Stoner
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La storia straordinaria di una vita ordinaria
Un autore capace di fare di una vita ordinaria una storia straordinaria è un autore di rare capacità narrative. Il protagonista di questo romanzo, di umili origini, è una figura grigia, anonima, che può lasciare indifferenti i più. La sensazione che percepisci, soprattutto dalla prima parte in cui viene tratteggiato a grandi linee, è quella di una grande tristezza, quasi inutilità, pur rendendoti conto che sono parole molto forti, se si parla della vita di una persona. Poi però questo grigiore comincia a prendere colore, i personaggi secondari che contornano la sua esistenza ne fanno scoprire lati inaspettati, gli eventi storici, che restano nel sottofondo, comportano conseguenze che hanno un qualche impatto anche sulla sua vita e sulla vita della sua famiglia. Con una grande lentezza, che è soprattutto una forma di delicatezza e rispetto, cominci a vedere in questa anima molto di più di quello che inizialmente ti avevano presentato. Ti accorgi, lentamente, di quanto l’amore può scaldare l’anima e di quanto la mancanza di amore può raffreddarla. L’autore ha saputo, con amore, raccontarci l’anima di questo uomo, con tanti non detti che, in un romanzo, sono ciò che forse più ti rimane dentro.
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La vita nel bene e nel male.
Sul letto di morte William Stoner ripensa ai punti cardine della sua esistenza e si domanda se abbia fatto abbastanza. Lo studio, il matrimonio, la paternità, un nuovo amore e la carriera accademica. Poi riprende in mano la sua prima pubbicazione, quella che gli ha aperto le porte dell’insegnamento, e, forse, capisce che tutto è partito da lì e tutto si conclude in quel libro, in cui, a sessant’anni suonati, si riconosce solo in parte.
Per quasi tutto il romanzo non viene mai chiamato con il suo nome di battesimo, ma solo con il cognome, quasi a voler sottolineare una sorta di distanza tra chi scrive ed il protagonista dell’opera. Ed il primo, l’autore, sembra porsi sempre come un osservatore di un caso umano che descrive con asettico distacco, ma con sapiente capacità descrittiva sia caratteriale che fisica. La progressiva chiusura verso il mondo esterno cosi come il raccoglimento sui testi da tradurre e sulle tesi di dottorato segnano il passaggio dalla giovane alla mezza età, esteriormente contaddistinta da una gobba sempre più preponderante e da una incipiente sordità.
Da più parti William viene descritto come un uomo che si è lasciato scivolare addosso la vita, nel bene e nel male, una sorta di inetto, che non eccelle nel lavoro, fallisce nella vita personale e non è in grado di ricoscere l’amore vero. E, si sa, ogni storia suscita nel lettore un’emozione diversa, soggettiva ed, in qualche modo, legata anche al vissuto personale ed alla propria capacità di imedesimazione nei panni altrui.
Per questa ragione, posso dire che mi sono legata tanto a questo professore impacciato nei modi, schivo e dagli occhi grigi e freddi, ma dal grande spessore intellettuale e morale. Egli è figlio della mentalità tipica della fine dell’Ottocento, quella per la quale se sei figlio di un contadino rimarrai contadino per tutta la vita ed avrai le stesse mani brunite e callose di tuo padre, eppure nel 1910, a diciannove anni, egli, figlio di umili lavoratori della terra, si iscrive alla Columbia University e conosce, quasi da autodidatta, la letteratura inglese, che rappresenterà la prima grande passione. Fa incontri importanti, di quelli che segneranno per sempre il modo di intendere la vita: l’amico Dave Masters, che gli parla dell’accademia come di una sorta di rifugio da mondo, la moglie Edith, che gli farà sperimentare un senso di solitudine, ma indirettamente gli darà la possibilità di nutrirsi di quell’amore puro che è la paternità fatta di biberon e studi serali vicino ad una piccola Grace che gattona.
