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Uomini di poca fede Uomini di poca fede

Uomini di poca fede

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Adorare è sempre sembrata una parola forte a Lyle Hovde, ma certe giornate di primavera Lyle le adora davvero. Sono quelle in cui prende il pick-up e guida lungo il Mississippi per raggiungere il frutteto in cui lavora, il nipotino Isaac di cinque anni a fargli compagnia con il suo infinito chiacchiericcio. Isaac è il bimbo di Shiloh, la figlia adottiva di Lyle e della moglie Peg, appena tornata a vivere a casa dei genitori dopo un lungo periodo di lontananza e di ribellione. Era stato difficile separarsi da Shiloh, ed essere di nuovo riuniti sotto lo stesso tetto rende Lyle sereno e riconoscente. Per questo, quando viene a sapere che Shiloh è diventata seguace di una chiesa radicale e vuole trasferirsi con il piccolo Isaac a vivere assieme al pastore che la guida, Lyle vorrebbe fare il possibile per impedirglielo. Tanto più che i due fondamentalisti – Shiloh e il prete – sembrano avere strane convinzioni legate al bambino, e cioè ritengono che Isaac possieda il dono sovrannaturale di guarire i malati. Ma come si fa a disapprovare qualcuno che si ama così intensamente? Di fronte alla figlia che rifiuta il suo sostegno, Lyle si sente impotente. Solo quando il fanatismo religioso minaccerà da vicino la salute del nipote, Lyle si troverà costretto a fare una scelta che metterà a rischio l’intera famiglia. Dopo il successo di Shotgun Lovesongs e Il cuore degli uomini, Nickolas Butler si ispira a un evento realmente accaduto per raccontare una nuova storia ricca di umanità. Il narratore dell’America rurale, ormai diventato scrittore di culto, conferma la sua rara bravura nell’affrontare temi universali trasformandoli in sensazioni concrete, come l’odore della polvere e della benzina, la vista a perdita d’occhio sui campi del Wisconsin, e i solchi profondi che l’amore scava dentro ognuno di noi.



Recensione della Redazione QLibri

 
Uomini di poca fede 2020-02-14 20:12:26 siti
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
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3.0
siti Opinione inserita da siti    14 Febbraio, 2020
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Nel cuore degli uomini

Wisconsin, nel Midwest, nel cuore della regione dei Grandi Laghi, un piccolo paese del Wisconsin in realtà, spopolato, abitato solo da vecchi, gente semplice, lavoratori in pensione, mariti e mogli con alle spalle solide unioni matrimoniali o amari fallimenti. Un luogo piccolo, dove tutti si conoscono, dove la comunità intreccia il proprio vissuto con le gioie o i dolori degli altri. Un luogo fatto di piccoli semplici gesti, sguardi schietti, rare le espressioni più vive d’affetto, arrivano solo quando è veramente necessario. Lyle, il sessantenne protagonista, vive qui con la moglie Peg e da poco, i due coniugi, ospitano la figlia adottiva e il suo bambino, Isaac, gioia pura per il nonno che aveva perso il suo unico figlio maschio di nove mesi. Pochi amici, ma veri e preziosi. Un lavoro per tenersi vivo, la cura di un frutteto di un’anziana coppia cui presta il lavoro non tanto per la retribuzione quanto per l’amore per i meli che vi abbondano, fragili e delicati nel fiore e nel frutto: una varietà unica e preziosa. Le vicende personali della figlia Shiloh portano nel cuore della famiglia le ombre dell’incomprensione, le distanze dell’ insicurezza, aprono ferite che un tempo si erano rimarginate; sono decisioni adulte, percorsi individuali, quelli che un genitore, pur disapprovando, non può contrastare perché correrebbe il rischio di allontanare per sempre l’amore di un figlio trascinando in questa deriva anche gli altri affetti, la moglie, il nipote. È dunque il romanzo di Lyle, personaggio davvero ben tratteggiato, irrisolto nella sua fede, contrastato dalle certezze altrui, capace però di ponderare sempre il suo dubbio, di mettersi in discussione, di tentare di capire anche quando è evidente che ciò che accade è pura follia. Shiloh è vittima di un manipolatore che la mette in pericolo e soprattutto mette a rischio la vita del piccolo Isaac, ritenuto dal predicatore, di cui si è innamorata, un guaritore. Ispirato ad un fatto di cronaca, il romanzo non risente per niente della matrice cronachistica e non è nemmeno affidato ai toni melodrammatici o alla suspense che avrebbero potuto farlo scadere al rango di uno scritto scontato e prevedibile. Il dramma è sempre sullo sfondo, allontanato, dilatato, irrisolto; più importante è invece perdere lo sguardo nei rapporti interpersonali, scandire i fatti con il susseguirsi delle stagioni, avere il tempo di respirare la natura, la vita, le sue gioie e i suoi dolori. Convincente.

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