Un anno terribile
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Siamo tutti Dominic Molise
Un romanzo molto breve ma intenso.
Nelle mie letture recenti sto riscontrando quanto esistano autori capaci di condensare in un limitato numero di pagine una gran quantità di cose, riuscendo a essere incisivi e a lasciare un segno nella mente del lettore. È il caso anche di John Fante col suo “1933. Un anno terribile”, che ha come protagonista Dominic Molise: un ragazzo italo-americano che vive nella piccola (e limitante) cittadina di Roper: in Colorado. In mezzo a un circo delle mediocrità, Dominic sente sé stesso già fuori posto e destinato a un più brillante destino grazie a quello che considera un dono di Dio: il Braccio, come lo chiama lui. Il Braccio, con la bi maiuscola come riferendosi a una persona in carne ed ossa, o a un’entità fornita d’una propria e specifica volontà che è una soltanto: diventare uno dei più grandi lanciatori della storia del baseball. Volontà che, ovviamente, coincide con quella di Dominic.
Ma quanti ostacoli si frappongono al sogno di Dominic? Una nonna emigrata che non è mai stata in grado di integrarsi e sfoga la sua frustrazione nel continuo inveire contro chiunque; una madre molliccia, totalmente succube del marito e di Dio; un padre disoccupato, donnaiolo, che ha già scelto per Dominic riguardo al suo futuro. Ma Dominic non ci sta, Dominic vuole inseguire il suo sogno a ogni costo: è convinto dei propri mezzi, il Braccio ne è convinto. Ma spesso, i mediocri possono farci credere di non essere abbastanza, che un dono evidente sia solo frutto d’una sopravvalutazione di noi stessi, che ci sono cose più importanti e “sicure” a cui dedicarsi.
Quanto c’è di Dominic in tutti noi? È un personaggio che, devo dire, ho sentito piuttosto vicino. Chi di noi, infatti, non insegue un sogno? Certo, qui si tratta d’un sogno prettamente giovanile, caratterizzato da fattori periferici tipici di quell’età, come l’amore non corrisposto per una bellissima ragazza, Dorothy. Tuttavia riscontriamo anche fattori più “adulti”: la ricerca del successo e del denaro per fuoriuscire da una condizione miserevole, nella quale la Fortuna ci ha dato i natali; la voglia di rivincita verso la Fortuna stessa e verso coloro che, trattati da essa con più clemenza, ti guardano dall’alto in basso e non ti considereranno mai degni di loro. Che gioia sarebbe sovvertire tutto questo, solo con la forza del proprio Braccio o del proprio Intelletto! Ma spesso la vita, i mediocri, coloro che non ce l’hanno fatta, ti tengono giù anche quando avevi le potenzialità per spiccare il volo. A volte i sogni si raggiungono solo quando “non si ha altra scelta”, quando il raggiungimento di quei sogni è una questione di vita o di morte. È così per Dominic, deve esserlo anche per noi?
“Ero steso in quella notte bianca e guardavo il mio respiro che formava nubi di vapore. Sognatori, eravamo una casa piena di sognatori. La nonna sognava la sua casa nel lontano Abruzzo. Mio padre sognava di essere senza più debiti e di fare il muratore a fianco di suo figlio. Mia madre sognava la sua ricompensa celeste con un marito allegro che non scappava via. Mia sorella Clara sognava di fare la suora, e il mio fratellino Frederick non vedeva l’ora di crescere per diventare un cowboy. Se chiudevo gli occhi riuscivo a sentire il ronzio dei sogni per tutta la casa, poi mi addormentai.”
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Eravamo una casa piena di sognatori
In questo romanzo praticamente perfetto di John Fante Il 1933 è davvero Un anno terribile (“Siamo nei guai… dobbiamo soldi a tutti”) per il giovane Dominic Molise e per la sua famiglia italo-americana.
Dominic, come il Bandini della saga di Chiedi alla polvere, sogna a occhi aperti (“I Chicago Cubs… I miei futuri compagni di squadra”) e, nel delirio del sogno, dialoga con il suo Braccio, strumento necessario per la realizzazione del sogno.
Sotto le pressioni di una nonna arzilla e impicciona che non si rassegna alla condizione di emigrata (“Tutti i ragazzi di diciassette anni dovrebbero confessarsi almeno due volte al giorno”), con una mamma-matriarca che rimane in secondo piano (“Mettiti la calza. E continua a pregare”) e l’immancabile padre semi-disoccupato e dongiovanni (“Ci manteneva giocando a biliardo, in inverno”), Dominic ne combina di ogni colore: scopre il sesso (“Spaventosa come un nido di topi… ), va all’assalto di Dorothy Parrish, sorella dell’amico, concepisce un folle piano per realizzare il suo sogno di gloria (“La betoniera… l’abbracciai e la baciai, e piansi per mio padre e tutti i padri, e anche per i figli, perché eravamo vivi in quell’epoca, per me stesso, perché sarei dovuto andare subito in California, e non avevo scelta, dovevo farcela”).
Questo romanzo è un autentico spasso. Imperdibile per i cultori di Fante, può ben rappresentare un ottimo inizio per chi non abbia mai letto l’autore.
Giudizio finale – citazione: “Sognatori, eravamo una casa piena di sognatori”, John Fante
Bruno Elpis
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Capolavoro
Il 1933 per tutti è un anno come tanti altri ma non per Dominic Molise, perché seppur ancora diciassettenne, prende consapevolezza proprio in quel momento che vuole per se stesso un futuro ben diverso da quello di muratore, come suo padre.
Dominic Molise sogna infatti di poter giocare a baseball e ottenere un contratto nella League, perché ha talento e possiede un lancio unico, merito di quel suo Braccio che tratta come se fosse una persona: coccolandolo, curandolo e confessandosi a cuore aperto.
Ma Dominic Molise è nato in una famiglia povera e sa bene che quel suo sogno ha un prezzo che attualmente non può permettersi di pagare ma il ragazzo è disposto a tutto, anche a compiere una sciocchezza, pensando poi di poter riparare una volta ottenuto quel tanto agognato contratto.
All’improvviso però qualcosa sembra redimerlo dai suoi diabolici intenti e ora a desiderare con lui un futuro diverso c’è anche quel suo padre attaccabrighe e scansafatiche che per la prima volta si schiera dalla sua parte pur di vedere felice quel figlio talentuoso e sognatore!
Ennesimo capolavoro del grandissimo John Fante!