Un'aria da Dylan
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Nel dedalo del surreale e grottesco
Il narratore è uno scrittore che ha deciso di smettere di scrivere e addirittura di non parlare più. Nell’attesa di questo suo proposito ci racconta di un bizzarro personaggio somigliante a Bob Dylan: Vilnius Lancastre figlio di Juan Lancastre famoso e apprezzato scrittore. Lo scrittore viene invitato in Svizzera per partecipare ad un congresso il cui tema centrale era su “fallimento e letteratura”. Allo stesso convegno partecipa Vilnius per sostituire il padre deceduto da alcuni giorni. A Vilnius non interessa la letteratura, lui è un cineasta che non ha avuto successo anzi si può dire che tutto ciò che fa è proiettato verso l’insuccesso ed il fallimento, inoltre non avendo esperienza nella vita letteraria decide di presentarsi al congresso con una relazione scritta dal titolo ambiguo: Teatro della realtà. L’unica ragione di vita di Vilnius è quella di girare un film sul fallimento e pertanto aveva creato un Archivio Generale del Fallimento. Tra le altre stranezze, insieme alla sua ragazza Debora (ex amante di suo padre), voleva fondare una Lega di emuli di Oblomov. Inoltre, soggiogato dalla frase: “Quando fa buio abbiamo sempre bisogno di qualcuno”, che aveva ascoltato guardando un vecchio film e che, in un primo momento, l’aveva attribuito a Francis Scott Fitzgerald in quanto partecipe alla sceneggiatura insieme ad un altro scrittore. Dopo avere scoperto, che oltre a questi due, altri avevano partecipato alla sceneggiatura decise di fare una ricerca per conoscere il vero autore della frase. Il modo di vita di Vilnius è confuso, se a questo si aggiunge che a causa di una caduta, ha nella sua mente delle intrusione dello spirito paterno che sembra infilare i suoi ricordi nella memoria di Vilnius, ci rendiamo conto di essere in presenza di un personaggio surreale. Lo scrittore, che non ha voluto comunicare a nessuno la sua decisione di smettere di scrivere, incuriosito dalla figura di Vilnius decide di soprassedere accettando la proposta di scrivere le memorie apocrife di Juan Lancastre ma, anche questo proposito fallisce. Enrique Vila-Matas ci conduce in un susseguirsi di avvicendamenti surreali e grotteschi, in alcuni dialoghi, tra i protagonisti, assistiamo ad un ritmo incalzante, siamo inondati di citazioni, innesta il racconto degli autori frustati dal sistema hollywoodiano con quello delle avanguardie europee, la tragedia di Amleto con le indagini di Marlowe. Una chicca del romanzo è il “Circolo di Interrompitori Lancastre” dove i soci, lettori accaniti, si riuniscono nella libreria “Bernat” per fare omaggio a Juan Lancastre e dove Vilnius avrebbe presentato il suo “Teatro trappola per topi”; la caratteristica del circolo è che i soci possono interrompere il relatore in qualsiasi momento. Ormai mi sono rassegnato, ogni volta che decido di leggere un libro di Vila-Matas so di entrare in un dedalo e quest’ultimo romanzo mi ha dato l’ennesima conferma di un autore dalla sofisticata maestria.