L’incontro con Lomax, il suo collega antagonista, il capo di dipartimento implacabile, è l’esempio emblematico di quanto William non sia stato per niente quell’uomo debole che non ha saputo o voluto contrastare il destino. Mantenendo le sue posizioni, è andato incontro consapevolmente alle conseguenza della sua fermezza e non si è piegato ad un atteggiamento accondiscendente che gli avrebbe garantito una carriera diversa. E così, in poco più di trecento pagine, sono condensate le vicende umane di un essere vivente che si fa spettatore dei grandi cambiamenti del Novecento. Sullo sfondo compaiono le due guerre mondiali, alle quali egli non parteciperà da soldato, ma che forgeranno ancora di più la sua indole già avvezza al sacrificio ed all’abnegazione. Ho nutrito grande rispetto per il professor Stoner, ho costruito un’immagine mentale di lui come di un figli di una generazione diversa, uno di quei saggi dai quali avrei potuto imparare tanto, magari solo con uno sguardo o con qualche parola, vista la sua inclinazione alla laconicità.
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UNA VITA
Leggendo opinioni e recensioni varie avevo già intuito che Stoner è un romanzo di quelli che vanno letti, che ti lasciano qualcosa dentro. Non ho avuto delusioni.
Leggendo il romanzo ho capito cosa ci trovano i lettori in questa storia: Stoner è uno di noi. È un uomo qualunque che vive una vita normale, quasi banale e noiosa e ci si può rispecchiare benissimo nei fatti che accadono durante la sua vita.
Inizialmente si dedica agli studi e si allontana dai genitori per amore della letteratura ed é una fase che chiunque passa in età adulta, la ricerca del proprio percorso e il taglio del cordone ombelicale (non sempre così drastico) con la famiglia.
Poi la ricerca del proprio posto nel mondo e Stoner sceglierà di fare il professore proprio nell'università in cui ha studiato.
La scelta del matrimonio, per interrompere la solitudine e forse anche per una sorta di innamoramento porteranno il nostro protagonista alla vita comune coniugale in cui troverà solo tanta amarezza.
L'arrivo di una figlia, l'amore puro per Grace e il sentirsi genitore, altra tappa comune per quasi tutte le persone.
Tutto questo ci fa comprende Stoner come se fosse un nostro conoscente, ed è per questo che durante la lettura quasi vorresti dare una scrollata alle spalle di quest'uomo che vive la vita passivamente, a parte qualche piccola esplosione di personalità.
Cercando di fuggire dal suo disastroso matrimonio si rifuggerå tra le braccia di una sua allieva e professoressa, per poi venire ostacolato dal rettore universitario con cui aveva avuto anche un diverbio lavorativo e personale, e quindi anche questo piccolo periodo di felicità viene demolito.
Cosa rimane a Stoner? Una vita senza grandi stimoli, senza tanto amore o affetto, senza un apparente motivo di essere vissuta.
L'arrancare di un uomo che non ha saputo prendere in mano la sua vita e le persone che ne facevano parte ma a sua difesa si puo dire che non è nemmeno stato molto supportato dalla moglie e dal mondo in generale.
Cosa può offrire la vita ad una persona? Tanto e poco, dipende dai punti di vista.
La conclusione del romanzo, in cui mi aspettavo magari un piccolo riscatto per il protagonista, è molto delicata e bellissima da leggere.
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Vivere per la Letteratura
Ho tenuto in attesa la lettura di questo libro per mesi perché dalle recensioni lo immaginavo noioso, senza alcun risvolto saliente. Non so se mi sono ricreduta ma sono contenta di averlo letto.
Tanti affermano che nella normalità della vita del protagonista è facile identificarcisi… spero non per tanti però!
Stoner, più volte chiamato dallo stesso autore solo per cognome come a rimarcare la veridicità tra il significato del termine inglese e la sua identificazione, è un personaggio descritto con un carattere debole e incapace di reagire a qualsiasi angheria della vita. Affronta con passività qualsiasi scelta gli sia stata imposta dal destino: il lavoro dei campi da giovane, l'università di Agraria, lo sfruttamento per il vitto e alloggio dei presunti parenti dei genitori, le cattiverie di una moglie insana di mente, l'allontanamento morale dalla sua diletta figlia, l'obbligo alla rinuncia del suo unico vero amore.
