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Kibbutz di sentimenti
Amos Oz racconta ancora storie delicate che incantano il lettore,perchè con un linguaggio semplice riesce ad incidere con il suo "bisturi letterario" lo scudo protettivo dei personaggi, mettendo a nudo della piccola comunità israeliana descritta, timori per il futuro, gioie e paure, tradimenti , tic nervosi, parossismi, amori magnifici o piccoli e beceri. Il Kibbutz è una comunità basata su principi socialisti di eguaglianza, ogni menbro spende le proprie abilità e capacità lavorative per il bene della Comunità. Nel Kibbutz Yekhat ci sono giardinieri, docenti, calzolai, avicoltori, bambini nati in terra di Israele e anziani sopravvissuti alla Shoah, single e coppie: tutti legati dal rispetto per la Comunità che sfama e fa crescere sani i propri membri. Non mancano i momenti di attrito, donne che tradiscono il proprio uomo, figlie che lasciano il padre per andare a vivere con il "vecchio" professore di cui si sono innamorate, giovani orfani che adottati dalla comunità con fatica si integrano imparando ad amarla ed altri che, nati nella comunità, tentano di lasciarla perchè si sentono incatenati dai suoi principi ed anelano una libertà che forse troveranno emigrando in Italia. Sembra un acquerello di Jean Francois Millet il kibbutz descritto da Amos Oz, si perchè lo scrittore israeliano ha la capacità di dipingere con le parole.
di Luigi De Rosa
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Storie dal Kibbutz
Anche questa volta ho scelto un libro a caso, senza sapere bene di cosa parlava e ho fatto bene!
Mi piace lo stile semplice, scorrevole e coinciso che adotta Amos Oz e proprio attraverso questo libro ho scoperto cosa sono i kibbutz.
Come viene spiegato su Wikipedia si tratta di una forma associativa di lavoratori tipica dell’Israele e basata su regole rigide e su concetti di proprietà comune.
Era nato negli anni Cinquanta come ideale di eguaglianza ed utilizzato principalmente per non cadere nella trappola del consumismo.
L’autore stesso ha vissuto per parecchi anni in una di queste comunità quindi è riuscito a studiarne le caratteristiche ed elencarcele in storie verosimili.
Si tratta di una piccola antologia composta da otto storie ambientate in un kibbutz israeliano chiamato con un nome di fantasia, Yekhat.
Ogni storia può essere letta singolarmente, ma ognuna si lega alle altre attraverso ai suoi personaggi, i quali riga dopo riga e pagina dopo pagina ci fanno scoprire il loro carattere ed i loro modi di fare.
Ho trovato davvero geniale il modo in cui l’autore ha voluto portarci a conoscenza di questi gruppi.
Attraverso queste storie ho conosciuto:
- un giardiniere con la passione per dare brutte notizie;
- due donne amiche e rivali allo stesso tempo;
- un uomo che non riesce più a parlare con l’amata figlia;
- un ragazzo che vuole uscire qualche ora per andare a trovare il padre ammalato;
- un piccolo bimbo costretto a subirne di tutti i colori;
- un uomo che pensa all’amata durante la sua ronda notturna;
- un ragazzo che vorrebbe andarsene dal kibbutz;
- un vecchio calzolaio molto ammalato.
La storia che mi ha più toccato il cuore è stata quella del bambino maltrattato, avrei voluto essere io il padre amorevole ed avrei voluto proteggerlo con tutte le mie forze. Quel povero bimbo così fragile e dolce, così piccolo ed umiliato sempre da tutti.
Un libro che fa riflettere e solamente dopo aver unito tutte le tessere del puzzle il lettore percepirà il vero significato.
Molto consigliato!
“Noi non abbiamo confini e limitazioni. Per principio siamo contro i confini”.
“Credeva che presto il mondo si sarebbe svegliato e avrebbe abolito il denaro, perché il denaro è la radice di ogni male, perenne fonte di guerre, conflitti e sfruttamento”.