Tre piani
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Recensione della Redazione QLibri
Tre piani dell'anima
Un libro bellissimo che è anche una grandissima e corale "confessione".
Un romanzo che ci mostra la necessità di raccontare e raccontarsi per potersi liberare di tutti i fallimenti, le psicosi, le paure e le debolezze umane.
E magari trovare anche il modo di pagare per i propri sbagli.
(Perché, a quanto pare, nel giudaismo non è sufficiente pentirsi...bisogna "riparare".)
Una palazzina di tre piani, nei pressi di Tel Aviv.
Al primo piano c'è Arnon, padre furioso e convinto che la sua bambina sia stata oggetto di molestie da parte di un vicino affetto da Alzheimer...(si racconta ad un suo vecchio amico scrittore).
Al secondo piano troviamo Hani con i suoi barbagianni che le parlano dall'albero e lo spettro della follia che non le dà tregua...(scrive una lunga lettera alla sua più grande amica di sempre).
Al terzo piano vive Dvora, vedova e giudice in pensione, alla ricerca della sua strada e del modo per poter espiare le proprie colpe...(dialoga con suo marito morto attraverso una vecchia segreteria telefonica).
Tre vite, tre confessioni, tre voci intime...altro non sono che un'allegoria per rappresentare i tre piani freudiani dell'anima.
Arnon con i suoi istinti e le sue pulsioni abita il piano dell'Es, del principio del piacere.
Hani con il suo essere sempre in bilico tra sogno e verità è l'inquilina perfetta del piano dell'Io, che coniuga desideri e principio di realtà.
Dvora, con il suo essere donna ligia e irreprensibile, abita il piano di Sua Altezza il Super-Io, il censore che richiama all'ordine.
"I tre piani dell'anima non esistono dentro di noi.
Esistono nello spazio tra noi e l'altro, nella distanza tra la nostra bocca e l'orecchio di chi ascolta la nostra storia.
E se non c'è nessuno ad ascoltare, allora non c'è nemmeno la storia".
Una scrittura bellissima, coinvolgente, che si dona al lettore senza filtri, senza artifici...consapevole dell'intensità delle parole pronunciate da personaggi terribilmente umani, giunti ad una fase della vita in cui non possono più custodire i propri segreti, dove il bisogno d'amore, di perdono, di espiazione è diventato così forte da costringerli a mettersi a nudo, consegnandoci tutte le loro fragilità.
Un romanzo, a mio avviso, nettamente superiore a "La simmetria deidesideri" (che pure avevo apprezzato)...tanto da farti desiderare, giunta all'ultimo piano, di poter continuare a salire...
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Tra narrativa e alta psicologia.
Eskhol Nevo è nato a Gerusalemme. Oltre a Nostalgia (2014), ha pubblicato La simmetria dei desideri, Neuland, Soli e perduti, e nel 2021 è edito un libro intitolato Tre piani, edito da Neri Pozza.
Un romanzo di un grande impatto emotivo.
A cominciare dalla strutturazione del contenuto del romanzo stesso. Infatti l’autore racconta la vita di tre famiglie israeliane sulla base delle tre diverse istanze freudiane:
“Mi ha aiutato a ricordare che al primo piano risiedono tutte le nostre pulsioni ed istinti, l’Es. al piano di mezzo abita l’Io, che cerca di conciliare i nostri desideri e la realtà. E al piano più alto, il terzo, abita sua altezza il Super-Io. Che ci richiama all’ordine con severità e ci impone di tenere conto dell’effetto delle nostre azioni sulla società.”
Così il condominio a tre piani diviene il paradigma dell’esistenza umana, narrata con rara astuzia narrativa.
Così si sviluppa il primo piano la storia di Arnon e Ayelet, che hanno una bambina di nome Ofri. Ogni tanto delegano la sua cura ad una coppia di vicini, Rudy e Hermann. Ma quando quest’ultimo, che inizia a mostrare i primi segni della malattia di cui è affetto, rapisce, per un piccolo lasso di tempo, la bimba, la situazione degenera in un grande equivoco. Ma sarà proprio così?
Al secondo piano c’è Hani, giovane donna, madre di due bambini, timorosa di finire anche lei in un manicomio, come avvenuto per sua madre, un giorno decide di aiutare il cognato Eviatar, senza farne partecipe il marito, costantemente impegnato all’estero per lavoro. Perché lo fa? Quali saranno le conseguenze?
