Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà
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Recensione della Redazione QLibri
Luis, o scrivi in italiano o in mapuche
La piccola lucciola si appoggia sul naso, intiepidisce col minuscolo corpo quel lembo di pelle nuda del bel lupo. Lui si riscalda, fissa gli occhi sul luccichio e inizia il racconto di quel triste giorno in cui perse tutto.
L'ultima favola di Sepùlveda ci offre un contenuto gia' sentito molte volte, forse per questo l'autore vuole contrassegnarlo con qualcosa che lo distingua dai suoi predecessori.
Ecco allora una marcia indietro nel tempo verso le fiabe raccontate dal prozio nel sud del Cile, un mapuche, che al calare del sole ipnotizzava i bimbi con storie narrate nella sua lingua.
Parole straniere a noi sconosciute, di cui si avvale l'autore per dare una collocazione geografica e umana al racconto, un intento di originalita' probabilmente, una debolezza sentimentale forse.
L'effetto del miscuglio proposto e' a mio avviso alquanto spiacevole, questi vocaboli inseriti in continuazione accanto all' indispensabile traduzione riescono a rendere zoppicante anche un testo tanto breve e semplice.
In sintesi graziosa la storia come sempre avviene nelle fiabe del Cileno, ottimo l'intento, ma manca di un'idea originale e lo stile ha un esito pruriginoso.
In questo caso ritengo la potenziale diffusione del libro un evento direttamente proporzionale al nome altisonante di chi l'ha prodotta, non credo questo racconto farebbe molta strada altrimenti.
Peccato, poteva essere il ritorno di una gradevole compagnia .
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Opinioni inserite: 5
Nel nome, un destino
Come in tutte le sue storie, sono gli animali a parlare e ad insegnare agli uomini. Il protagonista di questa fiaba è un cane, Aufman, nome che significa leale e fedele, valori che hanno caratterizzato la sua vita, il suo rapporto con un cucciolo d’uomo ed il suo modo di affrontare anche la morte. Gli animali sono la voce preferita da quest’autore, forse perché è stato deciso che animali e uomini non si devono capire parlando, ma attraverso i sentimenti espressi dal modo di guardarsi. Questa storia, di devozione estrema, mi ha fatto riflettere sulla fedeltà alla vita, che non si può mai tradire, anche quando sempre più semplice, più facile cedere al comodo invito della morte. La vita va accolta sempre con gratitudine ed anche se la voce del dolore non si può mai dimenticare, bisogna sempre ricordare che grande dono è stato l’essere stati messi al mondo e l’avere la possibilità di vedere tutto questo.
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Un capitolo solo...
Io adoro come scrive Luis Sepulveda, soprattutto quando tratta temi delicati sulla vita e sulle persone.
Anche questo libro ha una storia bellissima e toccante, anche perché molto attuale. Chi di noi non ha o non vorrebbe un animale domestico, ma non solo per l'amore verso gli animali bensì per provare quel bellissimo rapporto di amicizia che si crea con gli animali e che nessun amico umano può darti, perché la fedeltà che ti da un animale in particolar modo un cane va al di là di razze, età e di tempo.
Infatti è la storia di un dolcissimo cane lupo talmente legato al padroncino con cui è cresciuto , che quando lo perde ed è costretto a vivere con dei bruti in maniera pessima non si arrende e spera che la vita li faccia ritrovare un giorno. Così ogni momento che può mantiene vivo il ricordo del suo piccolo fratello umano ricordando i giorni passati.
Purtroppo molte parole scritte sia in mapuche (lingua del prozio del cile) che in italiano rallentano e disturbano la lettura che sarebbe scorrevole e piacevole come sempre quando si tratta di Sepulveda.
Ma per così poche pagine tutto è sopportabile e non si può non leggerlo, e magari poi anche passarlo ai figli sarebbe una buona idea.
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RACCONTA, GENTE DELLA TERRA
Lo scrittore cileno con quest’ultima opera “colma un debito che durava tanti anni”.
Lo anima il sentimento di riconoscenza verso gli adulti che gli hanno raccontato molte storie: i nonni e il prozio Ignacio, mapuche. Benché egli , in particolare, raccontasse in lingua mapudungun delle storie ai bambini mapuche , Luis, anche lui bambino, riusciva comunque a capirle.
Questa breve narrazione è fortemente intercalata da dungu- parole che costringono a rallentamenti nella lettura: lontane, astruse, incomprensibili e subito affiancate da puntuale traduzione. Fungono da elementi di rottura nella fluidità narrativa, costringono a infinite pause, sono quasi elementi di disturbo, nell’adulto.
Ho letto il libro ai miei figli prima della nanna , tre notti, nessuna lamentela: da loro il bilinguismo è stato ben accetto.
Hanno sorriso per i nomi di quella strana lingua e sono stati impressionati dal nawel- giaguaro, dall’isolamento della ruka- casa e dai suoi odori: “fumo di legna secca, lana, miele e farina”.
Hanno capito subito che la storia narrata dal cane lupo sarebbe stata all’insegna dell’ amicizia e dell’ estrema lealtà.
Hanno vissuto, trepidanti, la caccia all’uomo, capaci di orientarsi tra i diversi piani temporali: il presente della malvagità umana rappresentata dai wingka, i forestieri irrispettosi della natura e degli indios, e il passato burrascoso del fedele cane che cucciolo cadde sulla neve...
Ho terminato la lettura che da adulta avrei abbandonato alla prime pagine , in lacrime , davanti ai miei figli.
