Narrativa straniera Romanzi Sono corso verso il Nilo
 

Sono corso verso il Nilo Sono corso verso il Nilo

Sono corso verso il Nilo

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Il Cairo, 25 gennaio 2011, venticinquemila manifestanti in rivolta contro Mubarak occupano piazza Tahir. Mentre sbocciano storie d’amore e si infiamma la passione politica, Khaled, un giovane attivista, viene assassinato dai militari. Un delitto perpetrato alla luce del sole, eppure avvolto dal mistero. La sua ragazza, Dania, studentessa di Medicina nonché figlia del capo dei servizi segreti ‘Alwani, assiste impietrita all’esecuzione. In piazza, in mezzo alla folla, ci sono anche Asmaa e Mazen. Asmaa è un’insegnante di inglese che si rifiuta di indossare il velo e di contribuire a un sistema scolastico corrotto. Mazen è il figlio di un attivista degli anni settanta e lavora come ingegnere in un cementificio. Anche il più riluttante Ashraf, la cui casa si affaccia sulla piazza, si lascia coinvolgere nelle proteste. Di famiglia copta, nei giorni della Rivoluzione si ritrova solo con la domestica Ikram: la moglie si è rifugiata lontano dal centro città a casa della famiglia paterna. I personaggi messi in scena da Aswani si ritrovano a un bivio e sono chiamati a compiere scelte delicate. Ma la Rivoluzione, come Saturno, divora i suoi figli, soprattutto in una repubblica che è repubblica solo per finta.



Recensione della Redazione QLibri

 
Sono corso verso il Nilo 2018-10-01 15:41:32 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    01 Ottobre, 2018
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Rivoluzioni tradite

Disillusione, dolore, rabbia accompagnano la lettura del nuovo bellissimo romanzo che riporta all’attenzione dei lettori italiani lo scrittore egiziano ‘Ala al-Aswani, tra i più noti, nonché discussi, autori contemporanei del mondo arabo. Fin dai tempi di “Palazzo Yacoubian”, esploso come caso editoriale nel 2002 (pubblicato in Italia quattro anni dopo), al-Aswani squarcia impietosamente il velo dietro cui si celano le profonde contraddizioni, l’ipocrita strumentalizzazione della religione e l’immensa voragine della corruzione della società egiziana.
Stavolta, però, tutto ciò fa da cornice e miccia esplosiva alla rivoluzione che infiammò il Paese nordafricano nel 2011, nell’ambito della cosiddetta Primavera araba sfiorita anzitempo. Passo dopo passo, si viene condotti proprio nel cuore di quella rivoluzione che vide in particolare la città del Cairo farsi tragico teatro di imponenti manifestazioni popolari che chiedevano a gran voce la caduta dell’allora presidente Hosni Mubarak e dell’ancien régime locale; ad animarle, migliaia di studenti universitari e cittadini comuni, proprio come Khaled, Asma’ e Ashraf, tra i protagonisti di questo libro che, con sguardo attento e partecipe, cerca di ripercorrere le tappe e andare a fondo di un avvenimento storico di tale portata. Del resto, l’autore, medico diviso tra letteratura e impegno politico, partecipò attivamente alle giornate di protesta, tant’è che le intense pagine che le raccontano, sia attraverso le vicende dei personaggi creati dalla sua penna sia attraverso l’efficace inserimento di alcune voci fuori campo che sanno tutt’altro che di fiction, finiscono per diventare una drammatica testimonianza di tutto quel tumultuoso periodo.

“Sono corso verso il Nilo. I gas lacrimogeni ammorbavano l’aria e io piangevo. Non so se per il gas, per il ragazzo morto, per me stesso, o per tutte queste cose insieme. Mentre mi allontanavo, ho visto con i miei occhi dei corpi maciullati dal passaggio dell’autoblindo. Budella, cervella, gambe, persone tagliate a metà. Ecco cosa ho visto. Ma il peggio è stato vedere la gente che correva in preda al panico e calpestava tutti quei brandelli. Nessuno ci pensava, a tutti interessava solo mettersi in salvo. Avete idea di cosa vuol dire avere davanti il corpo di un martire, vedere che tutti gli passano sopra, che lo calpestano, che lo spostano senza neanche guardare giù?”

