattoria.
Se già l'inizio del romanzo non è semplice, e non per la scrittura, ma per gli argomenti trattati, Coetzee aggiunge anche la situazione che c'è nel Sudafrica post-apartheid, in cui l'integrazione non è ancora stata raggiunta e i bianchi e in particolare le donne sole non sono ben viste.
David mentre sconta la sua pena si troverà davanti un mondo a lui sconosciuto e di difficile comprensione, in cui le dinamiche più ovvie non sono quelle che alla fine sono le più facili da seguire.
Un libro difficile, non piacevole, ma molto istruttivo. L'autore che avevo già conosciuto con “Aspettando i barbari” anche questa volta non sbaglia. Uno stile fluido, ben leggibile ma non facile da digerire.
L'empatia con i personaggi è difficile, se da una parte l'arroganza e la presunzione di David bloccano qualsiasi simpatia, dall'altra c'è Lucy, che fa delle scelte così poco comprensibili da rendere davvero difficile immedesimarsi in lei. In questo romanzo si soffre su più punti di vista, non ultimo il trattamento che viene riservato agli animali.
Un libro che non consiglio a tutti, Coetzee si legge bene ma dopo aver finito il libro la sensazione che mi è rimasta addosso non è stata piacevole.
Buona lettura!
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- sì
- no
Shame, Shame, Shame.
Non so, questo è un libro che non sono riuscito a capire a fondo, e non a causa di uno stile ostico; anzi, lo stile di Coetzee è assolutamente scorrevole, comprensibile, senza comunque scadere nel semplicistico. “Vergogna” è un libro che si lascia leggere, tuttavia quello che mi è riuscito più difficile è entrare in sintonia coi personaggi, che in fondo sono quello che dovrebbe animare questo romanzo. Sarà che le sensazioni provate da David e sua figlia Lucy sono qualcosa di piuttosto lontano da me, ma questo capita con buona parte dei romanzi che un lettore si trova tra le mani. Ho trovato gli atteggiamenti dei personaggi piuttosto irritanti, soprattutto per quanto riguarda Lucy: è un personaggio che non capisco, che si intestardisce nel radicarsi in un determinato luogo, quando questo luogo fa di tutto per farle capire di non essere sicuro. Certo, qualcuno vorrà dirmi che non bisogna arrendersi di fronte alle prime difficoltà che ci si trova ad affrontare, che rinunciare sarebbe una sconfitta… e io gli rispondo: mah. Se un determinato contesto si rivela inadatto o ancor peggio pericoloso, non c’è alcuna sconfitta né vergogna nell’abbandonarlo e provare a ricominciare da qualche altra parte. La freddezza e la testardaggine di Lucy sono davvero frustranti.
Per quanto riguarda il protagonista, invece, è un uomo alquanto controverso; completamente distrutto psicologicamente dall’incedere della vecchiaia. Incapace di portare avanti delle relazioni di coppia, cerca di appagare i suoi istinti in qualsiasi modo. All’inizio ci riesce con i suoi appuntamenti settimanali con una escort: sempre la stessa, con la quale riesce a mantenere un distacco ma allo stesso tempo crea un legame che, una volta spezzato, lo getta nell’oblio. È proprio in questo momento che ha inizio la storia raccontata da Coetzee, nel momento in cui David perde quel punto di riferimento che gli permetteva di andare avanti e di non lasciarsi andare al declino. Tuttavia, proverà un ultimo gesto disperato per sentirsi giovane: abborda una sua studentessa, Melanie, e proverà a instaurare con lei un rapporto che si rivelerà malsano fin dal principio, fino a sfociare in una denuncia per molestie. Questo lo porterà a perdere il lavoro di professore all’università, spingendolo a passare alcuni mesi in casa della figlia Lucy, in campagna a Città del Capo.
David è un uomo che fugge dalle relazioni, ma che in fondo ne è disperatamente alla ricerca. Tuttavia, non si riesce a comprendere cosa, tra istinto e ricerca d’un affetto, abbia la meglio: in certi tratti abbiamo l’impressione che, una volta soddisfatta la sua fame sessuale, le donne tornino a essere dei semplici oggetti degni di pochissima attenzione; in certi altri, appare come un uomo che vuole legarsi a una sola donna alla volta, con la quale instaurare qualcosa di duraturo. Eppure, non si evince mai in David il desiderio di condivisione che è naturale volere in un rapporto di coppia.