Ho trasmesso loro una storia, l’ho veicolata del mio sentire. Loro, divertiti dalla mia reazione, hanno, sei e nove anni, consolato la madre. Non ho chiesto loro se la storia gli fosse piaciuta, ma che cosa avessero capito. La loro risposta è stata: la fedeltà! Il rapporto di amicizia fra un cane e un bambino, la durata del loro legame, il loro essere parte della natura sono gli altri elementi percepiti che da soli meritano la lettura a favore di tutti i nostri bambini perché anche essi un giorno possano raccontare storie ad altri bimbi in una magia che si rinnova dall’alba dei tempi.
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Una storia affascinante
AVVISO: La recensione contiene anticipazioni sul finale
E’ di certo un piccolo capolavoro, uno dei più affascinanti dello scrittore cileno, che in questa breve storia di 90 pagine comprese quelle di disegni, adotta due strumenti stilistici di non poco conto, e cioè:
1)usa la prima persona mettendosi, però, nei “panni” di un cane, che è il protagonista assoluto del racconto; infatti l’incipit suona così:
“Il branco di uomini ha paura. Lo so perché sono un cane e fiuto l’odore acido della paura.”
2)usa spesso termini in lingua mapuche, popolo vissuto nel Sud del Cile, in una regione chiamata Auracanía o Wallmapu, termine composto dall’unione di due parole – mapu, terra, e che, gente – la cui traduzione corretta è Gente della Terra; l’incipit, infatti, prosegue così:
“La paura ha sempre lo stesso odore e non importa se la prova un uomo spaventato dal buio della notte o se la prova waren, il topo che mangia finché il suo peso diventa una zavorra, quando wigña, il gatto delle montagne, si muove guardingo fra gli arbusti.”
La trama, molto semplice, narra di un cagnolino appena nato che viene salvato da un giaguaro, nawel, che lo porta nella sua tana e lo nutre e lo cura. Poi un giorno il giaguaro prende il cagnolino cresciuto e lo porta fino ad un villaggio mapuche dove viene adottato. Cresce insieme a un bambino, Aukamañ, ubbidisce agli ordini del vecchio del villaggio, Wenchulaf, finché un giorno arrivano alcuni uomini bianchi che uccidono il vecchio capo-tribù e incendiano il villaggio, cacciandone gli abitanti, perché quelle terre interessavano a una multinazionale del legname.
Il racconto si apre con i bianchi che danno la caccia a un giovane indio, che è proprio Aukamañ cresciuto, per ucciderlo, e usano il cane per inseguirlo nel bosco, avendolo ferito di striscio a una gamba.
Il cane, che si chiama Aufman – in mapuche vuol dire fedele e leale-, invece di seguire le tracce del giovane indio porta i bianchi in tutt’altre direzioni; alla fine muore per salvare l’amico, dimostrando di essere “Aufman” di nome e di fatto; e da cui il titolo.
Se la veste grafica del libro, come i disegni, i caratteri grandi, e la copertina stessa, appartengono al genere letteratura per bambini, il contenuto della storia, che appartiene alla tradizione mapuche, – e Sepulveda la apprese da un suo prozio che la raccontava ai bambini mapuche in lingua mapudungun – mi sembra adatta anche a un pubblico adulto. Infatti tutti i libri di Sepulveda che raccontano storie di animali – la gabbianella e il gatto, il gatto e il topo, la lumaca ecc., seppur appartenenti al genere letteratura per bambini, piacciono anche agli adulti, come a me è piaciuta questa storia. Ciò, perché dietro ogni storia c’è come sfondo il contrasto bianchi civilizzati e distruttori vs indigeni che vivono in armonia con la natura rispettandola. La ferita degli spagnoli che hanno distrutto le etnie in centro e sud america, come pure gli yankees che hanno quasi del tutto annientato i nativi dell’ America del Nord, è ancora aperta…
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Aukmann e Aufman
Aukmann e Aufman sono quel che la Gente della Terra definisce peñi, ovvero fratelli. Separati a causa della violenza e della cattiveria umana, i due non si sono dimenticati, anzi, seppur siano trascorsi anni e tanta terra sotto il loro cammino entrambi hanno conservato il ricordo di quei giorni in cui ancora non avevano perso tutto, in cui ancora non erano stati strappati dalla vita che li aveva visti crescere insieme e condividere gioie, emozioni, rispetto per la flora e la fauna circostante.
Con quest'ultima novella Sepulveda sussurra al lettore la gioia del vivere, invita lo stesso a prendere la vita dal verso giusto, anche ed a maggior ragione quando le avversità che sul cammino si manifestano sembrano insormontabili.
Scritto con l'immancabile penna del cileno naturalizzato francese “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà” è una fiaba che si fa divorare in meno di una giornata lasciando a chi legge serenità e riflessioni sui valori dell'esistenza. E' un testo che ci ricorda di avere sempre rispetto per quel che ci circonda, è un racconto che ci rimembra quella dolcezza e quella fedeltà che solo tra uomo e animale esiste. Giusti i tempi di narrazione nonché la successione logica e cronologica degli avvenimenti.
« Non sapremo mai dove l'ha trovato nawel, il giaguaro, né che cosa sia successo a sua madre, ma sappiamo che questo cucciolo è sopravvissuto alla fame e al freddo della montagna. Questo cucciolo ha dimostrato lealtà a monwen, la vita, non ha ceduto al comodo invito del lakonn, la morte, perciò si chiamerà Aufman, che nella nostra lingua significa leale e fedele »
« Insieme imparammo dal vecchio Wenchulaf che la vita va accolta con gratitudine»
« Ululo perchè la voce del dolore non si dimentica mai »