L’ultimo piano è occupato da Dovra, giudice in pensione, appena rimasta vedova, comunica, lo stesso, con il marito defunto tramite la sua personale segreteria telefonica. Quando , però, conosce qualcuno che può metterla in contatto con il figlio perduto per un tragico errore, molti, inquietanti, interrogativi vengono a galla. Troverà suo figlio? Quale sarà la sua reazione?
Una lettura avvincente, molto intima ed intimistica. L’autore è assai abile nel narrare le esistenze umane, e ciò che provano e che sentono. Si raccontano tutte le esperienze psicologiche, dal tradimento alla delusione, all’amicizia, alla paura di amare, ai demoni e alle sofferenze intrinseche all’anima. Ne risulta un quadro a tinte forti sugli umani e il loro sentire, reso tramite un linguaggio raffinato e potente. Uno sguardo raro e disincantato sulla natura umana che travolge il lettore. Per chi ama la psicologia e si interessa alle storie umane, una vera e propria chicca letteraria. Un autore, psicologico e assai colto, da leggere in toto nelle sue tante opere letterarie, che ho scoperto da poco. Qualitativamente un asso della narrativa.
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Più di testa che di cuore
Tre piani di un condominio in un quartiere residenziale vicino a Tel Aviv. Tre storie separate, che si sfiorano appena. Tre personaggi che, raccontandosi in prima persona a un interlocutore invisibile, si sfogliano, come gli strati di una cipolla, lasciando trapelare la parte più profonda e nascosta dell’anima: il segreto della propria vulnerabilità.
A suggerire l’originale idea narrativa alla base di questo romanzo è la teoria topografica di Freud sull’anima. “Al primo piano risiedono tutte le nostre pulsioni e gli istinti, l'Es. Al piano di mezzo abita l'Io, che cerca di conciliare i nostri desideri con la realtà. E al piano più alto, il terzo, abita sua altezza il Super-Io, che ci richiama all'ordine con severità e ci impone di tenere conto dell'effetto delle nostre azioni sulla società”.
Questa lotta tra pulsioni, realtà, etica è messa in scena attraverso le dinamiche familiari e affettive che attraversano un condominio, da un lato, e le diverse fasi della vita, dall’altro.
Al primo piano troviamo quindi il giovane padre Arnon, con il suo bisogno di proteggere la propria figlioletta e la sua incontenibile urgenza di verità, che può diventare agitazione, furia, ossessione. Al secondo c’è Hani, donna matura con un marito sempre in viaggio e senza un lavoro, che incarna la difficoltà di trovare un equilibrio tra i propri sogni inconfessabili e un’esistenza solitaria e insoddisfacente. E in ultimo Dvora, vedova e giudice in pensione, che ha sempre vissuto secondo gli integerrimi schemi e principi imposti dalla propria professione e dal proprio ruolo familiare, anche a costo di scelte strazianti, e che ora deve fare i conti con nuove possibilità e interrogativi.
Con una narrazione limpida, dotata di grande fluidità e arricchita da un tocco di ironia, Eshkol Nevo ci racconta i fallimenti, le fissazioni e le paure che affliggono una società moderna sempre più fragile e smarrita. Non c’è una ricetta da fornire o una tesi da dimostrare, non a caso tutte le storie rimangono di fatto aperte, lasciandoci immaginare il finale e scegliere così la nostra verità. Nonostante la qualità di scrittura e la validità dell’idea, però, il racconto non riesce, a mio avviso, ad animarsi e a coinvolgere completamente dal punto di vista emotivo. La sensazione è che, dietro al racconto, sia sempre visibile in trasparenza una griglia di scelte autorali che tolgono autenticità e sentimento alla narrazione. Rimane un interessante viaggio nella psiche, più di testa che di cuore.
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I tre piani (secondo Freud)
Il numero tre, nelle società umane, ha sempre assunto un significato emblematico, misterioso, esoterico. Della “magia” associata a questo numero perfetto se ne è appropriato anche lo scrittore israeliano Eshkol Nevo ma senza alcun elemento trascendente (nonostante la sua nazionalità), bensì con l’intento di riferirsi alla psicanalisi ed alla teoria di Freud che distingue 3 differenti livelli di frammentazione dell’anima.
