Sotto un cielo cremisi
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Corrente alternata
Sesto capitolo della serie, Hap & leonardo sono sempre fortissimi, ma i dialoghi e le situazioni cominciano a zoppicare un pochino.
Lo smalto che mi aveva conquistato nei precedenti capitoli sembra essersi un pochino sbiadito.
Forse è anche colpa mia, i libri sono stati scritti a distanza di anni, mentre io li ho letti tutti in pochi giorni, senza pausa tra uno e l'altro.
Una cosa che all'inizio del libro mi ha lasciato perplesso è che Hap non lavora più nell'azienda del padre della ragazza che ha salvato nel romanzo precedente.
Mi è sembrata un'incoerenza, ed a me le incoerenze rendono la lettura indigesta. Continuo a pensarci.
Altre piccole incoerenze affiorano nel corso del libro, come se l'autore non avesse riletto i precedenti prima di scrivere questo e gli fosse scappato qualche particolare.
Per fortuna l'azione non manca, anche se più "spezzettata" rispetto al solito
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Continua la storia tra Hap e Brett, quella che sembra essere la sua anima gemella, come Leonard, solo più sexy:
"Io e Brett ce ne stavamo a letto, al piano superiore della nostra casetta in affitto, col
fiato corto perché appena arrivati al traguardo di una lenta, tenera corsa che, qualche
volta, potrebbe anche sembrare una competizione; ma basta impegnarsi nella maniera
giusta per sentirsi vincitori, anche se si arriva ultimi.
E, in quell’ istante, la vita era bella."
Non mancano le descrizioni della realtà che colora il libro ricche delle solite godibilissime e sboccate metafore:
"La nostra destinazione era una sorta di sobborgo da bianchi con le pezze al culo,
formato da un boschetto di alberi spennacchiati per via dell’autunno, qualche pino
sempreverde, una casamobile che pendeva da una parte e un cane accucciato a
scacazzare in quello che in teoria doveva essere un giardino. Il cane era di taglia
media, color giallo sporco, e l’ultimo pasto che doveva aver consumato sembrava
quello che stava giusto cacando. Si stava impegnando a tal punto, nel
confezionamento di quegli stronzi, da aver messo su uno sguardo strabico; e con una
concentrazione così intensa da far sospettare che fosse ormai in dirittura d’arrivo per
risolvere i problemi della teoria delle stringhe."
Dalla mente di Hap:
"Per un uomo, qualunque cosa può diventare un’arma, anche la lingua."
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Nel complesso anche questo sesto romanzo della serie mi è piaciuto molto.
Alla fine l'ottimo livello qualitativo, la prosa veloce ed i dialoghi divertenti fanno passare in secondo piano le cadute di stile e le incongruenze riscontrate.
Mi è piaciuto ma non come i precedenti.
Mi ha divertito leggerlo ma non come i precedenti.
Salvo l'autore ed i protagonisti e leggerò sicuramente anche i due seguiti che ancora mi mancano, ma non subito!
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Allungare il brodo e dimenticarsi del sale
Che dire, il primo deludente Hap & Leo della saga che leggo, è stato piacevole ritrovare Hap&Leo, Brett e la tazza di latte caldo con i biscotti alla vaniglia, i tacos, le numerose bottiglie di Dr Pepper e le scorribande sul pickup. Scazzottate e sparatorie splatter sempre coerenti con lo stile a cui siamo abituati i fedeli seguaci di Big Joe, ma le forzature di questa trama piatta, i dialoghi ripetitivi e a volte mosci dei due non me l’aspettavo. E poi l’allegoria assente, nessun pensiero profondo, nessuna riflessione del caro Hap e nemmeno dell’incontenibile Leo e dire che c’erano personaggi interessanti come Vanille Ride, ma nulla, nessuno sviluppo, solo forzature e ripetizioni. L’unico momento particolarmente originale e “lansdeliano” è stata la confessione del tizio della Dixie Mafia chiamato il Tonto, che racconta la sua vita tribolata con tinte noir raccapriccianti, poi per tutto il resto la sensazione del déjà vu di una vecchia foto sbiadita e qualche offesa di troppo verso la religione cristiana.
Penso che scrivere gli episodi delle saghe a volte sia più arduo che scrivere un romanzo ex-novo, la pressione dell’editore e la poca ispirazione dell’autore portano a scrivere pagine insulse e da dimenticare.
Delusa, parecchio.
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Noir
Riecco Hap e Leonard con le loro solite scazzottate, sbruffonate e stavolta anche qualche sparatoria in più per un romanzo più "noir" del solito , dove ci sono più morti ammazzati che colpi di scena.
Almeno l'umorismo graffiante e "colorito" di Lansdale non perde un colpo, mentre la statura morale dei protagonisti mi pare scendere di un paio di gradini : grilletto facile, scrupoli pochi, rimorsi quasi zero...mah...