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Tornare a galla

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Uno dei primi romanzi della scrittrice canadese Margaret Atwood. La giovane protagonista torna dopo molti anni alla casa sull'isola della sua infanzia, allarmata dalla scomparsa del padre che ci viveva ancora. La porta è aperta, la casa vuota, l'orto in abbandono, restano solo primitivi graffiti sulle pareti come scarabocchi infantili. La ricerca del padre diviene presto un sofferto pellegrinaggio interiore.



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Tornare a galla 2020-06-07 06:46:24 68
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68 Opinione inserita da 68    07 Giugno, 2020
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La ricerca di se’

...”Forse non era più la morte di mio padre a preoccuparmi, ma la mia”...

Il viaggio di una donna senza nome alla ricerca del padre scomparso, con lei il compagno e una coppia di amici, nessun indizio, solo una casa spoglia al centro di un lago nel Quebec, pochi ricordi e assenza di nostalgia, frammenti nebulosi di una infanzia lontana.
Per anni un padre ...“ intento a proteggere i figli e se’ stesso nel pieno della guerra in un paese povero, assorbito da illusioni di razionalità e ordine benigno “... e una madre che ...” collezionava le stagioni, il tempo e i visi dei suoi bambini per trascurare il resto, il dolore e l’ isolamento che la attanagliava “....
Un uomo che non c’è, sparito nel nulla, che se riapparisse e stesse bene lei non vorrebbe incontrare, due genitori che non l’ hanno mai perdonata, non ne hanno capito il divorzio, probabilmente neanche il matrimonio.
Un’ immersione nel passato, una casa con pochi indizi, la scomparsa del padre neppure il più importante, dentro di se’ il trauma pulsante di un abbandono coniugale e di un figlio precocemente dissolto, l’immagine velata di un fratello in procinto di annegare.
L’ oggi è un compagno che non ama, innamorato dell’ idea di se stesso, una bizzarra coppia di amici litigiosamente vicini e necessari alla sua permanenza, una vita cittadina noiosamente insignificante, un lavoro di illustratrice con fortune alterne.
L’ oggi e’ il ritorno nei luoghi della propria infanzia, sperando in una partenza immediata, una settimana per recuperare quella metà di se’ che pare la sola scomparsa, calandosi in una natura ormai contaminata ma ancora viva e pulsante nel suo percepito.
L’ oggi è un vuoto opprimente, aspirando a qualcosa in cui riconoscersi, la propria origine, pochi ricordi, sempre che siano propri, fissati in alcuni disegni e fotografie, un senso originario perduto il giorno in cui lei ha imboccato la strada sbagliata.
La ricerca del padre e’ divenuta ricerca di se’, origina da vecchie immagini congelate, ha subito la menomazione del divorzio, vive il desiderio di un approdo sicuro per chi non è mai arrivato a nulla.
Nel cuore della protagonista soffia un animo femminile e femminista incompreso, un corpo usato e abusato, una rabbiosa presenza che lotta con le poche armi di cui dispone contro un nemico acclarato, gli americani e quello che rappresentano, ..” teste vuote preservate da una corazza e da una placida ignoranza “..., o contro un certo modo di essere umani, uomini e donne.
In lei fuoriesce un’ idea sovrastante la morte, ogni cosa è viva e attende di diventare viva, il recupero di una storia che prevede l’ inizio di altro, una solitudine significante, una illogica libertà in compagnia di se stessa e del proprio pianto, immersa e sommersa da una natura parlante, impregnata di terra, urlando al silenzio, seguendo la luce e i suoi spostamenti, affamata, impaurita dall’ idea che qualcuno possa tornare.
“ Tornare a galla “ è uno dei primi romanzi della Atwood ( 1972 ), e ne presenta già i toni stilistici e i temi a venire. Una scrittura essenziale, asciutta, tronca, atmosfere che riportano a “ L’ ultimo degli uomini “ nell’ immedesimazione uomo-natura e a “ Occhi di gatto “ nel tormentato percorso interiore, oltre a sequenze claustrofobiche che ritroveremo nel ” Racconto dell’ ancella “.
Una sintesi talvolta eccedente all’ interno di un senso di rabbia opprimente che tutto pervade, immagini e sensazioni di forte impatto poetico, adattate a un reale minuziosamente oggettivato in una fisicità onnipresente.