L’idea alla base del romanzo è quella di rappresentare, attraverso tre racconti, ogni livello freudiano associandolo ad un piano di un condominio abitato da diverse famiglie, ognuna delle quali si fa così portatrice di determinati valori ed esperienze. Al primo piano troviamo la famiglia “dell’Es” contradddistinta da pulsioni ed istinti, tra i quali si fanno strada quelli più tribali e nascosti, come ad es. il sesso, il tradimento, il sospetto ed anche l’ira. Talvolta si è disposti a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi, anche a mettere a rischio la vita coniugale ed i propri affetti più cari. Al secondo piano abita invece la famiglia “dell’io”, quella che “cerca di conciliare i nostri desideri con la realtà”. Quando la paranoia alimentata dall’insoddisfazione personale, ci spinge a trovare un equilibrio per uscire da un'empasse, siamo disposti ad affidarci anche ad un parente (quasi) sconosciuto che bussa improvvisamente alla porta di casa. Al terzo piano abita infine la famiglia del “super-io” che “ci richiama all’ordine con severità e ci impone di tenere conto dell’effetto delle nostre azioni sulla società”. Alla fine si è disposti a sacrificare anche il proprio figlio ed a perdere il suo affetto, pur di difendere l’immagine e la rispettabilità conquistata. Nascono così tre storie, tre differenti confessioni, raccontate a fantomatici destinatari da parte di protagonisti che si trovano in uno stato di confusione. Si tratta di personaggi che sono in cerca di un’identità, che hanno necessità di redimersi, di aprirsi con un interlocutore per sfogarsi e soprattutto confessare le preoccupazioni ed il dolore che si portano dietro. Parlare, raccontare la propria storia, diventa pertanto un’esigenza. Ma come ben sintetizza la protagonista del terzo racconto “se non c’è nessuno ad ascoltare, allora non c’è nemmeno la storia…..L’importante è parlare con qualcuno. Altrimenti, tutti soli, non sappiamo nemmeno a che punto ci troviamo, siamo condannati a brancolare disperatamente nel buio”. I tre piani dell’anima esistono infatti “nello spazio tra noi e l’altro, nella distanza tra la nostra bocca e l’orecchio di chi ascolta”.
Nevo cerca di scavare le profondità umane affidandosi a Freud e pur realizzando un prodotto gradevole e interessante per i temi trattati, non riesce però ad arrivare fino in fondo al cuore del lettore. Si ha infatti l’impressione che il lettore stesso, più che il vero confessore dei suoi personaggi, sia in realtà uno spettatore che osserva e riflette, magari con attenzione, ma senza sentirsi realmente coinvolto, come se tra lui e la storia ci fosse uno schermo separante
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Le piccole, grandi vicende della nostra vita
Eshkol Nevo in un’intervista di qualche settimana fa ha detto che le sue storie nascono come i cerchi concentrici che si creano quando lanci un sassolino in acqua: nascono piccole, poi i cerchi si allargano e le storie aumentano il loro respiro. Tre Piani è proprio questo: le storie di tre persone come noi che vivono su tre piani differenti di un palazzo di Tel Aviv.
I personaggi sono sviluppati ponendo alla loro base la struttura della personalità di Freud. Così Arnon si muove seguendo l’Es, l’istinto, l’irrazionalità, lanciandosi in un susseguirsi di comportamenti istintuali comprensibili ma terrorizzanti. Hani invece è una moglie e madre che cerca disperatamente di rimanere in equilibrio tra l’istinto e la ragione (il Freudiano Io), ma che deve fare i conti con l’nfelicità. Infine Nevo ci racconta le vicende di Dvora, giudice in pensione che invece dà voce al Superio, ma che fatica tanto a sopire gli istinti dell’Es.
Voglio precisare che Tre Piani non è un noioso trattato di psicologia, ma un appassionante, coinvolgente e drammatico racconto delle vite di tre persone come noi. Ciò che mi ha colpito profondamente è che nel corso della lettura si riesce ad empatizzare con ognuno dei protagonisti perché si sente che le vicende che stiamo leggendo sono parte della nostra vita.
Eshkol Nevo ha una scrittura moderna, scorrevole, poco ruffiana ma molto vera e reale. Ama raccontare le vicende “minori”, le storie di un’umanità che abbiamo intorno, che incontriamo ogni momento della nostra vita, quell’umanità che noi stessi rappresentiamo.