Dunque, una scrittura, quella di al-Aswani che si fa impegno civile, gridando, pur nel silenzio dell’inchiostro, e puntando il dito anzitutto contro le ingiustizie e i corrotti a vario titolo, dai gradini più bassi fino ai vertici delle medesime istituzioni politico-giudiziarie e militari, ma anche contro la troppo spesso indifferente passività da parte della popolazione egiziana nel suo insieme alla quale, a conti fatti, non sembra stare a cuore altro se non portare a casa uno stipendio e sopravvivere, anche a scapito della propria dignità di esseri umani. Pazienza se i ricchi e i potenti continueranno a schiacciare i poveri e gli ultimi fra gli ultimi che popolano le periferie più estreme sommerse da cumuli di rifiuti, l’importante è campare… Per chi e per che cosa hanno allora sputato lacrime e sangue, si domandano con profonda amarezza, gli sconfitti di Piazza Tahrir, i ragazzi feriti e incarcerati, le ragazze umiliate e stuprate nelle caserme. A che cosa è valso, infine, il sacrificio di tante giovani vite spezzate, dal momento che in Egitto niente è cambiato?
Già, perché, anche se Mubarak è caduto, purtroppo il regime corrotto è rimasto in piedi e ben saldo al potere, con l’esercito e i servizi segreti di sicurezza che spadroneggiano indisturbati; mentre si legge l’atrocità delle loro torture, il pensiero non può non correre al nostro Giulio Regeni la cui memoria attende ancora giustizia, al pari di quella delle vittime egiziane che hanno visto tradita la loro rivoluzione proprio da quello stesso popolo per il quale essa era stata avviata. Ma sono davvero così inconciliabili la democrazia e il rispetto dei diritti umani con la fede islamica? Seppure tale quesito sembri aleggiare sconfortante senza risposta tra le pagine conclusive del romanzo, già nel corso della narrazione le parole di chi è animato da autentica onestà e vorrebbe mutare in meglio il volto del Paese non lasciano dubbi: il problema non è l’Islam, come qualcuno avrebbe interesse a far credere, ma la corruzione, la brama di potere e di denaro e l’Egitto, lascia intendere l’autore, si merita ben altro rispetto ai generali e ai ciarlatani travestiti da santoni che sviliscono patria e religione riempiendosi indegnamente la bocca con il nome di Allah, a cui si addebita uno status quo putrescente che sarebbe pure tempo di cambiare.
Un libro da leggere, tutt’altro che pesante malgrado i temi trattati. Consigliabile a chi già conosca altri romanzi di al-Aswani (la cui scrittura, oltretutto, è godibilissima, a tratti particolarmente abile a fare sottile ironia sulle alte divise e sul velo indossato da certe pie donne “musulmane”) e, soprattutto, a chi abbia interesse ad approfondire la rivoluzione del 2011 e a conoscere la fasulla democrazia egiziana, in parte economicamente sostenuta – facciamo mea culpa – dall’ipocrisia delle diplomazie occidentali. Nella speranza che, un domani non troppo lontano, Piazza Tahrir possa davvero essere degna del nome che porta: Piazza della Liberazione.


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Sono corso verso il Nilo 2018-12-29 12:18:17 pierpaolo valfrè
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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    29 Dicembre, 2018
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“Sono corso verso il Nilo” è un bel romanzo di uno scrittore molto interessante che ho scoperto grazie alle recensioni di questo sito.
E’ un romanzo che nasce dall’impegno civile di ‘Ala al-Awani, dentista, scrittore e attivista del movimento egiziano per la democrazia Kifaya nel quale ha partecipato alla rivoluzione egiziana del 2011.
Indipendentemente dalla tensione morale e dai principi etici che ne stanno alla base, il romanzo mi ha positivamente impressionato per la capacità di tratteggiare un quadro molto ampio della società egiziana in molti dei suoi ceti, da quelli più popolari a quelli appartenenti all’oligarchia al potere. Da questo punto di vista, l’autore riesce ad illustrare in modo più leggero e ad un pubblico più ampio ciò che saggi politici o sociologici o inchieste giornalistiche cercano più faticosamente di raccontare, raggiungendo inevitabilmente un pubblico più ristretto. Inoltre si tratta di un libro letterariamente molto valido, con una storia avvincente nella sua drammaticità, uno stile fresco e godibile, personaggi interessanti e credibili. Non c’è un vero e proprio protagonista, ci sono una decina di personaggi, una decina di storie ugualmente importanti che si intrecciano e si alternano nella narrazione, contribuendo a rendere l’opera corale e avvolgente, ci si sente davvero immersi in un’atmosfera elettrizzante di cambiamento (su cui incombe la cupa consapevolezza di come andrà a finire), arrivando però a cogliere anche le ragioni di chi difende il regime e soprattutto dei moltissimi indifferenti, rappresentati nella loro quotidiana normalità, nella difficile arte di farsi strada nella vita senza mai ribellarsi e rimanendo costantemente vigili e pronti ad approfittare di ogni occasione di progresso per sé e soprattutto per i propri figli.
Ovviamente il tema religioso emerge ad ogni pagina, quasi ad ogni riga, ma in modo naturale, senza le forzature e le semplificazioni che in occidente ci siamo abituati a fare dall’inizio del XXI secolo. L’Islam di per sé non spiega né il regime oppressivo, né la corruzione, né le violenze o le discriminazioni: in nome della fede religiosa si può scendere in piazza per chiedere il cambiamento, oppure stare dall’altra parte della barricata e difendere il potere costituito, oppure tenersi fuori da tutto questo e continuare a fare la stessa vita di sempre. Ciò che l’autore rimprovera al suo popolo è di essere sottomessi non a Dio (in arabo muslim significa “sottomesso a Dio”), ma a chiunque eserciti il potere e di farsi manipolare da chi usa la religione, la corruzione e la polizia segreta per difendere i privilegi dell’oligarchia al comando, che detiene le redini del potere indipendentemente dal leader politico occasionalmente al governo.
Dal romanzo emerge poi anche il volto del fascismo, sempre uguale in tutte le latitudini e in tutte le culture: la repressione violenta e la tortura hanno l’obiettivo di annientare la persona nella sua dignità, di farla sentire una nullità, di mutilarla nello spirito ancora più che nel fisico, perché il fascismo di ogni epoca e paese pretende che non esistano individui, persone, ma soltanto masse indistinte, manipolabili e plasmabili con la propaganda.
In conclusione, un romanzo consigliabile a tutti per la sua qualità letteraria, per l’incisiva rappresentazione di un’importante realtà sociale contemporanea e per l’elevato valore morale che la ispira.
“Questa è la verità, Mazen. Io sono davvero una nullità, tu sei una nullità, tutti i ragazzi della rivoluzione sono una nullità. Ci hanno fatto, e continueranno a farci, tutto quel che vogliono. Ci ammazzeranno, ci violenteranno, ci faranno perdere un occhio con un proiettile di gomma, e nessuno sarà mai giudicato, nessuno mai pagherà. E sai perché? Perché siamo una nullità; perché abbiamo fatto una rivoluzione di cui nessuno aveva bisogno e che nessuno voleva. Lo so che tu credi ancora nel popolo. Io, invece, non ci credo più. Questo popolo, per la cui libertà e dignità sono morti i migliori di noi, non sa che farsene di libertà e dignità. Ti chiedevi il perché di tutto l’odio che abbiamo visto negli occhi degli ufficiali che ci ammazzavano. E’ perché loro detestano quello che noi rappresentiamo. E’ perché noi chiediamo di essere cittadini e non schiavi. Il popolo per cui abbiamo fatto la rivoluzione, Mazen, odia noi e odia la rivoluzione”.