I personaggi di questo romanzo sono certamente particolari; eppure, sento che c’è qualcosa che mi sfugge, forse una chiave di lettura. Sarà questo che non mi ha permesso di apprezzare questo romanzo appieno? Non lo so, sta di fatto che in certi tratti Coetzee mi ha fatto anche rabbia, soprattutto con la testa dura dei suoi personaggi.
“È solo uno dei postumi, si dice, uno dei postumi dell’aggressione. Fra non molto l’organismo si rimetterà in sesto, e io, il fantasma che lo abita, sarò di nuovo me stesso. Ma sa che la verità è un’altra. Qualcuno ha soffiato sulla fiammella del piacere di vivere. Come una foglia nella corrente, come uno sbuffo di fumo nel vento, ha cominciato a fluttuare verso la fine. Davide se ne rende conto con chiarezza, e questa visione lo riempie di disperazione. Parola appiccicosa che non riesce a scacciare. Il sangue della vita sta abbandonando il suo corpo per essere sostituito dalla disperazione, sostanza simile a un gas, inodora, insapora, priva di proprietà nutritive. La inspiri, le membra si distendono, cessi di lottare, anche nel momento in cui senti il freddo dell’acciaio sulla gola.”
LA CADUTA IN DISGRAZIA DI UN UOMO QUALUNQUE
“- Che umiliazione, - dice David alla fine. – Tante grandi speranze per poi ridursi così.
- Sì, concordo con te, è umiliante. Ma forse è il punto di partenza giusto per ricominciare da capo. Forse è una lezione da accettare. Bisogna saper ricominciare dal fondo. Senza niente. Senza una carta da giocare, senza un’arma, senza una proprietà, senza un diritto, senza dignità.
- Come un cane.
- Sì, come un cane.”
“Vergogna” è un romanzo disturbante, che spiazza e disorienta in continuazione il lettore, il quale assiste sbigottito al violento sovvertimento dell’equilibrio iniziale per ritrovarsi alla fine in un territorio inatteso e sconosciuto, senza solidi punti di riferimento (fosse anche solo un retroterra letterario e culturale comune e riconoscibile) a cui appigliarsi. Nelle prime pagine facciamo infatti la conoscenza con David Lurie, un uomo di mezza età che, nonostante due divorzi alle spalle e una professione per la quale non sente alcuna vera vocazione, è apparentemente appagato della propria vita e della propria posizione sociale. “Gode di buona salute, la sua mente è lucida. – annota Coetzee – Vive nei limiti del suo reddito, nei limiti del suo carattere, nei limiti delle sue capacità sentimentali. E’ felice? Secondo i normali criteri di valutazione, sì, ne è convinto. Ma non ha dimenticato l’ultimo coro dell’Edipo: non dire di un uomo che è felice finché non è morto.” A immediata riprova di questo sinistro monito, David entra in una spirale di circostanze avverse che lo porta ad essere cacciato con ignominia dall’università in cui lavora, a rifugiarsi – ospite non del tutto gradito – nella sperduta fattoria della figlia Lucy, a subire violenze, soprusi e umiliazioni di ogni sorta, a perdere beni, soldi e dignità, per ritrovarsi alla fine alle soglie della vecchiaia, stanco, spento e disilluso. La condizione esistenziale in cui viene a trovarsi il protagonista è quella dell’estraneità: estraneità alla vita, verso cui prova sempre meno interesse e desiderio, ed estraneità all’ambiente, sia quello della capitale, che lo espelle come un elemento sgradevole e indesiderato, sia quello, primitivo, tribale e ferino, della campagna dove vive (e ha deciso inopinatamente di mettere radici) la figlia, nel quale David non riesce ad integrarsi e dove si sente e viene considerato un forestiero.
