Un marito all'ora del tè
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 3
Tè in compagnia
Pubblicato nel 2013 dalla casa editrice Giunti, questo libro si propone con un titolo assai infelice che, di primo acchito, trasmette un messaggio non corretto in merito al contenuto dell'opera, di certo non classificabile come romanzo rosa. Il titolo originale, "Together Tea", infatti, risulta di gran lunga preferibile a quello imposto maldestramente all'edizione in lingua italiana dal momento che il tè in questione non è soltanto quello offerto a un potenziale marito nell'ambito di possibili nozze combinate, ma è anzitutto quello – come emerge a poco a poco nel corso della narrazione – del più autentico rituale di accoglienza della tradizione persiana, lungi da reconditi scopi matrimoniali, così come finisce per essere anche il tè che una madre desidera prendere in compagnia della propria figlia diventata ormai una donna adulta.
L'autrice, Marjan Kamali, ha origini iraniane e vive da lungo tempo negli Stati Uniti. In questo suo romanzo d'esordio racconta una storia per la quale, seppur di fantasia, potrebbe aver tratto ispirazione anche dalle sue stesse vicende personali, essendo probabile che abbia conosciuto l'Iran del dopo shah.
Sullo sfondo della multietnica New York, metropoli che l'ha accolta tanto tempo prima, la famiglia Rezayi si è rifatta una vita lavorando duramente dopo essere fuggita dal regime degli ayatollah, e considera ormai gli Stati Uniti come una seconda casa; in Iran sono rimasti i lutti e le macerie della disastrosa guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein, nonché le delusioni della rivoluzione tradita.
Mina, la figlia più giovane, a venticinque anni non ha abbandonato i suoi sogni d'artista, mentre Darya, sua madre, non rinuncia all'idea di trovarle un marito, ostinandosi a organizzare incontri con rispettabili uomini iraniani della diaspora, tutti prescelti dai calcoli dei suoi fogli elettronici. Come succede in genere a chi è emigrato, Mina s'interroga sulla propria identità e sente la sua esistenza come in bilico tra due culture molto diverse tra loro, tra un Occidente e un Oriente la cui poesia è andata in apparenza perduta.
"[...] Una parte di lei era sempre rimasta legata al suo luogo di origine, come sospesa. E se il paese e la storia che i suoi genitori amavano fossero stati ancora sepolti là? E se fosse riuscita a recuperarli? Aveva sempre desiderato conoscere l'Iran in cui era cresciuta sua madre, anziché quello da cui erano dovuti fuggire. Avrebbe potuto ritrovarlo e ricostruirlo da adulta?[...]
Per sua madre la nostalgia di casa è una certezza:
"[...]Una parte di Darya si era sempre vergognata della nostalgia dell'Iran. Come mai sentiva la mancanza di un luogo pieno di leggi spietate e di tristezza infinita? Perché non c'erano solo quelle [...]. Perché la poesia esisteva ancora. [...] E perché quel posto era casa. Casa sua. [...]"
Il desiderio di ritrovare affetti e legami spezzati, così come qualcosa di sé in patria, porterà d'improvviso le due donne a fare ritorno per un breve soggiorno in Iran, dove le regole della Repubblica islamica sono sempre state dure da sopportare. Il viaggio sarà occasione per ripercorrere le vicende passate attarverso un lungo flashback e, nel contempo, iniziare a fare i conti con una imprevedibile sorpresa. Le due coprotagoniste, madre e figlia, ognuna con il proprio modo di vedere la vita frutto di generazioni ed esperienze differenti, animano alla perfezione una trama in cui trovano giusta collocazione anche altri personaggi, da quello di Parviz, padre e marito di larghe vedute, a quello di Bita, amica d'infanzia dallo spirito ribelle che nemmeno da adulta desiste dallo sfidare le vessazioni fondamentaliste, da quelli delle amiche del ristretto circolo matematico di Darya, a loro volta immigrate, a quello della nonna Mamani, scomparsa tragicamente sotto i bombardamenti di Teheran.
A dispetto dei tanti stereotipi e pregiudizi tuttora esistenti, l'altra grande protagonista di queste pagine è immancabilmente l'affascinante terra di Persia (sebbene parte delle vicende narrate si svolga in America), con i minareri e le cupole delle sue spettacolari moschee, la silenziosa maestosità delle rovine di Persepoli, i profumi penetranti delle spezie, l'antica poesia dei suoi ghazal, il grande desiderio di libertà della sua gente di cui si fa portavoce l'ottima scrittura della Kamali.
Un libro davvero molto bello che conquista e coinvolge il lettore, sia per la storia in sé che per l'abile stile narrativo. Un romanzo che parla di sentimenti, di famiglia e dell'importanza delle radici. Lettura consigliata!
