Narrativa straniera Romanzi Timidezza e dignità
 

Timidezza e dignità Timidezza e dignità

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Mattina d'autunno, doppia ora di letteratura norvegese di fronte a una classe di ostili maturandi: è l'inizio della grottesca crisi di nervi del professor Elias Rukla che, dopo venticinque anni di onorato servizio, mette la parola fine alla sua carriera. E comincia a ripercorrere gli eventi fondamentali della sua vita, dagli anni ribelli e libertari da studente fino a rinchiudersi con il lavoro e il matrimonio in una gabbia mentale che rende impossibile ogni svolta.



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Timidezza e dignità 2015-06-11 19:41:42 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    11 Giugno, 2015
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Gelo norvegese

Questo libro non l'ho capito. L'autore ricorda un po' Lars Gustafsson. Ti mette su una specie di situazione che promette degli sviluppi interessanti: due amici filosofi, anzi uno filosofo e l'altro (il protagonista) laureato in lettere, una donna di bellezza inimmaginabile che si sposa con il primo ma da cui è vagamente attratto anche il secondo. Bene, un triangolo. Bene Barth, una mezza opera galleggiante. Succederà qualcosa, almeno interiormente a qualcuno dei tre, perlomeno al protagonista. Invece no. Gelo. Ognuno se ne frega degli altri due. A un certo punto l'amico sparisce, mollando moglie e figlia alle cure dell'amico e non telefona più a nessuno. Gelosia? Magari! Tra i due rimasti scoppierà una passione o una repulsione travolgenti? Nemmeno per sogno. Menefreghismo totale. E che rapporto stabilirà il protagonista con la bellissima donna a parte conviverci? Nessuno, naturalmente. Non ne conosce i pensieri, niente. Riflette per troppe pagine su quanto la inestimabile bellezza della donna si sia persa con gli anni. L'unica cosa che era riuscito a notare in lei. E non capisce nulla di quello che passa per il suo cervello.
Il romanzo si apre con il narratore, Elias Rukla, che spiega agli alunni l'anatra selvatica di Ibsen nel suo modo pedante anche se interessante, stendendo buona parte dell'uditorio. Confesso di avere fatto la fine degli alunni zotici alla fine della lettura del romanzo. Anche se l'approccio alla scrittura assomiglia a quello di Lars Gustafsson, sinceramente preferisco quest'ultimo perchè è meno pedante e più originale. Anche se finge di mettere su una trama e poi non ti racconta nulla nemmeno lui, almeno le sue riflessioni contengono intuizioni interessanti, guizzi. Solstad riflette molto su questioni di cui non riesco a capire l'interesse e la profondità. Ma il libro è ben scritto e molto probabilmente sono io che non riesco ad apprezzarlo.

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Lars Gustafsson
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