La vergogna del titolo, quindi, è anzitutto quella di chi non riesce a sentirsi a casa propria da nessuna parte, coscritto e reietto, né completamente colpevole prima, nel Sudafrica ricco della cittadella universitaria, né completamente innocente dopo, incapace com’è di proteggere la figlia e costretto ad affidarla all’ambigua protezione dello scaltro ed enigmatico Petrus. E’ una paradossale legge del contrappasso a punire David il quale, costretto ad abbandonare l’università per molestie sessuali nei confronti di una sua studentessa (“non è stupro, non proprio, ma un atto indesiderato, profondamente indesiderato”), si ritrova, dopo l’aggressione subita nella fattoria di Lucy, ad assistere impotente alle conseguenze psicologiche della violenza sessuale di cui la figlia è rimasta vittima.Il protagonista diventa perciò il colpevole indiretto, per interposta persona se così si può dire, di un crimine, di una soperchieria, nei confronti della quale gli è persino negata la possibilità di indignarsi, in quanto egli stesso inconsciamente, atavicamente, ne è impregnato.
Nonostante il precedente riferimento all’”Edipo”, il destino di David non è quello della tragedia. Non è un particolare secondario, tutt’altro, il fatto che la vicenda sia contrappuntata dall’opera musicale sul periodo trascorso da Byron in Italia che da molto tempo egli si accinge a scrivere e che incessantemente modifica nella sua testa e nei suoi appunti. Orbene, man mano che David scende la china della vita, cadendo inesorabilmente in disgrazia, egli si allontana sempre più dal poeta arrogante, libertino e lussurioso per avvicinarsi invece all’amante Teresa, non però alla ragazza piena di ardore e di passione degli anni della sua relazione con Byron, bensì a una matura, ingrigita donna di mezza età che, tra i maliziosi sorrisetti dei domestici, vive ormai di ricordi e di reliquie, mentre il tono dell’opera abbandona tanto l’erotismo scandaloso quanto l’elegia crepuscolare per approdare addirittura al comico. L’oscura Teresa diventa in tal modo l’alter ego del protagonista, rispecchiandone i patetici fallimenti e la grottesca disperazione. Tale è infatti (in assenza di qualsiasi alternativa religiosa e spirituale, in quanto anche Dio è appannaggio di esseri piccoli e meschini come il padre di Melanie) la sorte riservata dall’autore a David, paludato intellettuale che si riduce alla fine a fare l’”angelo della morte” dei cani randagi alla clinica veterinaria della piccola cittadina di provincia, per l’unico e semplice motivo che non c’è nessun altro che sia altrettanto stupido per farlo.
Lo stile di J. M. Coetzee è piano, scabro e asciutto; fa corrispondere un massimo di precisione, di oggettività, quasi documentaristica si sarebbe portati a dire, a un minimo di emozione; è interno al personaggio (di cui registra meticolosamente riflessioni, dubbi, desideri e paure) eppure al tempo stesso è esterno, freddo e impersonale. Alla resa dei conti risulta lo stile congeniale per descrivere questa weltanschaung alla rovescia, questo prosaico e assai poco romanzesco viaggio agli inferi senza biglietto di ritorno, che esplora la degradazione dell’animo umano fino ai suoi più estremi limiti e confini.
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Il dolore dentro di noi
Sud Africa post-apartheid, David Lurie, cinquantaduenne insegnante universitario di scienza della comunicazione, non ama quella professione che gli dà da vivere, proviene da una famiglia di sole donne, con due matrimoni alle spalle, una figlia lontana, affranto da un inaccettabile senso di invecchiamento ed invisibilità.
Sospeso tra una inconsistente routine ed un se' ormai allo sbando, inserito in un quotidiano diviso tra frequentazioni sessuali a pagamento e studenti ignoranti e disinteressanti, inciampa in una passione amorosa per una giovane studentessa, ammagliata dal suo ruolo e carisma.
Denunciato dal fidanzato e dal padre di lei, di fronte ad una commissione d' inchiesta ammette colpe e responsabilità ma, rigettato il pentimento richiesto, decide di abbandonare per sempre il mondo accademico.
