Un uomo da marciapiede
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Lo squallore della solitudine tra la folla
Joe Buck è un giovane texano di venticinque anni, ma con le esperienze e l’ingenuità di un teenager di provincia e neppure troppo sveglio. Nella sua vita affettiva sono sempre state assenti le figure di riferimento: padre totalmente ignoto, madre incerta (!!), nonna raramente presente. Sporadiche e superficiali pure le relazioni amorose. Ma è belloccio, aitante e sa far bene l’amore. Dopo aver subito una scioccante esperienza per la crudele beffa tramata ai suoi danni da colui che reputava essergli amico, decide di dare un taglio netto al passato e di trasferirsi a New York per fare ciò lui crede di saper fare bene: incantare le donne tra le lenzuola. Purtroppo la realtà che troverà sarà assai diversa dalle sue aspettative. La sua candida inesperienza ne fa il bersaglio ideale di profittatori e truffatori. In breve i pochi soldi che aveva con sé si esauriscono e la carriera da gigolò non parte. Pure il suo bel guardaroba da cowboy metropolitano finisce sequestrato per insolvenza. Ridotto a una vita randagia il solo che saprà stargli accanto è Rico (Zozzo) Rizzo, un ragazzotto italo americano piccolotto, storpio e malaticcio. Nonostante sia stato uno dei primi ad approfittare di Joe, ne diverrà amico e confidente e con lui dividerà alloggio ed espedienti nel tentativo di tener lontani la fame, il freddo e la solitudine che spazzano le strade della Grande Mela. Da quel momento Joe e Zozzo diverranno una coppia inseparabile sino alla tragica, struggente separazione che farà da epilogo alla storia.
Avevo un lontano ricordo della strana coppia cinematografica: il lungo Jon Voight, fasciato in una giacca di pelle a frange, e il piccolo, sciancato Dustin Hoffman, che gli saltellava a fianco come un grillo zoppo. Avevo visto il film un paio di volte, in una versione televisiva probabilmente super censurata, e mi aveva lasciato addosso una profonda malinconia, ma pure la sensazione che fosse una bella storia di amicizia e solidarietà tra uomini.
Ho voluto verificare quelle atmosfere leggendo il romanzo dal quale il regista John Sturges aveva tratto il film vincitore di tre premi Oscar.
Giunto alla parola fine sono restato con un sapore amaro in bocca e una sensazione d’angoscia nel petto.
La vicenda è oltremodo deprimente e scoraggiante. Ci si irrita per l’incommensurabile, deprecabile ingenuità del povero Joe, che non impara mai dai propri errori, ma li ripete con insistita pervicacia aggiungendone continuamente dei nuovi. Si subisce come una malattia la desolazione delle situazioni in cui si muove. Si rimane quasi infettati dallo squallore in cui i due compari si dibattono disperatamente, come catturati da sabbie mobili che non riescono a scrollarsi da dosso. Si giunge ad odiare l’ambiente surreale in cui vivono.
Insomma il libro è tutt’altro che gradevole. Il confortante tepore, che la pretesa amicizia tra Joe e Zozzo dovrebbe infondere, è quasi impercepibile, mentre opprimente e invasivo è il senso di disperata solitudine che pervade ogni cosa, anche nei momenti in cui i due protagonisti sono immersi nella folla eterogenea. Anche quando cercano di consolarsi e sostenersi a vicenda.
Sotto questa prospettiva il libro è potente, i messaggi che ci invia sono soffocanti, angoscianti, ma decisamente chiari e univoci. Innanzi tutto, come afferma uno dei personaggi secondari della storia, non c’è beatitudine per coloro che sono soli. Poi, ancora più terribile, il mondo, la società in cui viviamo è una belva feroce, priva di pietà; è costantemente in agguato per predare i deboli e gli indifesi e sbranarli nelle sue fauci insaziabili.
Messaggio chiaro, ripeto, ciò nonostante ho avuto l’impressione che tra le righe si nasconda qualcosa di volutamente artificiale, eccessivo. Anche lo stile adoperato non mi ha convinto del tutto: spesso è asciutto e diretto, sin troppo crudo. Talvolta, all’opposto, diviene eccessivamente suggestivo, immaginifico, l’equivalente letterario dell’impressionismo pittorico. Le parole sono usate non tanto nel loro proprio significato, ma per l’effetto che il loro suono produce in noi. Il risultato finale è un’armonia distonica che ben trasmette i mutevoli stati d’animo, che dipinge i continuamente variabili contesti che si vogliono evidenziare, ma, nel contempo, appare un po’ troppo costruita, artefatta.
Insomma un bellissimo libro, non si può negarlo, ma pure un’opera problematica, che suscita dubbi e perplessità. Sicuramente non un romanzo facile che rasserena e arreca piacere al lettore, ma un’opera che fa pensare. E i pensieri che suscita sono spesso cupi e demoralizzanti.