In anni più recenti, Marjan Kamali ha pubblicato un secondo romanzo, “The Stationery Shop”, di cui al momento, stando al sito della scrittrice, esistono soltanto le versioni olandese e britannica. Quando apparirà la traduzione italiana, si spera vivamente in un titolo più proponibile e aderente all'originale rispetto a quello dato a “Together Tea”...
Indicazioni utili
Evoluzione del rapporto madre-figlia tra radici e
IL titolo può trarre in inganno e far sembrare il romanzo uno di quelli dal contenuto frivolo. Non è così perché, partendo dall'antica usanza iraniana di organizzare un matrimonio combinato tra la figlia e un iraniano di buona famiglia con cui sposarsi e fare la moglie e la madre, il romanzo racconta l'evoluzione del rapporto tra madre e figlia dapprima negli USA, dove la famiglia è emigrata dall'Iran per sfuggire alle atrocità della guerra, e poi in un viaggio in Iran alla riscoperta del luoghi natii delle protagoniste, madre e figlia. E' molto interessante e piacevole da leggere, racconta la difficile vita da emigrati negli USA e la stessa difficoltà di chi è rimasto in Iran nel periodo di guerra e persecuzione.
Indicazioni utili
Amore e guerra, bevendo tè e mangiando baklava
Un romanzo fantastico per riscoprire come gestire, con simpatica tenerezza, gli alterchi e le differenti aspettative nel rapporto madre-figlia, ma anche un modo per conoscere lo stile intensamente magico ed umoristico con il quale la scrittrice iraniana, Marjan Kamali, ci parla del suo Paese e di come i migranti, sfuggiti al governo rivoluzionario di Saddam, continuano a vivere nel resto del mondo. In particolare, il romanzo approfondisce il tema “caldo” dei rapporti USA-Iran.
Le protagoniste sono due.
Mina è una ragazza di 25 anni, nata a Teheran e vissuta, negli ultimi 15, a New York, di cui ha imparato tutto, ma che non sente completamente sua.
Darya è la madre laica e progressista di Mina che in America ha portato con sé tutto l’amore per le tradizioni e la cultura del suo Paese, nel quale spera di ritornare.
L’America è stata per entrambe, Darya e Mina, un rifugio sicuro, come per il resto della loro famiglia: il marito Parviz, e i due, rispettivamente, figli e fratelli maggiori. L’America ha dato loro la possibilità di vivere liberamente, senza restrizioni o limiti. Ha dato autonomia lavorativa, con ottime possibilità, e libertà di espressione e opinione, senza una vita di continui pericoli o privazioni.
Il titolo “Un marito all’ora del tè” è simpaticissimo e riguarda l’ardire di Darya nel voler rispettare un’antica usanza iraniana, quella del matrimonio combinato, per offrire alla figlia, in dono, un marito, così come, a suo tempo, sua madre lo aveva organizzato, o meglio “incoraggiato”, per lei. Ma Mina è diventata una ragazza occidentale e trova terribilmente imbarazzante e inutile la cerimonia del tè, durante la quale incontrare, di volta in volta, il candidato aspirante marito, selezionato con cura da sua madre.
Il romanzo è datato 1996 e si compone di tre parti. La seconda, però, narra il passato, il 1978 a Teheran e l’infanzia di Mina che descrive, con gli occhi di lei bambina, com’è cambiata la vita lì, nel periodo in cui è arrivato Saddam, e come ci si è dovuti abituare al regime e all’orrore dei bombardamenti e alla progressiva perdita della libertà, fino ad essere costretti alla fuga.
Un marito all’ora del tè è anche un romanzo che parla di religione (“è una stampella per i deboli. È una via di fuga. Un’illusione. Un mezzo per farsi manipolare”) e di politica (“Il pendolo oscilla. Da un estremo all’altro. Gli uomini esprimono sempre le loro idee attraverso le donne”).
È un romanzo con il quale ridere e piangere, che, con lo stile della commedia romantica, descrive la cultura, i colori, i profumi e la realtà dello spaesamento vissuto dai migranti, costretti ad abbandonare la loro Patria per adattarsi a vivere altrove. L’integrazione è sempre difficile e, nonostante l’apparente inserimento, manca sempre quel qualcosa che si acquisisce dalla nascita, quel senso di “sentirsi come a casa”.
Darya non ha il coraggio di dire al marito che vorrebbe rivedere la sua casa e i parenti lasciati a Teheran, mentre Mina ha bisogno di quel viaggio per riscoprire le sue radici e compiere quella che sarà la scelta più importante della sua vita.