Si trasferirà in campagna, sulla costa orientale del paese, per trascorrere un periodo dalla figlia Lucy, venticinquenne ex hippie con inclinazioni omosessuali che vive accudendo cani in pensione e vendendo fiori al mercato, la manualità come orizzonte di vita.
È una figlia che ha da sempre trascurato, una giovane donna ancora alla ricerca di se' e del proprio orizzonte di vita.
I due non si sono mai frequentati ed amati, vivono questa parentesi di convivenza memori di un passato relazionale complicato, assente, due individui agli antipodi.
Saranno vittime di un episodio di violenza e devastazione, in primis per Lucy, e saranno costretti a ridefinire futuro ed aspettative.
Il cuore del romanzo vive del rapporto padre-figlia, a contorno quel senso di vergogna che riguarda la propria vita accettando inspiegabilmente la violenza subita ( per Lucy ) ed espiando gli errori commessi ( per David ).
Se David si macchia di protervia e colpevolezza alla mercé dei propri fluttuanti effluvi amorosi, con un abuso di ruolo, trascendendo ed ignorando qualsiasi principio di etica deontologica, alla ricerca di un improbabile riparo da un senso di caducità, solitudine, inutilità, Lucy è la vittima sacrificale di una violenza gratuita e bestiale impregnata di odio, vendetta, macchinazione, divenendo semplice oggetto di scambio, merce, debito da ottemperare.
Inserita nella cruda ed ancestrale realtà di un Sud Africa post apartheid che vive di aspre contrapposizioni economiche, razziali, di convivenza civile, con dislivelli sociali marcati, ingiustizie evidenti, una scarsa e deficitaria legalità, emerge una dimensione strettamente privata, uno scambio umano e relazionale padre-figlia, uomo-donna.
David e' stato sospinto dal cieco ed infantile potere dell' Eros a compiere il proprio misfatto con un pentimento tardivo, ed ha sempre giustificato l' errore commesso all' ombra di volutta' e desiderio, di un impulso irrrefrenabile per la beltà femminile, dell' amore per la poesia, novello Byron, di cui è un profondo studioso e conoscitore, declinando il proprio ruolo di educatore, padre, pedagogo, uomo maturo.
Lucy, al contrario, e' una giovane saggia, coscienziosa, con rigidi precetti morali, lontana dall' apparenza, inserita in un quotidiano cruento, vive relazioni fondate su realtà tangibili, sostanziali, senza voli pindarici, ma conserva anche una fragilità emotiva di fondo.
David ha vissuto e continua a vivere di pure ipotesi e teorie accademiche e, nell' incedere del racconto, Lucy lo accompagnerà in una esplorazione di un mondo diverso e sconosciuto, la vita.
Nell' aspra e difficile vita di campagna, in quel faticoso e quotidiano lavoro della terra, contornato dalle sofferenze di animali soli, abbandonati, indifesi, destinati all' abbattimento, alla mercé di forze imperscrutabili e pericolose, lontano dalle certezze cittadine, dal conservatorismo e dai privilegi corporativisti, da quella spocchiosa superiorità intellettiva, stenta a riconoscersi ne' comprende esistenze diverse, ma semplicemente non esistono vite migliori e peggiori.
David cosa vuole da Lucy, lei che sta cercando di costruirsi la propria vita e di uscire dalla sua ombra? I loro abbracci sono rigidi come un bastone accompagnati da momenti in cui sembrano due estranei che vivono nella stessa casa.
Quella terribile esperienza sconvolgerà i termini della vita di entrambi, si farà comunanza e condivisione, nella disperazione, ma in parte ciascuno manterrà la propria visione del mondo, più semplicemente andra' incontro al proprio destino, in attesa di un futuro e con l' impressione che la discutibile e tormentata scelta di vita di Lucy non possa essere pienamente capita e condivisa, perché fondata su radici profonde di un animo squisitamente femminile.
Un romanzo dalle tinte forti, aspre, vive, inserito nella dura realtà sudafricana che amalgama una serie di tematiche socio-relazionali, pubblico-private, di convivenza interazziale e relazioni interpersonali complesse .
Un linguaggio, essenziale, costruito sul presente, senza fronzoli o declinazioni poetiche, proprio come la realtà descrittavi.
