Truciolo Truciolo

Truciolo

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Il cane che "il signore" regala alla "signora" la vigilia di Natale, ancora sudicio di fango e paglia, ha un pedigree quanto mai incerto e un gran brutto carattere: non è quel che si dice una bestiola mansueta e dimostra sin dalla più tenera età una radicale insofferenza per qualsiasi disciplina. Sarà propri a causa del suo caratteraccio se i rapporti tra lui e il signore, inizialmente improntati a una virile, calda complicità, giungeranno a un epilogo inatteso e tutt'altro che edificante.



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Truciolo 2019-12-04 14:00:11 Molly Bloom
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    04 Dicembre, 2019
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Storia di amore e odio

Truciolo, materiale di scarto, spazzatura, ma anche il nome di una palla pelosa con un cuore che batte e che in una nevosa vigilia di Natale viene portato in una casa borghese come dono per la signora da parte del marito. Sandor Marài si conferma ancora una volta uno degli autori mitteleuropei più bravi e profondi del panorama ‘900 e in questo breve romanzo, costruisce con eleganza, ironia e profondità una “banale” storia di un cane, Truciolo. Le virgolette perché esse si riferiscono a un primo livello di lettura, il più immediato e anche quello espresso dall’autore già nelle prime pagine. Marài però non può soffermarsi qui, e va a scavare in profondità dando alla luce un altro piccolo saggio sulla natura umana che non perde mai di vista e Truciolo è solo un mediatore, una superficie di riflessione tra autore e l’oggetto principalem, l’uomo.

Scritto nel 1932 e ambientato nel ’28, in un periodo difficile e pieno di carestie, in cui i soldi scarseggiano e la borghesia è in declino, un signore in età adulta, ne giovane ma nemmeno anziano, giornalista e disilluso dalla vita e dalla società osserva con occhio critico la “scenetta” di Natale, che si ripete da anni ormai e alla quale vorrebbe tanto sottrarsi: usi, costumi, pranzi in famiglia, frasi dette e ridette, doni! Cos’è un dono? Come dev’essere? Perché farlo? Si parla della giovinezza, della vecchiaia, della difficoltà ad amare un estraneo in sofferenza e accoglierlo in casa propria preferendo a lui un cane, quando il nostro istinto dovrebbe indurci ad aiutare e amare i nostri simili e non esseri inferiori come cani, ma perché lo si fa?! egoismo, villania? Si critica la psicoanalisi attraverso una bellissima parodia in un omonimo capitolo:

--- “Ah, sanno proprio tutto, vedono tutto, nel passato e nel futuro! Vanno e vengono, suonano alla porta, di casa in casa, di quartiere in quartiere, vanno in analisi e a loro volta analizzano i loro pazienti, e tutte le mattine, quando si incontrano, si dicono l’un l’altra che significa se qualcuno dimentica le chiavi a casa, e quante volte e perché no e con chi.(…) Sai, a volte mi viene il sospetto che questi qua siano convinti di aver scoperto qualcosa che, in definitiva è semplice conoscenza ed esperienza, e fa parte dell’abbiccì del genere umano sin dagli albori della nostra civiltà…Quel che sa questa gente è poco più di quanto non sia il saper leggere e scrivere rispetto al lavoro del letterato.”---

e anticipa come un profeta, involontariamente o forse no, il nazismo e la sterminazione degli ebrei:

---“(…)bisognerebbe “eliminarlo” immediatamente. Si era espresso proprio in questi termini. Per “eliminare” intendeva naturalmente “ricorrere all’accalappiacani” e lo diceva con la fredda determinazione dell’esperto che non esita a ricorrere a mezzi estremi per difendere i princìpi e gli ideali della purezza.”---

Parla dell’amore e dell’odio e della loro incredibile somiglianza, della libertà e del guinzaglio che si finisce per accettare, sia per cani ma anche per uomini, catene che garantiscono un piatto di zuppa e un tetto sopra la testa, e magari una coscienza che si cerca di tenere pulita, parla della solitudine.
Come si può vedere, non è un libro su un simpatico cane di nome Truciolo ma soprattutto un libro sull’uomo e sulle sue complessità. Libro potente e scritto con prosa armoniosa che presenta anche delle parole e frasi “motivo” e che vengono ripetute a distanza di pagine con il risultato di amplificare i messaggi, di amalgamare il contenuto con eleganza e anche di dare un certo ritmo piacevole e simmetria alla prosa. Infatti negli altri libri di Marài che ho letto non ho mai incontrato questo stile e mi ha piacevolmente sorpresa.

---“Senti un po’,” gli dice spesso il suo padrone “delinqui pure, rosicchia, concediti tutti morsi falsi che vuoi – ma sta’ zitto. La sincerità di cui tanto si predica non è il metodo migliore per affrontare questioni del genere. La gente si stufa. Anch’io l’ho provato. Non la tollerano. Un giorno si finisce per diventare malvagi e meschini, ma sicuramente più discreti. Da’ pure tutti i morsi falsi che vuoi, ma sta’ zitto! Lo so che quanto ti suggerisco non è molto nobile, ma arriva un momento nella vita in cui non si può fare altrimenti; e la vita è una faccenda tutt’altro che nobile! E se pure sei un accanito rosicchiatore, cerca di non rendere per questo la vita impossibile a quelli che ti stanno attorno! Rosicchia e taci…”

A fine lettura il mio cuore è stato sia con Truciolo ma anche con il padrone, non ho trovato ne vincitori e nemmeno vinti. I finali di Marài sono sempre imprevedibili, aperti, a volte incomprensibili e si svolgono nelle ultime frasi, una resa dei conti breve e concisa tra i personaggi, un "duello". Anche il finale di Truciolo non ne fa eccezione se non per il fatto che ha un finale chiuso e una morale specificata dall’autore stesso.

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