Unica cosa per cui lotta da giovane fin da vecchio è la Letteratura.
Riesce a ribellarsi alla vita scelta dai suoi genitori facendo il cambio dei corsi di studio e di professione.
L'edificio universitario e l'insegnamento sono il suo unico habitat a lui del tutto naturale. Riesce addirittura a tenere testa alle prepotenze di un collega.
Anche in fin di vita, la sua unica preoccupazione è quella di organizzare i corsi per quel tempo che gli resta, di non abbandonare i suoi alunni. Non avvisa la moglie, non avvisa la figlia, non avvisa gli amici ma informa il suo collega della scelta di lasciare l'insegnamento.
La vita di quest'uomo scorre lenta come trascinata da una forza a cui non può opporsi, come in balia di forti correnti di un fiume in piena.
La parte più bella e toccante, a mio avviso, è la descrizione della fine dei suoi giorni… tra coscienza e incoscienza, tra rimorsi e rimpianti di una vita non vissuta nella sua vera pienezza. Ottiene in fin di vita la consapevolezza che la sua unica passione è sempre stata la letteratura e grazie a questa vive gli ultimi istanti con serenità accarezzando ciò che di lui rimarrà in eterno: il suo libro.
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Straordinario nella sua ordinarietà
William Stoner è un uomo come tanti altri: senza particolari virtù né rimarchevoli difetti.
Alcuni potrebbero anche immedesimarsi in lui, altri, forse la maggioranza, potrebbero addirittura infastidirsi per la sua imperturbabilità dinanzi a qualsiasi evento avverso, un'imperturbabilità ai limiti dello stoicismo che rischia di essere confusa per debolezza o irresolutezza.
Indubbiamente però, quasi come trascinate da una forza d'inerzia misteriosa, le pagine di questo romanzo, pregne della vita di un uomo qualunque, ci scorrono dinanzi agli occhi come in un film destando un interesse quasi inspiegabile se rapportato all'ordinarietà di quella vita; eppure sono certo che pochi, una volta conosciuto William Stoner, decideranno di abbandonarlo al suo destino piuttosto che seguirne sino alla fine le sue vicissitudini, per quanto poco straordinarie esse siano.
Innegabile, quindi, il merito dell'autore John Wiliams che ha saputo costruire un romanzo intenso, emozionante e coinvolgente ispirandosi all'esistenza di un uomo qualunque: ciò perchè ogni episodio, ogni dialogo, ogni pensiero espresso o represso, persino le movenze e gli sguardi, sono descritti con tale dovizia di dettagli e con oculata scelta di termini da rendere vivida e limpida l'immagine di William Stoner nella mente di chi legge, quasi fosse reale, quasi fosse un amico di vecchia data.
Altrimenti non saprei come giustificare diversamente l'impeto di rabbia che più volte ho provato nei suoi confronti, il desiderio forte di entrare nel suo studio, sedermi al suo fianco e parlargli da buon confidente, cercando di scuoterlo, di rompere quella corazza di impassibilità dietro la quale si nasconde ogni qual volta il destino gli si abbatte contro.
Una corazza che gli è stata forgiata addosso praticamente dalla nascita, provenendo da un'umile famiglia di contadini residente a Booneville, un paesino nel Missouri a circa 40 miglia da Colombia.
I ricordi della sua infanzia ruotano tutti intorno all'immagine del padre con la schiena ricurva sui campi nel tentativo disperato di sottrarre alla scarsa generosità di quei terreni il minimo necessario per la sussistenza della sua famiglia; ed il ricordo della madre con il volto sempre ottenebrato dal timore di non farcela, di soccombere prima o poi sotto un cumulo di debiti da pagare.
"Benchè i suoi genitori, all'epoca, fossero ancora giovani - suo padre aveva 25 anni, sua madre neppure venti -, Stoner, fin da piccolo, aveva sempre pensato che fossero anziani. A trent'anni, suo padre ne dimostrava già cinquanta; piegato dalla fatica, fissava disperato l'arido pezzo di terra che di anno in anno dava da campare alla sua famiglia. Sua madre sopportava la vita con pazienza, come una lunga disgrazia destinata a finire."