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TRIS FREUDIANO
Tre vite, tre confessioni, tre voci intime
Es, Ego e Super-io
Siamo nella periferia di Tel Aviv, un'area "borghese", un’oasi di pace dove tutto è perfetto e in ordine....questo romanzo si divide in tre linee narrative, ciascuna corrispondente a un personaggio che vive su uno dei tre piani dello stesso edificio...ma dietro quelle porte blindate cosa c’è? Al primo piano, c'è Arnon, un padre ossessionato dall'idea che la sua bambina possa essere stata molestata. Al secondo piano c'è Hani, una madre e una moglie il cui marito è sempre fuori per lavoro, profondamente infelice per la monotonia della sua vita. Dvora, un giudice in pensione, vive al terzo piano, suo marito è morto, per suo figlio lei, “Dvora”, è un’estranea , e ora deve costruirsi una nuova vita e lo deve fare per se stessa.
Attraverso il modello di coscienza di Freud, Nevo ci racconta le vite interconnesse di questi tre personaggi, ci confida le loro coscienze turbolenti, ci sussurra i loro segreti, ci fa leggere le loro confessioni…. Ma le loro confessioni sono ingannevoli? I tre narratori promettono di dirci "tutto". Ma cos'è esattamente "tutto"? È tutto ciò che è successo? O tutto ciò che ci diciamo per giustificare ciò che è successo?
Di personaggio in personaggio abbiamo l’es la parte più oscura della nostra personalità, vivere di istinti e di impulsi, abbiamo l’ego che cerca di conciliare i desideri con il principio di realtà e infine c’è il super-io la voce autocritica, quella coscienza morale che mette un freno agli impulsi.
Scritto con uno stile sobrio è un racconto coinvolgente e pieno di suspense perché l’autore ha la capacità di far “brillare” i suoi personaggi caricandoli di tensione proprio nel bel mezzo della loro vita apparentemente tranquilla , così appena ogni personaggio inizia, a modo proprio, a raccontare sorge nel lettore la voglia di capire come va a finire e si percepisce proprio la voglia che ognuno di loro ha di parlare, di confidarsi, come se traducendolo in parole un peso fosse meno pesante…“L’importante è parlare con qualcuno. Altrimenti, tutti soli, non sappiamo nemmeno a che piano ci troviamo, siamo condannati a brancolare disperati nel buio, nell’atrio, in cerca del pulsante della luce”.
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difficili equilibri
Un prato, un'altalena basculante, una bambina che, nel dondolarsi, tiene in sospeso il suo papà. L'immagine di copertina dell'edizione italiana di “Tre piani” dell'autore israeliano Eskhol Nevo (ed. Neri Pozza) ci fa intuire le tematiche di questo libro: le relazioni familiari e il ruolo genitoriale. Un rapporto dal difficile equilibrio, in cui i figli tendono ad assumere un peso tanto rilevante da impedire ad un padre, o ad una madre di stare, come si suol dire, con “i piedi per terra”.
Il romanzo, diviso in tre capitoli come i piani di un tranquillo condominio di Tel Aviv in cui sono ambientate le vicende, vede infatti protagonisti tre genitori inadeguati che vivono il loro ruolo come una responsabilità destabilizzante; persone che sentono l'urgenza di confessare sogni e segreti, forse per sgravarsi dai sensi di colpa, o forse solo per avere qualcuno che dia ascolto alle loro storie senza giudicarle.
Nel primo racconto la voce narrante è quella di Arnon, giovane padre ossessionato dal sesso e facile preda di impulsi distruttivi. In crisi con la moglie, più obiettiva e razionale, confessa ad un amico le sue angosce: la prima ha a che fare con la figlia che lui ammette di aver trascurato per egoismo delegandone la cura ad una anziano vicino affetto da lieve demenza e di cui sospetta attenzioni pedofile; la seconda riguarda invece un tradimento che, se scoperto, rischia di far tracollare definitivamente il suo matrimonio.
Il secondo episodio vede invece protagonista una giovane madre che si sente a un passo dalla follia; sola e frustrata, Hani vorrebbe conciliare i suoi desideri con la realtà. Soprannominata dai vicini “la vedova” per via del marito sempre all'estero, desidera un compagno premuroso con cui condividere il peso dell'accudimento dei figli per i quali ha rinunciato ad ogni sua ambizione. Trova ascolto, complicità e consolazione nel fratello del marito, un truffatore che bussa alla sua porta perché ricercato da creditori e poliziotti; con quest'uomo, dal fascino ambiguo, Hani vive (o immagina?) una fugace relazione che risveglia in lei un desiderio da tempo assopito.