Rimane, alla fine, un senso di scarsa definitezza del protagonista, piuttosto caotico ed inconcludente nelle proprie scelte affettive, infantile, arruffone, egoista, controverso, spesso coinvolto in relazioni tragiche ed assurde, anche banali, avvolto in un idealismo sognatore ma poco romantico che si scontra con l' autentica realtà di dolore, scelte di vita, passione e sentimenti ( quelli di Lucy ).
È una sensazione, questa, che accompagna tutto il racconto ( di cui David è il protagonista ) ed a mio avviso, finisce per condizionarne il giudizio complessivo.
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Dalla "Disgrace" alla "vergogna"
Da dove comincio?
Potrei cominciare col cercare di perdonarmi per aver atteso tanto prima di leggere questo libro.
O forse potrei esordire con un "WOW"...e, a voler essere sintetici, il commento potrebbe anche finire qui, perché davvero la bellezza di questo romanzo mi ha lasciato senza parole.
Con una scrittura limpida, efficace, lucida e precisa, Coetzee riesce a mettere a nudo un uomo, il suo rapporto con l'eros, con i sensi di colpa (e la loro assenza), con il pentimento, con una società che gli chiede di genuflettersi al cospetto del politicamente corretto...e al contempo, affronta trasversalmente le ferite di un Sudafrica ancora segnato dai postumi dell'Apartheid.
Lui, professore universitario, commette un grosso sbaglio,(una relazione con una sua giovane studentessa, maggiorenne e consenziente) in nome di un desiderio figlio più che altro della paura del declino fisico, che a 52 anni inizia a farsi strada nella sua mente, ed è disposto a dichiararsi colpevole (per la sua età e per la sua posizione di potere in quanto docente), ma non accetta di doversi pentire di qualcosa che non ha commesso.
Nessun abuso, nessuna violenza fisica.
Quell'abuso e quella violenza fisica che, invece, busseranno presto alla sua porta e lo trascineranno in una spirale di dolore, rabbia e impotenza.
Trovo che i due titoli, l'originale "Disgrace" e la traduzione italiana "Vergogna", si completino a vicenda...perché se tutto nasce a partire dalla "disgrazia" che il prof. Lurie si trova a dover affrontare a causa del suo comportamento discutibile con la sua allieva, l'esplosione di violenza che si ritroverà a vivere insieme alla figlia Lucy, lo faranno impattare con la "vergogna" dello stupro e della volontà (di lei, sua figlia) di volersi considerare capro espiatorio per peccati commessi da altri, in altri tempi.
Lui rifiuta di essere messo sotto processo dalla commissione universitaria, tanto quanto sua figlia non intende giustificarsi con lui per le sue decisioni, che contemplano la non-azione, il silenzio, la negazione...addirittura la sottomissione ad un assurdo prezzo che i bianchi devono pagare nei confronti dei neri per risarcirli degli storici soprusi.
Ho trovato un certo parallelismo e alcune somiglianze tra il personaggio del prof. Lurie di Coetzee e quello del prof. Kepesh di Roth, ne "L'animale morente"...entrambi sono uomini che hanno superato la giovinezza, che hanno paura del decadimento fisico e del declino del loro potere seduttivo, e che, pertanto, fanno dell'eros, del desiderio e del libertinaggio sessuale la loro bandiera...al solo scopo di esorcizzare ed allontanare la vecchiaia, la morte.
E in entrambi i casi, il male (che può prendere le sembianze della morte, della malattia, della violenza, della perdita della propria dignità)...riesce sempre ad entrare da porte secondarie, sorprendedoli.
Coetzee ha vinto il Nobel nel 2003.
Meritatissimo.
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Dignità, quella che rimane.
La parola vergogna non mi sembra renda bene il contenuto del romanzo. Non è la vergogna che affligge i protagonisti ma il carattere duro e orgoglioso che porta padre e figlia in due diverse situazioni a cercare di conservare quello che si può della propria dignità a scapito di grosse perdite.
Il tono del romanzo è pacato e il professore ricorda molto Stoner, anche se Stoner ha delle punte di bellezza stilistica e di profondità di contenuti molto superiori.