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New York e le luci spente
Se si pensa a New York, si immaginano miriadi di luci, che illuminano per ogni dove.
E' una città leggendaria, che è nell'immaginazione collettiva mondiale, sin da quando si è ragazzini.
Naturalmente è stato il cinema ha rendere un mito questa città dalle mille contraddizioni.
A mio parere sono tre i film degli anni 70 che la rappresentano per quella che è veramente, cioè una megalopoli piena di contraddizioni e dove il famoso sogno americano è naufragato per sempre.
I film sono: "un uomo da marciapiede", "taxi driver", "serpico" e non ha caso sono rispettivamente interpretati dai più grandi attori viventi: Hoffman, De Niro, Pacino.
Doverosa premessa, anche se qui si parla di libri, per ricollegarmi appunto a questa opera un po di nicchia che però a mio avviso è una gemma che andrebbe letta, per la perfezione con cui descrive la città dalle mille luci e la spietatezza con cui distrugge tutti coloro che non hanno le risorse per poterci vivere.
E' un libro molto bello e allo stesso tempo spietato come nessun altro. E' da cui è stato appunto tratto un vero capolavoro con l'immenso Dustin Hoffman e il padre della Jolie: Jon Voight.
E' la storia di due anime che si incontrano fra i meandri della Grande Mela. Sono due reietti dimenticati da tutti che cercano disperatamente di rimanere a galla giorno per giorno.
Eppure malgrado la profonda disperazione che li attanaglia, la fame, il freddo, l'anomia cittadina, riescono, facendosi coraggio l'un con l'altro a creare una amicizia profonda e meravigliosa, non guastata da ipocrisie e interessi.
Ecco forse è proprio questo uno degli elementi più importanti dell'opera: la vera pura amicizia, quella che magari aspiriamo per tutta la vita e che ci lega per sempre a un altra persona.
E' un libro molto potente, per certi versi illuminante e soprattutto tratta in maniera esaustiva e senza retorica due dei maggiori incubi che attanagliano l'umanità e che poi inevitabilmente la rendono cinica, spietata e volta solo a fare il proprio interesse: la solitudine e la miseria. Se poi ci aggiungiamo pure la malattia e la morte (ma questa è comunque inevitabile) il quadro è completo.
Eppure malgrado il destino dei protagonisti appaia segnato, risorge una piccola fiammella di speranza.
Un altro tema che viene ampiamente affrontato è quello dell'alienazione che le persone hanno quando vivono in contesti sociali estremi come quelli delle grandi metropoli, dove i ritmi sono serrati, la gente distratta e spesso impaurita, dove appena si esce da casa e si volta l'angolo già si è sconosciuti fra sconosciuti.
Piccola nota a margine, il libro l'ho trovato per puro caso tra gli usati di una famosa libreria di Roma. Ho pagato 1 euro per averlo. Ancora oggi quando me lo osservo e me lo coccolo sfogliandone con cura le pagine un poco ingiallite, non posso che pensare, che quell'euro per comprarlo e stato il meglio speso della mia vita.
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Colazione da Tiffany
L'inguaribile e pericolosa verginità del sognato
La storia è incantevole. Un ragazzo di 25 anni cresciuto senza conoscere i genitori, con la nonna più frivola che si possa immaginare e con nessun amico o affetto vero, si ritrova solo alla morte della nonna, senza conoscere l'ABC del mondo, incapace di capire a fondo gli altri e di valutarne intenzioni e azioni. Joe è un inguaribile sognatore e inseguendo i suoi sogni prende la prima corriera che lo dovrebbe portare alla conquista di una vita piena di belle sorprese, una specie di paese dei balocchi. La sua idea è quella di sfruttare la prestanza fisica per trovare una donna bella e matura che lo mantenga e lo coccoli. Una donna simile alla bionda madre di cui ha solo un vago ricordo. In realtà il terribile candore con cui si affaccia al mondo della strada e la difficoltà a comprendere le intenzioni degli altri gli procurano guai e delusioni a non finire. Di disillusione in disillusione, a proprie spese impara qualcosa del mondo, trova quello che cerca, cioè qualcuno da amare. Piano piano grazie alle disavventure capisce cosa vuole veramente, quel cosa-vuole-veramente che all'inizio della storia non riesce a spiegare al terribile Percy e che gli frutta la sua prima drammatica esperienza (che quindi ha anche un valore simbolico).
La storia è bellissima e la scrittura efficace e intensa. Riesce a toccare il cuore senza risultare mai patetica e melensa. Il modo di descrivere i vari episodi è sempre interessante e suggestivo.
Ai personaggi poi ci si affeziona dalla prima riga.
Bella anche l'idea della corriera che segna ogni volta il percorso interiore di Joe, un viaggio nell'anima.