Tatà
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Ritorno a casa
Il mistero della morte di zia Colette, avvenuta due volte a distanza di tre anni, nel 2007 e nel 2010, ha dell’ incredibile, dell’ improbabile, dell’ impossibile, semplicemente segna l’ inizio di un’ altra storia.
In se’ l’ eco di una vita dedita al proprio lavoro di calzolaia, una donna nubile, fine, senza figli, con un bel portamento, poco loquace, solitaria, la passione per la locale squadra di calcio del Gueugnon che segue da sempre, amante dei gialli di Agatha Christie e di Simenon.
Agnes Dugain, sua nipote, trentottenne cineasta di fama, emigrata in America, oggi sola, svuotata della propria arte, separata da un marito attore che continua ad amare, ritorna a Gueugnon per le sue esequie e si confronta con la voce della zia registrata su cassette a lei destinate, frequenta vecchi amici di infanzia, cerca di scoprirne il vero volto e chi è stata per l’ amato fratello Jean, suo padre, grande talento musicale prematuramente scomparso, a cui aveva sacrificato la propria giovinezza, per la piccola comunità di Gueugnon, per le poche conoscenze fidate, per se stessa, per l’ enigmatica Blanche.
Tata’ e’ un corposo romanzo di matrice famigliare che scorre piacevolmente all’ interno di una suspance crescente, percorso da ripetuti colpi di scena, con tratti di profondità e di intimità che ricordano gli intricati e turbolenti grovigli umani di Fredrik Backman, meno humour e medesima brillantezza, sbalzi temporali, un microcosmo inaspettato e cangiante, segreti conservati gelosamente, verità celate, una giostra imprevedibile e bizzarra che annulla le proprie certezze svelando porzioni di altro.
E allora la vita di Colette ripropone ad Agnes gli anni della propria infanzia e giovinezza, le consente di ricostruire pezzi di vite altrui, piccoli grandi misteri irrisolti, volti sconosciuti, l’ eco della diversità, passioni insospettabili, amori celati, addentrandosi nelle persecuzioni belliche, ripercorrendo episodi di violenza domestica, segreti famigliari, relazioni impossibili, frequentazioni durature, tradimenti, abbandonandosi all’ idea che ciò che sembrava estraneo e ripugnante possa appartenerci, smascherando origini lontane.
La voce di Colette si apre lentamente alla propria essenza più vera, una semplicità corredata da indiscutibili doti umane, da una forza dirompente, archetipo e collante di tante altre storie, sovente parallele, simbiotiche, multiformi, dolorose, una donna che conquista con il proprio entusiasmo, i prolungati silenzi, la bella voce, i suoi due sorrisi, uno triste e uno gioioso.
Una donna diversa da quello che Agnes aveva sempre creduto, il ritorno nella sua casa vuota la riavvicina a se stessa e a Colette immergendola in un universo sorprendente, sconosciuto, sommerso, voci, volti, speranze inattese, traumi, dolori vissuti dentro, resilienza, passioni, sentimenti, esternando una dimensione personale di incertezza e fragilità, uno stato di attesa e di non ritorno.
Grazie a lei Agnes rivisita passato e presente, uniti da una dimensione atemporale di vicinanza emotiva, accarezza la propria ombra, assalita dai dubbi, riconsidera una famiglia ristretta, l’ amore per il fratello, riflettendo sul fatto che c’è chi mai si riprende da una separazione amorosa, scopre di non essere mai stata bene come in quei giorni, una parentesi indimenticabile conclusa con il funerale della zia.
Grazie alla sua seconda morte Colette è ritornata alla vita, una vita in cui è ancora presente, …
…nascosta nell’ urna come in una lampada magica…