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Tornare a galla 2011-08-08 20:21:32 toffoli
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toffoli Opinione inserita da toffoli    08 Agosto, 2011
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Certo non è un libro allegro


Fin dalla prima pagina un nodo di misteri e spiegazioni tenute ben nascoste mi ha spinto a proseguire nella lettura con assiduità. Tutto si svolge in prima persona. E' una ragazza che racconta un percorso fisico e mentale a ritroso nello spazio e nel tempo per ritrovare nella memoria il ricordo dei genitori e di un dramma del proprio passato che ha completamente rimosso. Ci sono regole da seguire per arrivare a capire ed a capirsi. Così da poter rinnovare la propria vita, e ricominciare proprio da quell'errore che l'ha resa piatta, che ne ha cancellato le emozioni. Leggendo te ne accorgi, e non solo perchè è lei stessa a spiattellartelo davanti. Lo noti dalle sue azioni, dalle risposte che da agli ''amici'' che l'hanno accompagnata: è una ragazza fredda, calcolatrice per necessità, una che sopravvive e lo sa fare bene. In città, certo, ma anche e soprattutto su un'isoletta isolata, nel mezzo di una fitta boscaglia. E tu, io, leggendo, mi chiedo il perchè di questo atteggiamento. Questo é il mistero che ti porta fino in fondo, condito da un che di soprannaturale che aiuta a mantenere alta la tensione senza far cadere il romanzo nell'irreale. E' il secondo romanzo della Atwood che affronto, il primo fu l'Ultimo degli uomini. Ho ritrovato le stesse atmosfere da allucinazione, colori troppo luminosi quasi accecanti. Coinvolge, spiazza e turba.

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Tornare a galla 2010-12-15 18:18:06 Indigowitch
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Indigowitch Opinione inserita da Indigowitch    15 Dicembre, 2010
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Complesso e intriso di sofferenza

Un romanzo che ho letto qualche tempo fa, centellinandolo.
Protagonista, una donna senza nome che torna nel suo luogo natio alla ricerca del padre.
E' accompagnata dal fidanzato, e da una coppia di amici.
Loro non sanno il vero motivo del viaggio, pensano di andare lì per girare una sorta di documentario.
La Atwood è una delle autrici canadesi più famose, non amata proprio da tutti ma indubbiamente talentuosa.
Il filo conduttore del romanzo è il ritorno alla natura selvaggia, quella in cui la protagonista è cresciuta anche grazie all'educazione spartana ricevuta dai genitori, ed è una natura misteriosa, che rischia di essere invasa e rovinata da chi non sa vivere a contatto con essa.
Si percepisce un forte astio verso gli americani, visti come invasori ed estranei.
Ma più di tutto emerge un quadro di vita sofferto,che la donna senza nome cerca di ricostruire, nell'indifferenza dei suoi tre accompagnatori, la cui pochezza d'animo è agghiacciante.
Vengono a galla, in questa silenziosa ricerca di un padre che non apparirà mai, ricordi di famiglia, con una madre carismatica ma probabilmente affetta da turbe psichiche.
Viene a galla un passato sentimentale terribile, segnato una figura maschile fredda ed egoista e dal fantasma di un aborto.
Ma è tutto così accennato che è difficile essere certi del passato di questa donna: solo il dolore è vivo e palpabile.
L'elemento acqua, onnipresente nelle descrizioni, simboleggia il ciclo di vita, morte e rinascita alla quale la protagonista si sottoporrà per poter trovare un senso alla sua esistenza.
Sinceramente speravo in conclusioni diverse, soprattutto in uno squarcio di felicità più "pieno" per questa povera donna senza nome.
Ma è comunque un bel romanzo ed è ottimo per avvicinarsi alla letteratura canadese.

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