Infine la terza storia in cui Dvora, giudice in pensione e madre ormai vedova, registra in una vecchia segreteria telefonica le sue confessioni al marito defunto per renderlo partecipe del segreto che le ha cambiato l'esistenza. In un paese sconvolto dalla crisi economica, Dvora offre la sua collaborazione ad un gruppo di manifestanti grazie ai quali conosce Avner, affascinante personaggio che la corteggia fino a condurla in un luogo misterioso. Tramite Avner, Dvora avrà l'occasione di dare una svolta alla sua vita e riconciliarsi finalmente con il figlio Arad che, non sentendosi amato ma solo giudicato dai suoi genitori, da anni se ne era volontariamente allontanato senza lasciare alcuna traccia di sé.
La scrittura di Nevo è coinvolgente e scorrevole e ha la particolarità di adeguare lo stile alle personalità delle voci narranti: prosa concitata e inframmezzata da termini triviali nel primo episodio in cui Arnon si sfoga con un amico; linguaggio colloquiale e confidenziale nel secondo capitolo in cui Hani scrive una lunga lettera ad una cara compagna d'infanzia; tono complice, affettuoso ma anche stile più raffinato nel terzo racconto nel quale Dvora immagina di poter comunicare con il defunto marito.
“Tre piani” a me è piaciuto molto, sia per le tematiche affrontate, sia per i messaggi che ne ho colto, soprattutto nel terzo racconto, a mio avviso, il più bello. Per quanto una coppia possa essere in crisi, l'amore per i figli deve rimanere prioritario perché è questo che loro si aspettano da un genitore: di essere ascoltati e compresi; solo così, forse, si possono superare gli inevitabili ostacoli.
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Lo spazio tra noi e l'altro
Lo scrittore israeliano Eshkol Nevo narra, nel suo ultimo libro “Tre piani”, tre storie personali ma soprattutto di relazioni familiari, che hanno luogo in un condominio come tanti, nei pressi di Tel Aviv.
La prima storia viene raccontata da Arnon, che vive al primo piano del palazzo: riferisce di un periodo di crisi coniugale con la moglie Ayelet, seguito ad una vicenda non ben chiarita che ha riguardato la figlioletta primogenita e l'anziano vicino di casa Hermann, affetto da Alzeheimer.
Al secondo piano vive invece Hani, che scrive una lunghissima lettera ad un'amica che vive ormai da anni lontano, per raccontarle una singolare vicenda di cui è protagonista. Ancora alla base della storia intravediamo la crisi coniugale che fa da cornice ad una insoddisfazione personale e alla paura di perdere il controllo, di impazzire. Di nuovo si parla del fallimento del progetto familiare intrapreso dai protagonisti delle vicende.
Infine, al terzo piano, leggiamo il racconto di Dovra, anziana giudice in pensione, rimasta vedova e completamente sola. Ancora ci troviamo davanti alla rovina di una famiglia: stavolta lo strappo insanabile è avvenuto tra genitori e figlio.
I tre racconti hanno lo scopo di descrivere la crisi e la sconfitta di tre famiglie sulla base delle tre istanze freudiane di Es, Io e Super-io: sicuramente un'idea originale e apprezzabile.
Il libro è profondo, mai banale, ci sa raccontare tre storie di vita da un punto di vista inusuale, quello della psicanalisi. Tuttavia la lettura non è riuscita a coinvolgermi come avrei sperato: i primi due racconti mi sono piaciuti pochissimo, non sono entrata per niente in sintonia con i protagonisti, tanto che le loro storie mi sono sembrate piuttosto assurde e squallide. L'ultimo racconto mi ha presa un po' di più, ma mi ha comunque lasciato dentro un forte senso di tristezza irrisolta.