E quando Stoner decide di abbandonare la fattoria dei genitori per studiare presso l'università di Colombia, nella valigia oltre a pochi abiti consunti ci saranno proprio quei ricordi e la speranza intravista negli occhi senza lacrime dei suoi genitori che egli possa continuare in modo proficuo gli studi di agraria all'università e magari, un giorno, con l'ausilio delle nuove tecnologie, rendere meno impervia la loro quotidiana lotta per la sopravvivenza.
Ed è con l'ingresso di Stoner all'università che prende corpo il racconto della sua vita: lo vedremo rassegnarsi dinanzi allo studio di materie tecniche che non stimolano il suo interesse e lo vedremo invece cedere alle lusinghe della letteratura che diventerà sin da subito la sua più grande passione.
"L'amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana ed imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l'amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio."
Si innamorerà Stoner. O forse non era amore quello che provava per Edith, lo capirà meglio dopo; forse era solo il desiderio di uscire dalla sua sfera di solitudine, di sollevare lo sguardo dai libri ed iniziare a guardare anche il resto del mondo, una donna, degli amici.
Pochi momenti felici, l'emozione del contatto fisico con una donna, il piacere di una serata in compagnia dei due migliori amici e la possibilità di insegnare come docente di materie letterarie una volta completati i suoi studi. Ma il destino è sempre in agguato.
Ci sarà la prima guerra mondiale, che spazzerà via la vita di un suo amico e di tanti che come lui decisero di onorare la patria prestando servizio volontario in quell'assurdo conflitto. Si sposerà, avrà una nuova casa ed una bellissima figlia che diventerà ben presto l'unica benedizione di quel matrimonio trasformatosi sin da subito in una guerriglia subdola e logorante da cui troverà riparo solo nel suo studio, tra i suoi libri, le poesie e le lezioni per i suoi studenti.
E conoscerà anche l'amore, questa volta quello vero, quello che brucia dentro, che ti avvolge e dissolve il mondo intorno: solo lui e Katherine, il professore e la studentessa.
Troppo bello per essere vero, perchè possa durare sotto i colpi di mannaia del collega professor Lomax, deciso a vendicare un affronto subìto minando alle fondamenta quel rapporto già di per sè precario.
Giungerà poi la malattia e la morte, e sono queste forse le pagine più intense di tutto il romanzo: ci troveremo anche noi al capezzale di quest'uomo, stringendogli magari la mano, mossi da sentimenti contrastanti: compassione e rabbia.
Compassione verso un uomo che ha cercato e voluto una propria rivalsa personale, rabbia verso quello stesso uomo che incassa gli affondi del destino parando i colpi, piegandosi su se stesso ma senza mai reagire, con la stessa stoica resistenza dei suoi genitori che continuavano a piegare la schiena su quei campi che prima o poi li avrebbero inghiottito:
"Le loro vite erano state consumate da quel triste lavoro, le loro volontà spezzate, le loro intelligenze spente. Adesso erano lì, in quella terra a cui avevano donato la vita, e lentamente, anno dopo anno, la terra se li sarebbe presi. Lentamente l'umidità e la putrefazione avrebbero infestato le bare di pino che raccoglievano i loro corpi, e lentamente avrebbero lambito la loro carne, consumando le ultime vestigia della loro sostanza. In ultimo sarebbero diventati una parte insignificante di quella terra ingrata a cui si erano consegnati tanto tempo addietro."
Mi auguro di essere riuscito nel tentativo di farvi percepire la grandiosità di questo romanzo che vi permetterà di amare o odiare Stoner, ma certamente non vi lascerà indifferenti, sicuramente vi travolgerà l'onda emotiva che l'autore è in grado di suscitare descrivendo gli episodi della vita di Stoner inquadrandoli da vicino, presentandoci quei dettagli che in una visione più superficiale potrebbero sfuggire ma che, al contrario, diventano significativi nel momento in cui vengono focalizzati, consentendo al lettore un'immediata immedesimazione nel contesto.