Un professore 52enne ha una relazione con una allieva ventenne. Una relazione soprattutto sessuale visto che il maggior merito della ragazza è il fisico attraente: la ragazza è descritta come studentessa mediocre e non è il tipo di donna che piace al professore, non ha un briciolo di ironia. Il professore viene denunciato, processato di fronte al senato accademico dove rinuncia a difendersi e a prendere un avvocato e si dichiara colpevole di tutte le accuse (si parla di violenza) andando incontro al licenziamento, la massima pena. Facendo le sue scuse, se la sarebbe potuta cavare con poco. Ma lui dichiara di essere colpevole anche se non si sente in colpa. Sembrerebbe una sfida alla società moralista e benpensante e alla falsità dell'ambiente accademico in nome di Eros, la divinità cui il professore si dichiara succube. In realtà le cose non stanno esattamente così. La ventenne non è una ragazza incontrata per strada ma una sua studentessa e tra i due esiste un rapporto di potere. La posizione del professore che ha favorito la ragazza per il numero di presenze e'il voto (l'avrebbe fatto) non è moralmente archiviabile così a cuor leggero in nome di Eros o di un generico "lo fanno tutti". Il professore si dichiara colpevole nelle pagine successive di non aver messo abbastanza poesia nel rapporto con la ragazza che certamente non amava. Del resto anche Byron usava la poesia nello stesso modo, pare, cioè per avere sesso a buon mercato. Ma era un po' più convincente.
Credo che Cotzee intraveda la debolezza della posizione del professore anche se cerca di tirare il lettore dalla sua parte in nome di una lotta al moralismo e all'ipocrisia. Ripropone infatti una situazione diversa ma con remote analogie per la figlia del professore, omosessuale e amante degli animali. La ragazza vive sola in una fattoria in Sud Africa e la cosa non è ben vista e è, anzi, pericolosa. La ragazza infatti verrà stuprata da un gruppo di uomini del posto, forse mandati dal suo aiutante, una figura ambigua che lei si rifiuta di licenziare.
L'analogia delle due situazioni sta nel fatto che sia il professore sia gli stupratori esercitano in qualche modo sulla vittima un rapporto di potere, chi usando la forza della superiorità culturale chi la forza bruta. Potrebbero tutti dichiarare di agire in nome di eros cioè del proprio piacere. Nel primo caso la ragazza era consenziente (anche se poi denuncia il professore per violenza), nel secondo la ragazza non è consenziente ma si rifiuta di denunciare quelle persone (quindi in un certo senso lo diventa) per un assoggettamento alla mentalità del posto. Se vuole restare nella fattoria le condizioni sono quelle: regalare la fattoria e accettare le conseguenze e una situazione ambigua e di negazione dei suoi diritti. Compreso quello di scelta sessuale.
La storia della ragazza è molto bella, e anche difficile da capire e da accettare. Non si ribella alla mentalità locale, come i cani che aspettano la morte, ma in un certo senso il fatto che non se ne vada è la sua estrema ribellione.
In ogni caso il culto di Eros cioè dell'impulso sessuale nudo e crudo non apre grandi orizzonti, comunque la si voglia mettere. Il personaggio del professore non mi è piaciuto molto. E' anaffettivo e ha un unico interesse. Anche tutte le domande che si pone sulla sessualità della figlia sono abbastanza fastidiose. Non mi pare che metta molta poesia in niente.
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La questione etica in Vergogna
Il personaggio Lurie non è tra i più facile da descrivere nelle sue caratteristiche psicologiche. Ogni commento che ho letto certamente mette in rilievo qualcosa del suo carattere ma perchè non mettere in luce quello che è a mio avviso uno dei temi principali di questo libro e soprattutto uno degli argomenti più attuali. La questione etica. Lurie non riesce a trovare nessun tipo di colpa nelle sue azioni, come non riesce a sentirsi in colpa per nessun tipo di problema che riguarda il mondo degli animali. E' un uomo che vive nella assoluta certezza che ciò che fa è giusto proprio perchè lo fa, nel fare c'è una sorta di legittimazione dell'azione stessa.