«Capisci, Sigmund Freud era un uomo molto intelligente ma ieri sera, dopo aver terminato l'ultimo volume dell'opera omnia e averlo posato sul comodino, ho pensato che un errore l'ha fatto. I tre piani dell'anima non esistono dentro di noi. Niente affatto! Esistono nello spazio tra noi e l'altro, nella distanza tra la nostra bocca e l'orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non c'è nessuno ad ascoltare, allora non c'è nemmeno la storia.» p. 253
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La vetrina dell'uomo
Tre piani di un palazzo. Tre storie di vita. Tre famiglie. Tre racconti che potrebbero benissimo essere indipendenti, se non fosse per l’unico fragilissimo legame di essere l’un l’altro vicini di casa. I tre livelli freudiani della personalità. L’idea è originalissima, anche se da sola non l’avrei comunque capita. La prima storia rappresenta l’Es, ovvero la prevalenza delle pulsioni e dell’istinto. La seconda storia rappresenta l’Io, ovvero l’altalena continua del conciliare desideri e realtà. La terza storia rappresenta il Super Io, ovvero la razionalità nella sua forma più “umana”. Elementi di riflessione profonda sulla pedofilia, sul tradimento, sul desiderio di essere anche solo per un attimo felici, sulla solitudine che si prova a volte a sprofondare in se stessi, sul rapporto genitori figli. Non è un intreccio. E’ una vetrina. Di tutte le sfaccettatura che può avere una persona, visibili e non visibili.
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ES, IO, SUPER-IO
Tel Aviv. Un condominio è caratterizzato da tre piani a loro volta costituiti da tre nuclei familiari borghesi. Ogni appartamento di ogni piano è caratterizzato da tre differenti storie narrate da tre diversi protagonisti che si lasciano andare ad un personalissimo monologo e che non sono altro che l’espressione delle tre istanze freudiane dell’es, dell’io e del super-io.
Tema centrale dell’opera sono senza dubbio le relazioni umane con le loro peculiarità, le loro incertezze, i loro misteri ed abbandoni. Attraverso questo viene posto in essere un percorso psicologico che porta a ritenere, in conclusione, che non esistano all’interno di ogni uomo questi tre piani dell’anima essendo essi concreti soltanto nello spazio tra un individuo e l’altro e dunque essendo fondamentale, affinché una storia diventi tale, che ci sia qualcuno ad ascoltarla. La destinazione a terzi è indispensabile in quanto ciascuno coltiva e sviluppa in sé il desiderio di raccontarsi onde non perdersi nel proprio io, nella propria disperazione.
Ma cosa troviamo ad ogni piano? Al primo, conosciamo Arnon, padre di famiglia, marito nonché io parlante affetto dagli impulsi irrefrenabili dell’es. Ofri, una delle sue due figlie, è, a suo dire, stata oggetto di violenza sessuale da parte del vicino, elemento questo che non gli dà tregua e che rischia di porre fine a quella che sino ad allora è stata la sua vita. Destinatario di queste confidenze è un lontano amico scrittore, uomo a cui il protagonista affida i suoi segreti perché certo di ricevere indietro imparzialità, saggezza, consigli, soluzioni, ma anche libertà per quella confessione così intima che arriva a fare.
Il secondo piano vede invece quale protagonista Hani, dagli inquilini definita “la vedova” per le prolungate assenze per lavoro del marito. Ella è espressione dell’io, una donna sola, affetta da depressione, da una solitudine che riversa sull’ambiente circostante tanto che nemmeno la cura e l’affetto per/e dei due figli riesce a colmare. Costretta ad ospitare il cognato Eviatar in difficoltà a causa dei creditori e degli strozzini/usurai, ella viene sopraffatta dai desideri e rivede nell’uomo una possibilità. E’ come se vedesse per la prima volta la sua vita, come se per la prima volta si rendesse conto di quel che le manca. Eppure, da quando ciò è accaduto, i barbagianni sono aumentati, prima era soltanto uno, adesso sono diventati due, come impedire che diventino tre?
Infine, al terzo piano, conosciamo Dovra, giudice in pensione, da sempre retta, ligia ed intransigente al proprio dovere. Vedova, ella si confida con la voce registrata del marito contenuta nella segreteria telefonica. Essa avendo vissuto un percorso inflessibile in quanto giudice censore, dove rettitudine, diligenza, regole e responsabilità erano all’ordine del giorno, è la personificazione del super-io. Il distacco dal marito è un qualcosa che la protagonista non ha ancora accettato, spera così, conversando con quei vecchi nastri, di riuscire a protrarre questa relazione, punta dell’ice-berg di una serie di conflitti irrisolti, in particolare con il figlio Arad con cui da tempo non ha più rapporti di alcun genere.
Tre storie, per tre appartamenti, dunque, apparentemente discontinue, aliene tra loro, di fatto legate da brevi scontri ed incontri, da fugaci sguardi, dove il bisogno di raccontare è una costante necessaria per rivivere il proprio passato, comprendere il presente, scoprire il futuro.
