Una buona madre
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Scelta e destino
Catherine Dunne ambienta una trama al femminile nel cuore della cattolica Irlanda, ragazze madri abbandonate, condannate all’ isolamento, ripudiate dalle proprie famiglie, trasferite in istituti di correzione, figli strappati a una inadeguatezza presunta, adottati e cresciuti altrove. Vite che attraversano cinquant’anni, un capitolo amaro e deprimente della storia del paese.
Betty, Tess, Maeve, Belle, Eileen, Joanie, donne diversamente uguali, un legame circolare inconsapevole in un tempo sentimentalmente condiviso, hanno vissuto l’ impossibilità di essere madri, ricercato un figlio sottratto, cambiato nome, ricostruito una vita, inseguito gli affetti perduti, sofferto per gli errori dei figli.
La poetica della Dunne, da sempre costruita su relazioni famigliari ristrette e intensi rapporti personali, scandita da una prosa omogenea, lineare, diretta, in questo romanzo riflette il coro di voci di migliaia di madri non madri sconfitte in un esilio forzato, costrette a espatriare nella vicina Inghilterra per ricostruirsi una vita e aggiunge un’ altra voce, la propria, che rivela il dolore della perdita ( personale ) e denuncia le storture e le torture di un periodo storico siffatto.
Ciascuna di loro ha una storia da raccontare, un tempo interiore scandito da una propria trama sentimentale, il flusso di una dolorosa presenza condivisa, quel soffio materno che le spinge a sperare.
Passato, presente e futuro, le situazioni cambiano, non l’ amore e gli occhi imploranti di una madre, la relazione elettiva con i figli, un tempo perduti, oggi lontani, mentre la memoria rivive le violenze subite e il trauma della separazione e della lontananza non può sottrarsi al desiderio.
Alcuni legami rimangono, fili intrecciati di un amore, altri si vorrebbero preservare e cambiare, sperando in un vita diversa.
Una madre che non voleva esserlo (Tess), un’ altra in crisi di coscienza ( Betty), il terrore di perdere una figlia ( Maeve ), la ricerca di un figlio ( Joanie ), una donna in difficoltà ( Belle ), il dolore dell’ affidamento e il desiderio di rimediare ai torti subiti ( Eileen), una giovane violata ( Amy ).
Le spirali della memoria le avvolgono e si intersecano, nessuna separazione tra passato e presente, un tempo che ha messo radici dentro di se’. I torti subiti possiedono precise radici storiche, religiose, famigliari, di stato, rivivono nel presente in una nuova dimensione ristretta, una violenza privata taciuta ma altrettanto grave, che riguarda come allora la violazione della sensibilità femminile.
Un esercito di donne perdute intimamente connesso, una comunione sentimentale, vite vissute, agognate, rincorse, perdute, accomunate dal desiderio di conservare e preservare il proprio nucleo famigliare.
Oggi vi è un incontro inatteso tra due donne invecchiate che non si vedono da tempo, le circostanze sono cambiate ma la violenza è rimasta. Se Tess rimugina sul quello che non ha mai avuto, una vita con obiettivi precisi diversa da quella sembianza di brava figlia che è stata, Maeve ha cambiato nome per sopravvivere. Eileen, Maeve e Belle sono chiamate a condividere la stessa sorte, madri adolescenti con un futuro da scrivere, tre donne e un destino, una sola famiglia.
Ritornando alla propria storia, a tutte quelle che non conosciamo o non vogliamo conoscere, che fingiamo di non sentire, che ci piace credere non abbiano a che fare con noi, si può provare una folle sete di vendetta, così come quarant’anni di dolore improvvisamente scompaiono in un abbraccio e in un ritorno che tutto finalmente placa.
Voci parlanti, che continuano a farlo in un paese affetto da un silenzio inutile, che non ha mai perdonato figli illegittimi e donne perdute. E allora come ricominciare, dopo un periodo di isolamento da Coronavirus che ha acuito silenzio, paura, diversità, lontananza, la condivisione parte dall’ ascolto, l’ idea di futuro dal perdono, il vero amore insegue la verità, non dimentica, protegge i deboli, concede e si concede un’ altra possibilità.