Storia di te
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Tutto e niente
Perdere un figlio conduce alla pazzia, l’anima è squarciata e la mente offuscata, il tutto si divide in prima e dopo quell’evento. Annegare nel senso di colpa, autodistruggersi, seguire chi è partito, una madre cosa può fare per fronteggiare un dolore così immenso? Non ci sono cure efficaci ad effetto immediato, Rosy lo sa, forse costruire una realtà parallela che poi tale non lo è più può lenire la sofferenza. Dal passato, rigorosamente ristretto nel prima, emerge una figura fantasma tanto cara alla protagonista, un uomo di cui in gioventù aveva amato ogni sfumatura. Lo vede, dialoga, scambia effusioni, un caffè, una sigaretta e lui non c’è più. Sogna o è sveglia? Il tempo passa, il guasto interiore è ancora lì in attesa, ecco un nuovo incontro, e-mail, ore passionali, momenti di tenerezza, dichiarazioni amorose ritardatarie, poi ancora il nulla. Rosy immagina o vive davvero quelle situazioni?
Beato chi lo scopre e lo comprende. Un tema delicatissimo che si potrebbe sviluppare in molteplici modi, scatenando reazioni diverse, una valle di lacrime, commozione, angoscia, qualsiasi cosa ma non di certo indifferenza e perplessità.
La struttura è precaria e disarmonica. Dopo numerose pagine si coglie il senso e prende forma il romanzo. La voce narrante è la protagonista che si rivolge all’uomo venuto dal passato, è la sua storia, la loro storia. L’amore e il rapporto degli amanti dovrebbe fare da contorno ad una tragedia vestendosi a lutto e muovendosi in punta di piedi, l’evento madre dovrebbe essere la morte della figlia, ma la si percepisce in sottofondo e non reclama prepotentemente importanza e attenzione, momenti toccanti ce ne sono, ma pochi e mal incastrati nella narrazione.
Difficile capire inizialmente la natura del contenuto, proseguendo nella lettura subentra la confusione per il passaggio continuo dal presente al passato, dal prima al dopo, si invertono i ruoli, i soggetti, un girotondo da capogiro di luoghi e tempi. Per forza d’inerzia si giunge alla conclusione o forse è l’augurio di un epilogo cristallino, vane speranze. Un punto interrogativo dall’inizio alla fine. L’idea di partenza è buona, l’autrice poteva giocare meglio sul discorso psicologico e paranormale.
Concludendo, un libro dall’impronta evanescente.
“Sarebbe meglio prestare attenzione alle cose strane che succedono, cose che a occhio nudo sembrano prive di senso. Non c’è errore più grande che cercare di renderle normali e scusabili, di trovare una giustificazione.”