Tre elementi ancora, quello del realismo, quello dell’immaginazione e quello del desiderio che affrontano le tre fasi della vita – giovinezza, maturità e vecchiaia – attraverso percorsi psicologici analizzati in prima battuta singolarmente, di poi, unitamente. Oltre che al trinomio, dichiaratamente a sua volta una costante, altro denominatore comune dell’opera è la sofferenza, lo smarrimento. In ciascun protagonista si percepisce un grande senso di dolore, una manchevolezza, una incompletezza che li confina in un angolo, in un cantuccio dove non sembra esservi via d’uscita. E quella solitudine che li attanaglia richiede di uscire, in qualche modo. Così, eccoli, che si ritrovano a parlare con interlocutori fittizzi, uomini e donne che sono stati parte, in modo maggiore o minore, del sentiero della loro esistenza. Adesso che non sono più presenti, per una ragione o per un’altra, i protagonisti vi si rivolgono, cercano tramite l’espediente del consiglio, tramite la ricerca di una saggezza superiore, di renderli destinatari di quel malessere che gli è proprio.
L’opera è inoltre un crescendo. Le situazioni maturano ed evolvono di personaggio in personaggio arrivando, con Dvora, all’espressione suprema del bisogno di mettersi a nudo. Tutti, chi più, chi meno, celano, ed hanno sempre celato, quel lato vulnerabile del proprio essere arrivando a ricercare quel confine tra pubblico e privato, quella intimità, che negli anni, è venuto a mancare, arrivando, ancora, a cercare un modo per ritenersi necessari in quanto quel vuoto che non lascia spazio all’immaginazione, alla speranza, li fa sentire inutili.
Con “Tre piani” l’autore dà vita ad un romanzo improntato sulla dinamica dei sentimenti, un elaborato che viene analizzato con precisione e minuzia matematica risultando talvolta eccessivamente analitico e dunque a tratti freddo, anaempatico.
Il tutto è avvalorato da una scrittura limpida, chiara e concisa, uno stile che non riesce però ad affascinare e conquistare completamente. Negli intenti si percepisce lo sforzo e l’obiettivo dello scrittore, nei fatti è come se alla completezza dell’opera mancasse quel qualcosa e probabilmente, questo qualcosa, è proprio il piano umano che dovrebbe costituire il fulcro centrale della stessa.
Piacevole, originale, curioso per aspetti psicanalitici, non esaustivo umanamente.
«”In questa breve introduzione, partiremo dalla distinzione etica universale, ovvero il comportamento di una persona nei confronti di tutti coloro con cui intrattiene relazioni sociali o professionali, ed etica particolare, ovverosia il comportamento di una persona nei confronti di chi gli è vicino, parenti e amici. Si presuppone che esista una coerenza tra questi due tipi di etica, ma di fatto spesso accade che si presenti una contraddizione sostanziale, contraddizione che ci impone di interrogarci: quale delle due etiche è più importante per noi? Quale consideriamo prioritaria?”» p. 121
«Assaf, che cerca di farmi ridere mi fa solo sentire più infelice, perché mentre lui è in movimento io me ne sto ad ammuffire in casa» p. 122
«Per tutto questo tempo, mentre ti lasciavo messaggi, non mi aspettavo una tua risposta, Michael. Non ho creduto che avresti mandato un segno, o che mi saresti comparso in sogno appagando le mie domande. Volevo parlare con te perché sapevo che a te avrei potuto dire solo la verità. Tutta la verità. E questo mi avrebbe costretto a fare la cosa più difficile: levare le maschere e guardarmi in faccia, guardare le mie scelte e le loro conseguenze, nel bene e nel male. Anche nel peggiore dei mali» p. 253
«Ma d’ora in poi non si tratta più della nostra strada, amore mio, fiore mio, mia sventura. D’ora in poi è la mia strada» p. 255
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Spazi vuoti, piani separati ed interconnessi....
Tre piani di un palazzo alle porte di Tel Aviv, tre nuclei famigliari borghesi, tre storie con protagonisti diversi, tre istanze freudiane, es, io, super-io, sulle quali costruire e sviluppare una traccia narrativa che insegue percorsi psicologici immersi nello sconfinato ed indefinito mare delle relazioni umane.
In verità una conclusione poco gratificante si mostra e ritiene non esistano i tre piani dell' anima dentro di noi, ma solo nello spazio tra noi e l' altro e che ogni storia diviene tale solo se c' è qualcuno ad ascoltarla, ingabbiati dalla intima necessità di parlare ed essere ascoltati, in altro modo costretti a brancolare nel buio.