Ecco così che, zoomando sulle espressioni del volto o su particolari movenze del corpo, accentuando determinate tonalità nella caratterizzazione dei dialoghi, prolungando una risata sino a renderla beffarda o un silenzio sino a renderlo testimone di una verità fin troppo taciuta, l'autore riesce ad elevare Stoner da 'uno qualunque' ad 'uno di noi', un nostro conoscente, la cui vita non ci sarà più estranea ma ci coinvolgerà a tal punto che ci sentiremo in diritto di giudicarla, nel bene o nel male, approvando o condannando le sue scelte ed i suoi comportamenti: tutti però alla fine potremo dire di aver conosciuto William Stoner.
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Lungo viaggio includente
L’ incedere della vita di un uomo ( Stoner) nei propri tratti salienti, una descrizione fredda, semplice e lineare a svelare dinamiche e perigliosita’ della vita stessa.
Sembra che William Stoner attraversi silenziosamente e pacatamente il fluire degli anni, da estraneo, annettendosi allo scorrere del tempo, uniformando azioni e sentimenti, oggettivandone il trascorso.
L’ incipit del romanzo ne è l’ epilogo, rappreso in quella indifferenza e silenziosa presenza di un vago e stemperato ricordo.
Ma poi, nel fluire della storia e tra le righe, scopriamo quanto le stagioni della vita impongano riflessioni e tentennamenti, scelte obbligate, desideri celati, rinunce, amarezze, amore, solitudine e riflettiamo su quanto egli abbia vissuto pienamente.
Unico figlio di una famiglia solitaria tenuta insieme dalla fatica, presto riconosce la necessità di un cambiamento, di una svolta necessaria, l’ allontanarsi da quel mondo rurale in cui il passato sorge dalle tenebre ed i morti tornano in vita di fronte a lui.
L’ università, l’ amore improvviso e devastante per la letteratura dopo l’ ascolto di un sonetto di Shakespeare gli regalano un senso di estraneità, un misto di pietà ed amore distante nei confronti della propria famiglia.
Da quel momento solo presso l’ università della Columbia proverà una sicurezza ed un calore mancatigli sin da bambino, un rifugio per sempre. La ricerca di un senso nell’ insegnamento contrapposto ad un matrimonio da subito fallimentare riveleranno il bisogno di dare un ordine a se stesso, diventando un buon insegnante, un senso del tutto sconosciuto nella propria vita matrimoniale.
Ci sarà un momento in cui chiedersi se la propria vita sia degna di essere vissuta e se mai lo sia stata, guidato dalla consapevolezza che alla fine tutte le cose sono futili e vuote e svaniscono in un nulla inalterabile.
Ci sarà una stagione in cui Stoner pare rimuovere la coscienza dal corpo che la contiene ed osservarsi dall’ esterno come un estraneo che ripete i gesti di sempre in modo stranamente famigliare, ma a quarantadue anni non vedrà nulla di emozionante nel suo futuro.
Apprenderà che l’ amore non è un fine ma un semplice processo di conoscenza e che la figlia Grace è una creatura aliena al mondo, costretta a vivere dove non può sentirsi a casa, avida di tenerezza e quiete ma costretta a cibarsi d’ indifferenza, insensibilità e rumore.
Gli anni successivi alla seconda guerra mondiale saranno i migliori della sua carriera e della sua esistenza. Con la piena maturità una riflessione profonda, se stesso lontano da se’ e mai così addentro, lo studio come valore intrinseco e non un mezzo in vista di qualche fine specifico.
Il tempo scorre verso un pensionamento prossimo ed indesiderato, non riuscendo a pensarsi vecchio mentre una rinnovata intimità con la moglie Edith parrebbe l’ inizio di un nuovo amore, perdonandosi per il male che si sono fatti l’ un l’ altra.
Ma è in quel momento che vedrà la propria vita con gli occhi di un altro, un vero fallimento.
Ha voluto l’ amicizia, la sicurezza e quiete matrimoniale e non ha saputo cosa farsene, tanto che si è spenta. Ha voluto l’ amore e ci ha rinunciato, ha voluto essere un insegnante e lo è diventato, ma sa di essere stato un insegnante mediocre. Ha sognato l’ integrità ed ha trovato la superficialità, ha concepito la saggezza ed ha trovato l’ ignoranza.
