Narrativa straniera Romanzi Tre giorni e una vita
 

Tre giorni e una vita Tre giorni e una vita

Tre giorni e una vita

Letteratura straniera

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Natale 1999. A Beauval, una piccola cittadina della provincia francese, Antoine, dodici anni, figlio unico di genitori separati, vive con la madre Blanche, una donna rigida e opprimente, conducendo una vita piuttosto solitaria. Il padre da anni si è trasferito in Germania e ha pochi contatti con lui. Antoine non lega molto con i coetanei e il suo migliore amico è Ulisse, il cane di Roger Desmedt, il suo vicino di casa. Il giorno in cui Desmedt, un uomo rozzo e brutale, uccide Ulisse, Antoine, sconvolto e disperato, in un accesso di rabbia cieca compie un gesto che in pochi secondi segnerà per sempre la sua esistenza. Terrorizzato all'idea di essere scoperto, Antoine passa giorni di angoscia indescrivibile, immaginando scenari futuri cupi e ineluttabili. Ma, proprio quando sembra che per lui non ci sia più scampo, un evento imprevisto sopraggiunge rimettendo tutto in gioco.



Recensione della Redazione QLibri

 
Tre giorni e una vita 2016-06-24 07:48:59 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    24 Giugno, 2016
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Sorridi, sei su Candid Camera

La coscienza che le vie dell'insoddisfazione siano infinite vuole che nessun libro appena aperto sia una certezza. Pero' se l'autore e' stato affrontato piu' volte con esito eccellente, un minimo di aspettativa e' umanamente concepibile.
Durante la lettura di "Tre giorni e una vita" ho dovuto controllare il risvolto di copertina con impressa la biografia temendo un caso di omonimia , invece no, si tratta del medesimo Pierre Lemaitre di "Alex" e di "Ci rivediamo lassu'" a firmare questo romanzo. 
Piu' che del lavoro di uno scrittore affermato direi che il testo si connota come una bozza - bruttina - di un dilettante allo sbaraglio.
Della sinossi invitante resta ben poco nel testo, che si sviluppa rasoterra nella dilatazione del nulla , questo libro e' l'assioma di quanto zero per zero porti a zero. Certamente una buona narrativa puo' nascere anche da una trama inconsistente, ma allora l'estro della penna e' necessario.
Suspense  assente d'eccellenza visto che i meccanismi della scomparsa del piccolo Rèmi sono noti fin dalle prime pagine , per un un omicidio e  successive inconsistenze che l'autore descrive in modo piatto, anonimo, insipido, imperturbabile, noioso. La prima meta' del testo  e' carente di discorsi diretti che lasciano il lettore amaramente passivo, un misero intransitivo a vagare in periodi mediocri.
La seconda parte , una dozzina di anni dopo, vorrebbe probabilmente scuotere la narrazione aggiungendo un po' di pepe e l'effetto sorpresa , mentre invece ci ritroviamo imbottigliati alla fiera della banalita'. Nell'arena manca Mangiafuoco ma abbondano siparietti scontati intervallati da frasi tra parentesi e punti di sospensione.
Salverei giusto le due o tre pagine finali, per il resto credo sciogliero' la tensione della lettura scrollando le foglie da questo talamo di ortiche, non posso credere  sia l'ultimo romanzo di Lemaitre, deve essere uno scherzo, ridiamoci sopra.

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Tre giorni e una vita 2017-03-12 21:46:56 68
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68 Opinione inserita da 68    12 Marzo, 2017
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Prolungata attesa del nulla....

Un paio di anni fa ero stato favorevolmente colpito da questo autore dopo la lettura di " Irene ", un buon romanzo ( poliziesco) dalla scrittura dettagliata, lineare, con una ottima definizione dei personaggi sullo sfondo di freddi paesaggi parigini, con intrecci mai banali ne' pause narrative o cadute di stile e per l' intrigo psicologico e relazionale della trama.
E che dire della figura del commissario Verhoeven, controversa, intrigante, con un passato famigliare complesso, tratti fisici peculiari, di una durezza comportamentale bilanciata da una rara sensibilità intellettiva. Non lessi altro, ma annotai il nome dell' autore.
Qualche giorno fa ho incrociato per caso il suo ultimo romanzo e, sospinto da piacevoli ricordi, ne ho iniziato la lettura. La sensazione immediata è stata di inoltrarsi in un paesaggio ingrigito, nebbioso, disadorno, tra volti e suoni sconosciuti, irriconoscibili, non per il genere, ma per le caratteristiche intrinseche al romanzo, a cominciare dalla penna, lontana da qualsiasi gradevole memoria.
Addentrandomi tra le pagine, in attesa di una costruzione in divenire, ho iniziato a chiedermi: che genere di romanzo sto leggendo: un giallo? ( ma il mistero tale non è perché svelato da subito ), un thriller psicologico? ( ma non c' è nessuna profondità nei personaggi trattati ne' indagine del profondo ), un semplice romanzo? ( senza alcun approfondimento relazionale, realista, intimista, sociologico, filosofico, storico, contemporaneo.... ), insomma, quale l' intento dell' autore?
In verità, l' incipit ne è anche l' epilogo, ci troviamo di fronte ad un testo scarno, spogliato di una qualsiasi trama e di ogni profondità, infarcito di una serie di luoghi comuni ( descrittivi e sentimentali ) con personaggi mai definiti, inconsistenti, un protagonista che vorrebbe da subito lasciare una realtà che sente infernale ed insostenibile per ritrovarsi parecchi anni dopo nello stesso contesto, in una schizofrenia del quotidiano, sollevato per quello che non è stato ed affranto per quello che potrebbe ancora essere ( ma solo nella sua mente ), sempre con un' utopica e salvifica idea di fuga, inseguito dalla possibilità di un evento ma prevalentemente dalle proprie paure ed ossessioni di bambino non cresciuto ( la storia si svolge in un arco temporale di sedici anni ), con rapporti sentimentali di superficie e relazioni personali inconsistenti.
Un trama improbabile, terrificante nella sua iniziale presentazione e svolgimento ( l' improvvisa scomparsa di un bambino di sei anni e la sua ricerca ossessiva ) ma sconcertante nella leggerezza e caducità dello svolgimento, nella insipidezza delle cadute di tono, nello stile scialbo, nello svolgimento monocorde, nella ossessiva ripetitività, uno scorrere delle stagioni senza un filo di vento, ne' una scossa emotiva, incatenando il lettore in una morsa di noia e di nulla.
L' attesa e la speranza rimangono, che succeda un qualcosa, che si entri in una storia, che inizi una relazione, un reale scambio di sentimenti, che ci sia un colpo di scena che reindirizzi la trama, insomma che si esprima un qualsiasi contenuto.
Niente di tutto ciò, ed ancora più inquietante, all' alba di una illuminante ed ormai insperata rinascita ( nelle ultimissime pagine ), di una improvvisa scossa emotiva, di una suspance annunciata e finalmente un poco svelata, sopraggiunge l' epilogo e tutto definitivamente svanisce ( ma forse è meglio così).
A questo punto qualsiasi tentativo di approfondimento mi pare superfluo, il migliore commento sarebbe un foglio lasciato in bianco, un tema non svolto, non per incapacità' o svogliatezza, ma per motivata e volontaria astensione e mancanza di contenuti da analizzare.
Alla fine, circondati da un senso di nulla, è come ritrovarsi all' inizio, la sola salvezza per l' autore sta nel ricordo di altro.

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