Al primo piano nasce e si sviluppa la turbolenta vicenda di due giovani genitori e della loro bambina Ofri. È Arnon a raccontarla, marito affetto dagli impulsi irrefrenabili di quell' es che rischia di rovinargli la vita per sempre. Si rivolge ad un caro amico scrittore, della cui imparzialità e saggezza si fida ciecamente, in cerca di una possibile soluzione e di una confessione.
Al secondo piano si consuma la storia di Hani, una donna sola, con una depressione incipiente ed una solitudine protratta, il cui marito si assenta spesso e a lungo per lavoro e che si vede costretta ad ospitare il cognato Eviatar, inseguito dai creditori, a sua volta sopraffatta dai desideri e dalle speranze del proprio io e da un tentativo di riconciliazione con il reale.
Al terzo piano vive Dovra, giudice in pensione, che da' voce ad una segreteria telefonica sperando di conservare e protrarre una relazione ormai solo immaginifica con il marito defunto, rivisitando vecchi conflitti famigliari irrisolti, in particolare con il figlio Arad, allontanatosi tempo addietro dal proprio focolare domestico, respinto da regole e responsabilità che non sapeva gestire e dalla propria follia distruttiva.
Dovra ripercorre le tappe di una vita da sempre sorretta e regolata da un super-io totalizzante, giudice e censore inflessibile ( come la propria professione induceva ) per cercare una salvezza ed una speranza nel presente ed in un futuro diverso che esuli dalla memoria, inseguendo quella che ... " d' ora in poi è la mia strada "....
Sono tre storie legate al medesimo luogo, quel condominio di ombre, porte blindate e sguardi indiscreti, da vicinanza fisica, spesso distratta, da accenni ad un intreccio relazionale che sfiora i protagonisti, in altro affaccendati. Hanno il lieve sapore dell' intimità, relazioni nate, costruite e sfumate in quel desiderio di ripercorrere e ridefinire un passato spesso tragico e sofferente, indirizzato ad un presente complicato ed intollerabile.
Invero emergono tre elementi, una profonda ed aspra fisicità, un tragico e melanconico realismo, un immaginifico e visionario desiderio. Le tre fasi della vita, giovinezza, maturità e vecchiaia, i propri intrecci relazionali con azioni ed impulsi correlati, sono descritte e ripercorse, insieme a tre quadri psicologici interconnessi che stentano a definirsi.
Sono vicende vissute all' interno di una profonda umanità e di una sofferenza e senso di smarrimento per cercare di definire la sostanza che guida e sorregge le nostre vite, quella spina dorsale dell' esistenza, anche se .... " la nostra anima procede a cerchi e spesso ricade nelle stesse buche "....
Sono personaggi che vivono circondati da solitudine, anche patologica, che parlano ad interlocutori virtuali, passati, assenti, spesso al proprio io facendo emergere di volta in volta lati più o meno oscuri di personalità spesso dibattute.
Sono protagonisti, ed in questo Dvora ne è espressione suprema, che hanno nascosto al mondo il segreto della propria vulnerabilità, cercando una intimità spesso negata, perché negli ultimi anni il confine tra pubblico e privato, tra dentro e fuori e' stato spostato, o forse annullato.
Ed allora prevale un senso di inutilità, di vuoto, senza avere lasciato troppo spazio all' immaginazione.
Gli stessi tre piani dell' animo umano, che si sovrappongono, si alternano, entrano, subentrano, si sovrastano, si annullano, sono espressione dei personaggi, dei loro contenuti e viceversa, i protagonisti rappresentano precise complessità psicologiche.
Oltre ogni possibile interpretazione trattasi di un romanzo che si addentra nella materia dei sentimenti, e lo fa in modo apprezzabile, sempre con una delicatezza dosata, un equilibrio ed un rispetto per i sentimenti stessi proprio di chi li conosce a fondo ed e' avvezzo a parlarne.
Ne escono profili individuali apprezzabili ed intrecci relazionali sempre interessanti, con una scrittura limpida, dialoghi e tematiche mai banali, seguendo una inclinazione che si fa apprezzare per originalità e vivacità narrativa, limpidezza di forma, riconoscibilità di tematiche complesse svuotate di ogni banalità e artificialismo, figlie di una attenta e riuscita miscela psico-reale-narrativa.