Lo scontro con la vita della figlia su questa mancata consapevolezza delle proprie azioni è lampante. Scontro generazionale che è anche uno scontro etico.
Chiara
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Passioni incomplete
David Lurie è un uomo che, nella vita, si colloca in tutto quello che fa in una zona grigia, mediocre. Professore senza talento e senza passione, svolge la professione per pura necessità; così come per pura necessità fa sesso. Che siano mogli, prostitute o donne incontrate per caso, che pure non lo attraggono affatto, non è per lui molto importante, ciò che conta è “risolvere il problema”.
Fin dall’inizio della storia, Lurie è passivamente afflitto da un male di vivere che sembra causato dalla mezza età ma che ha chiaramente radici ben più antiche.
Anche nella passione per la sua giovane studentessa, che lo porterà a cadere in disgrazia (“Disgrace” infatti, è il titolo originale dell’opera) Lurie è semplicemente trasportato, senza un effettivo potere decisionale nemmeno sulle proprie stesse azioni. Accusato di molestie, rifiuterà persino di difendersi, salvo poi un tardivo tentativo presso la famiglia della giovane, dove si azzarderà a dire che anche nel suo ardore c’è sempre qualcosa di incompleto, il suo fuoco non brucia mai fino in fondo: sembra rendersi conto, Lurie, che probabilmente la sua colpa più grave è proprio questa.
Così come non sarà in grado di andare fino in fondo nel suo ruolo di padre, pur essendo sinceramente legato alla figlia Lucy. La giovane, alla presenza impotente del padre, subirà una violenza, figlia dell’apartheid, ad opera di individui che sfogano sulla colona bianca la frustrazione di anni di schiavitù in terra propria. Sarà forse un senso della giustizia esacerbato che spingerà la giovane ad accettare l’atto di violenza fin nelle sue più estreme conseguenze, lontana dalla comprensione di David, e dai suoi goffi tentativi di protezione paterna.
Rifugiandosi nell’arte, e nella composizione di un’opera lirica alla quale non riuscirà ad imprimere forza e bellezza, Lurie subirà l’ennesimo fallimento, e non gli resterà che farsi psicopompo di poveri cani, che arrivano alla clinica veterinaria dove egli presta aiuto per affrontare il trapasso degli indesiderati. La scena finale, che non svelo, sottolinea l’incapacità del protagonista a costruire legami affettivi, e tutta la fredda e algida disperazione insita nella condizione di disgrazia affettiva ed emotiva.
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Specchio di una società decadente
In un Sudafrica uscito da poco dalla follia dell'apartheid gli equilibri tra bianchi e neri sono ancora tutti da definire. Ne avranno una triste conferma David Lurie e sua figlia Lucy, travolti da una violenza malata e insensata figlia della rabbia e della voglia di vendetta di chi ha dovuto subire per anni l'umiliazione della segregazione per motivi razziali. Lurie è un ultracinquantenne professore universitario che in seguito ad uno scandalo sessuale che lo ha visto coinvolto con una sua studentessa si autoesilia nella fattoria della figlia, una giovane hippy omosessuale e animalista. Nonostante le enormi differenze tra i due la convivenza scorre piacevole e senza intoppi finché non avviene il suddetto fattaccio. Da questo momento in poi vengono fuori tutte le divergenze umane, concettuali e generazionali tra i due, creando un distacco in un certo senso insanabile. Coetzee propone una storia tutto sommato interessante sia per i fatti narrati che per l'ambientazione geografica e sociale e propone una profonda e curata analisi introspettiva dei personaggi. Non entusiasma invece la prosa alquanto scarna e piatta e appaiono palesemente incoerenti alcuni comportamenti dei protagonisti: due persone forti e indipendenti, in continua lotta contro le convenzioni sociali e il perbenismo che però davanti alle difficoltà sembrano abbandonarsi ad un'insensata autodistruzione che porterà David a rifiutare una via d'uscita per stupido puntiglio e Lucy ad autoproclamarsi capro espiatorio per crimini commessi da altri. Ma viene da chiedersi se nelle intenzioni dell'autore il comportamento dei protagonisti tenda in qualche modo a rispecchiare la decadenza di una società umana malata e autolesionista.