Uomini di poca fede
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Nel cuore degli uomini
Wisconsin, nel Midwest, nel cuore della regione dei Grandi Laghi, un piccolo paese del Wisconsin in realtà, spopolato, abitato solo da vecchi, gente semplice, lavoratori in pensione, mariti e mogli con alle spalle solide unioni matrimoniali o amari fallimenti. Un luogo piccolo, dove tutti si conoscono, dove la comunità intreccia il proprio vissuto con le gioie o i dolori degli altri. Un luogo fatto di piccoli semplici gesti, sguardi schietti, rare le espressioni più vive d’affetto, arrivano solo quando è veramente necessario. Lyle, il sessantenne protagonista, vive qui con la moglie Peg e da poco, i due coniugi, ospitano la figlia adottiva e il suo bambino, Isaac, gioia pura per il nonno che aveva perso il suo unico figlio maschio di nove mesi. Pochi amici, ma veri e preziosi. Un lavoro per tenersi vivo, la cura di un frutteto di un’anziana coppia cui presta il lavoro non tanto per la retribuzione quanto per l’amore per i meli che vi abbondano, fragili e delicati nel fiore e nel frutto: una varietà unica e preziosa. Le vicende personali della figlia Shiloh portano nel cuore della famiglia le ombre dell’incomprensione, le distanze dell’ insicurezza, aprono ferite che un tempo si erano rimarginate; sono decisioni adulte, percorsi individuali, quelli che un genitore, pur disapprovando, non può contrastare perché correrebbe il rischio di allontanare per sempre l’amore di un figlio trascinando in questa deriva anche gli altri affetti, la moglie, il nipote. È dunque il romanzo di Lyle, personaggio davvero ben tratteggiato, irrisolto nella sua fede, contrastato dalle certezze altrui, capace però di ponderare sempre il suo dubbio, di mettersi in discussione, di tentare di capire anche quando è evidente che ciò che accade è pura follia. Shiloh è vittima di un manipolatore che la mette in pericolo e soprattutto mette a rischio la vita del piccolo Isaac, ritenuto dal predicatore, di cui si è innamorata, un guaritore. Ispirato ad un fatto di cronaca, il romanzo non risente per niente della matrice cronachistica e non è nemmeno affidato ai toni melodrammatici o alla suspense che avrebbero potuto farlo scadere al rango di uno scritto scontato e prevedibile. Il dramma è sempre sullo sfondo, allontanato, dilatato, irrisolto; più importante è invece perdere lo sguardo nei rapporti interpersonali, scandire i fatti con il susseguirsi delle stagioni, avere il tempo di respirare la natura, la vita, le sue gioie e i suoi dolori. Convincente.