Una piccola parte di sè tra le pagine di un libro incompiuto e che li’ rimarrà per sempre, nella solitudine di gesti ripetuti, in una malattia improvvisa e devastante, nella indifferenza di un vago ricordo, in dialoghi rari, nel suono mozzato di un nome qualunque, nella certezza di una fine imminente, in se stesso, semplicemente William Stoner….
Che cosa rende questo romanzo un piccolo gioiello? Una indubbia linearità stilistica, descrizioni accurate, personaggi controversi, il semplice incedere dei giorni, ripetuti, riflessioni di una vita e su una vita, un certo distacco includente, un antieroe intransigente e scrupoloso ( accademicamente ) quanto impacciato ed affettivamente controverso, un senso di straordinaria normalità e riflessione sul senso dell’ esistere, mai così superficialmente profondo.
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Guarda! Sono vivo!
Mi sono avvicinata alla lettura di “Stoner” di John Williams avendo delle aspettative altissime: ebbene, dopo aver ultimato il romanzo, posso dire che, per quanto riguarda la mia personale opinione, queste aspettative sono state rispettate in pieno, o anche di più.
In primo luogo vorrei sottolineare lo stile dell'autore: chiaro, essenziale, fluido e insieme poetico e struggente. Quante volte mi sono trovata di fronte opere contorte e complicate da un linguaggio assurdo e astruso, sperimentazioni linguistiche e stilistiche assurte a capolavori sulla sopportazione di noi poveri lettori. “Stoner” è il contrario di tutto questo. John Williams riesce a narrare la vita di un uomo nella quale non accade, apparentemente, niente di eccezionale ed a farne un capolavoro.
La grandezza di Williams sta proprio in questo: nel saper raccontare la vita di Stoner, nella quale non avvengono accadimenti strani e particolari, rendendola incredibilmente intensa e speciale. Nessuna avventura rocambolesca, azione o paura ci tengono incollati alla pagina. Ci innamoriamo di un protagonista che, forse spesso passivo e poco ambizioso, all'età di circa vent'anni subisce una specie di “conversione” verso la letteratura e decide di fare dello studio e dell'insegnamento la propria vita. Lo seguiamo nel percorso della sua esistenza, in cui incorrerà in scelte sfortunate ma anche nell'amore, fino alla fine.
“Oltre il torpore, l'indifferenza, la rimozione, quell'amore era ancora lì, solido e intenso. Non se n'era mai andato. […] Stranamente, l'aveva dato a ogni momento della sua vita, e forse l'aveva dato più pienamente proprio quando non si rendeva conto di farlo. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell'amore stesso. A una donna o a una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono vivo!”
Sarà difficile dimenticarsi di questo protagonista e di quest'opera scritta così bene.
Buona lettura.
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A chi ha letto ed apprezzato le opere di Elizabeth Strout
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Uno di noi
Di questo libro ne avevo sentito parlare da tanti e sempre con giudizi ampiamente positivi, anzi entusiastici, tanto da fa supporre che fosse nata una Stonermania. Eppure, quando il romanzo fu pubblicato nel 1965 non ottenne molto successo, anzi finì con il diventare una delle tante opere che ogni anno vengono date alle stampe e che è già molto se ha un volume di vendite discreto; infatti, il titolo ben presto finì fuori catalogo. Fu in occasione della sua ripubblicazione nel 2003 che incominciò a incontrare i favori di un numero sempre più ampio di lettori che parlandone sui social network contribuirono in modo determinante a una sua ampia diffusione. Cosa era cambiato per fare diventare best seller un libro che quasi quarant’anni prima aveva incontrato solo tiepidi favori e quale era il motivo del suo travolgente successo? Era subentrata una nuova generazione di lettori, di gente che nel soffocante neoliberismo aveva cominciato a chiedersi quale era il senso della vita, insoddisfatta dai proclami secondo i quali ogni uomo è artefice di se stesso, desiderosa di trovare una verità che, per quanto non auspicabile al massimo grado, era però la premessa indispensabile per porsi le domande che il materialismo aveva soffocato: chi sono, cosa faccio, dove vado, posso ribellarmi al destino? In questo senso la figura di William Stoner, questo figlio di agricoltori che hanno lottato sempre e solo per sopravvivere, portati ad accettare la loro condizione con rassegnazione, si identificava e si identifica con quella di un uomo qualunque, come la sua vita è una vita qualunque, senza gesta memorabili, senza eroismi, insomma una vita come quella che è propria di ognuno di noi.
