Una storia d'amore
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La canzone del sor Camillo
La Samarra, un passo sopra al nulla e qualche gradino sotto a una fazenda, da quattro anni Manuelzone lavora senza tregua.
Rade baracche, pochi abitanti, il ritrovo del bestiame che nemmeno gli appartiene, nondimeno si è fatto un nome quest’uomo dalle grandi mani. Ha eretto pure un tempio nella Samarra, in memoria della madre defunta. Una minuscola cappelletta di fango con una croce sul capo, sull’altarino l’immagine – bruttina – di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso.
Avrebbe organizzato una festa Manuelzone, con bevande e cibo per tutti gli strambi abitanti di quel Sertao dal cielo così azzurro da non essere un cielo qualunque, ma proprio il cielo popolato dagli angeli.
Un brusio continuo di comari e pastori, che si avvicendano portando improbabili doni da offrire alla Madonna. E poi che festa sudamericana sarebbe se la messa non fosse preceduta da una processione al lume di candele di sego, nella buia notte rischiarata dalla luna. Anche i cani si uniscono latrando, gli zebù respirano silenziosi ed il frinire dei grilli che rimbomba suggestioni.
Le feste non sono fatte per finire, ma per essere ricordate.
Breve romanzo di Guimaraes Rosa nel cui Grande Sertao ancora sprofondo felice, la trama è meno elaborata rispetto al suo lavoro più famoso, eppur il racconto sempre così piacevole.
Incantevole la sua tecnica di proporre personaggi che pare nascano dagli abissi delle pagine, senza che il lettore si accorga del loro emergere e rubare la scena. Sono molti i soggetti che si muovono tra le righe, eppure è facile ricordarsi di loro e non restare confusi dal loro avvicendarsi.
Una penna spumeggiante di realismo sudamericano, luoghi e leggende appannaggio non di tutti i lettori forse, ma imperdibili per chi ami i grandi narratori latinoamericani del Novecento.
Anneghiamo, languidi e felici, travolti dall’onda d’ossimoro “di quell’allegria forte, cantando e ballando motivi di tristezza.”