Tante piccole sedie rosse
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Recensione della Redazione QLibri
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L'amore ti rende vivo
Tutte le guerre sono feroci. Alcune sono più feroci delle altre. Non tutte le guerre si combattono lealmente. Alcune sfogano violenza e crudeltà sulla popolazione inerme.
Questo è quanto evoca il titolo dell’ultimo romanzo di Edna O’Brien “Tante piccole sedie rosse”.
Nel 2012 undicimilacinquecentoquarantuno sedie rosse furono messe in fila nel centro di Serajevo, per ricordare l’inizio dell’assedio della città da parte delle forze serbo-bosniache. Seicentoquarantatre sedie erano di dimensione più piccola: ognuna di esse rappresentava un bambino ucciso dai cecchini.
Un titolo, dunque, che evoca una tragedia infinita, un romanzo che parla d’amore, dell’amore sognato, tradito, deluso, dell’amore materno, dell’amore per Dio, dell’amore per la natura.
Nello sfondo di un’Irlanda verde e pacifica, provinciale e borghese si ambienta la prima parte del romanzo che ha per protagonista Fidelma, bella e amata moglie di un uomo molto più anziano, che soffoca con dolore il suo frustrato desiderio di maternità. Ed è nella sua tranquilla routine quotidiana che irrompe prepotentemente la figura di questo straniero che si presenta come guaritore in grado di compiere prodigi. Fidelma diviene Didone, la regina sedotta e ingannata. Ella dà tutta se stessa, con la speranza di avere il figlio desiderato. Ma il prezzo che è costretta a pagare la nostra Didone, la Didone dei nostri tempi, è altissimo perché il suo straniero è ben lungi dall’essere l’Enea di Virgilio. Egli è il feroce assassino di Serajevo.
La violenza genera violenza e Fidelma ne è vittima ella stessa. Perso tutto ciò che costituiva la sua vita serena, abbandona il suo paese e giunge in Inghilterra. Il viaggio nell’inferno dei diseredati costituisce la seconda parte del romanzo.
Di discriminazione sociale e razziale, di sfruttamento e precarietà è fatto il mondo di queste creature che lottano per la sopravvivenza. Alcuni ce la fanno, altri soccombono. Un tema di tragica attualità, soprattutto se si pensa alla ulteriore chiusura voluta dalla Brexit verso una politica di solidarietà.
Un romanzo duro, a tratti feroce, come può solo essere la narrazione di fatti atroci realmente accaduti, una storia che turba e sconvolge le coscienze. Per lo meno di coloro che ancora ne possiedono una.
“Casa, casa, casa. […..]Non immaginate quante parole esistano per dire «casa» e quali musiche selvagge se ne possano ricavare.”