Stoner riesce a lasciare la desolazione della campagna laureandosi e quasi per caso scopre la sua vera vocazione di insegnante, si sposa con la prima donna che ha occasione di conoscere e non sarà un bel menage coniugale, riesce perfino ad avere un’amante per un breve periodo, ha contrasti con un collega prevaricatore nell’università in cui entrambi insegnano, arriva alla vecchiaia e in prossimità di quella pensione che non potrà tuttavia godere. Come un giunco sotto la forza del vento, Stoner si piega, ma non si spezza, certo potrebbe anche opporsi al destino, almeno in alcuni casi, ma non lo farà, come non lo facciamo noi, poco propensi a rincorrere l’incerto restando adagiati in un certo che non ci soddisfa, ma con il timore che cambiare sia peggio. All’inizio della lettura Stoner sembra un personaggio del tutto anonimo, una comparsa quasi, ma, mentre si procede, ci accorgiamo della sua personalità, delle sue miserie e delle sue grandezze, diventa sempre più familiare, troviamo in lui caratteristiche che ci accomunano, Stoner è solo uno di noi. E come ciascuno ha una valvola di sfogo alle vicissitudini della vita, come per esempio chi trova nella religione la forza per vivere e superare le avversità, Stoner ha una sua religione, laica, la letteratura, un’arte in cui immergersi e costruire un proprio mondo, un’arte a cui ha contribuito con una pubblicazione ed è questa pubblicazione che prende con difficoltà in mano negli ultimi istanti della sua vita, ma che sfuggirà dalle sue dita con l’ultimo respiro. A proposito, le ultime pagine di questo romanzo sono dedicate alla morte del protagonista e sono un’esperienza indimenticabile, certamente struggenti, ma il crescendo di partecipazione emotiva con un uomo che ripercorre in pochi minuti la sua esistenza di cui forse ora è soddisfatto consente di arrivare a vette eccelse, permette di raggiungere il sublime.
Non aggiungo altro, e le mie parole sono superflue di fronte a un simile capolavoro che si giudica da sé.
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FUORI FUOCO
Sarò una voce fuori dal coro, anzi senza dubbio, in quanto leggo solo recensioni di lettori sopresi e appassionati e innamorati di questo romanzo definito dai più un capolavoro.
Le mie aspettative erano altissime però purtroppo devo dire un po’ deluse; ho trovato un romanzo fuori fuoco, non centrato, una trama piuttosto piatta un po’ come la vita del nostro Stoner. Non posso dire che non mi sia piaciuto piuttosto che mi abbia lasciato un po’ indifferente.
Stile scorrevole sicuramente, senza guizzi però che rispecchia in questo perfettamente la vita di un professore in ombra, come se fosse l’unico in bianco e nero in un mondo pieno di colori. Capisco la voglia di raccontare la normalità e capisco chi dice che la normalità va apprezzata e santificata, ma credo che qui siamo di fronte ad una vita al di sotto della normalità. Per me la normalità è bella, è vita, è gioia, nella vita di Stoner non vedo niente di tutto ciò. Un uomo-vittima fondamentalmente, che si accontenta di un amore a metà, che forse è anche meno della metà, cercato e voluto senza una ragione di fondo perché mai ricambiato, di essere padre a metà subendo scelte della moglie, perdendo il diritto di ruolo di guida per la vita della figlia che chiaramente subisce tutte le conseguenze crescendo con una profonda ferita dentro che si riflette nelle scelte superficiali e subite che si trova a fare. E’ per questo che non sono entrata in empatia con questo personaggio perché nel suo non fare e non decidere è responsabile di tutti fallimenti suoi e delle persone che in teoria ama e lo amano. Per non parlare della povera Katherine che forse è l’unica che dà un pizzico di vitalità alla vita ordinaria del professore e che ne rimane comunque scottata.
In fondo anche il suo essere diventato un professore è capitato quasi per caso, l’ennesima scelta non fatta.
Forse l’unico aspetto di resistenza lo si ritrova nel suo annoso e faticoso braccio di ferro con Lomax e la difesa della purezza dell’indipendenza del giudizio di un professore verso un suo alunno senza piegarsi a direttive che provengono da ranghi accademici superiori. Ma quanto poi si possa parlare davvero di resistenza in difesa di un principio solido non riesco a dirlo con certezza, potrebbe essere più la volontà di non transigere ad una regola stabilita, muoversi nel solo terreno conosciuto; la stessa cosa vale per la decisione di non andare in guerra probabilmente non per un principio pacifista, che chiaramente sarebbe solo che da apprezzare, quindi in un senso di rivolta, ma per paura di lasciare la strada vecchia per la nuova.
Ecco sono questi in sintesi i motivi per cui non provo particolare simpatia per Stoner, non sono entrata in empatia, nonostante è chiaro che durante la lettura varie volte ho pensato “ma povero!”, però non ho sofferto per lui e con lui, ma anzi spesso mi sono ritrovata indispettita, volevo dirgli “ma forza dai, rispondile, fa qualcosa, non puoi permetterlo!”.
Detto ciò, è una lettura che comunque consiglio in quanto scorrevole e tutto sommato piacevole e poi un romanzo considerato da così tante persone un capolavoro va letto.
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Cronache di una vita ordinaria
Ero molto incuriosito da quest'opera, pubblicata nel 1965 ma riscoperta solo recentemente da critica e pubblico, tanto da farne un vero e proprio caso letterario. Peccato che il suo autore non abbia potuto goderne il successo, accostandosi nella sventura al personaggio da lui stesso creato.
"Stoner" è un libro particolare nella sua semplicità. Si legge la trama e viene da chiedersi: "come può un romanzo con queste premesse essere avvincente?". Sta in questo il maggior pregio dell'opera, saper rendere interessante e avvolgente la vita di un semplice uomo, mostrandolo vividamente al lettore, che in alcuni dei suoi tratti non potrà fare altro che rivedere sé stesso.
William Stoner è un semplice ragazzino di campagna che non conosce l'altro che i lavori della terra e i confini di quest'ultima. Quando i suoi genitori decidono di mandarlo a studiare agraria all'università, il giovane Stoner decide di partire con un'indifferenza per la propria sorte che lo accompagnerà per gran parte della sua vita.
All'università capirà di amare la letteratura piuttosto che l'agraria, e questo lo porterà a diventare un professore di quella materia nella stessa università in cui ha studiato. Farà questo per tutta la vita, e probabilmente è l'unico ambito in cui riuscirà a imporsi un po' in più, senza accettare gli eventi con passività come in tutti gli altri aspetti della sua vita. Sì, perché si innamorerà di colpo e sposerà una donna folle che lo renderà infelice, senza fare nulla per cambiare le cose; si vedrà privato dell'amore di sua figlia e rimarrà inerme anche quando quest'ultima si abbandonerà e manderà in malora la propria vita con la stessa indifferenza del padre, se non più acuta; lascerà che l'unica donna che ha amato davvero e che lo ha reso felice si allontani da lui, soltanto per i limiti impostigli dal giudizio altrui.
Stoner fa rabbia, delle volte, ma non si può fare a meno di provare empatia e tenerezza per lui, forse perché in alcuni dei suoi tratti ci si rivedono più o meno tutti. Questo è un libro che ci prende per mano, che ci sussurra e ci invita a conoscere la vera storia di un semplice uomo, illuminando gli antri segreti della sua vita, scrutandolo alla luce della sua stessa lampada, seduti su una sedia all'angolo della stanza. Ed è solo così che si può trovarne la profondità d'animo, quella che all'esterno non traspare quasi mai perchè si rende manifesta solo nell'intimità, quando si è soli con sé stessi.
"A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l'amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un'altra."