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Sono corso verso il Nilo 2018-12-04 15:51:57 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    04 Dicembre, 2018
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Piazza della Liberazione

È il 25 gennaio 2011, il Cairo è protagonista di una delle più grandi manifestazioni della storia, una manifestazione di rivolta contro Hosni Mubarak e verso quell’ancien régime che rappresentava e che vede la piazza Tahir invasa da anime e voci e cori di protesta. Tra queste voci ci sono anche studenti universitari e tra questi studenti universitari ci sono Khaled, giovane attivista la cui ragazza, Dania, è studentessa di medicina nonché figlia del capo dei servizi segreti ‘Alwani che le ha consentito di crescere nel lusso e nell’agio, tra favoritismi mai dalla stessa richiesti eppure sempre elargiti e che ora si distanzia da quel palazzo di vetro rosato per lei appositamente costruito, Asmaa, insegnante di inglese che si rifiuta di indossare il velo, circostanza che le costerà cara, e Ashraf, la cui abitazione si affaccia proprio sulla piazza teatro delle esecuzioni e che in quei giorni della Rivoluzione si ritrova solo con la desiderata domestica Ikram essendosi la moglie rifugiata dalla famiglia paterna. Ha una concezione molto particolare del mondo femminile, quest’ultimo, e nello specifico sulla condizione della cameriera in rapporto e relazione con il suo padrone. Nelle prime pagine molteplici sono le digressioni e le “istruzioni per l’uso” che fornisce al lettore circa l’utilizzo sessuale di questa categoria. Tre protagonisti ciascuno con la propria storia e il proprio vissuto a cui si sommano altri personaggi di diverso spessore e ruolo ma che se sommati ai primi, con il loro essere e le loro contraddizioni, contribuiscono a ricostruire quel modello di vita e di società corrotto proprio.
Da qui il racconto si stacca dall’esser solo racconto e diventa testimonianza storica. Anzi, mi correggo, riprende totalmente quelle che chiaramente sono le sue intenzioni sin dal principio. Perché Al-Aswani, che in quei giorni si fece portavoce di quella tragedia, si fa carico degli avvenimenti e li riesuma dall’oblio evidenziando quanto corruzione, indifferenza, passività, marciume siano capaci di prevaricare sulla dignità umana perché alla fine quel che conta è tirare avanti, non tanto vivere, quanto sopravvivere seppur ciò significhi dover scendere a compromessi. Tante sono le lacrime e gli interrogativi degli sconfitti di Piazza Tahrir, tanti i quesiti che li portano a chiedersi per cosa alla fine hanno davvero combattuto, per cosa hanno versato sangue, per cosa sono stati umiliati e stuprati. Perché la verità è una e semplice: nonostante Mubarak sia caduto, il regime ha trovato la forza di resistere e di sopravvivere al crollo del suo leader non solo restando in piedi ma continuando a far baluardo della propria ragion d’essere la corruzione. Questo carattere emerge soprattutto nell’agire e nel comportarsi dei cd rappresentanti dei servizi segreti, i quali, indisturbati e come se nulla fosse accaduto bensì come se tutto fosse semplicemente stato parte di un disegno più grande, continuano a spadroneggiare, a torturare, ad ottenere le informazioni di cui necessitano e a diffondere accuse senza fondamento a carico dei soggetti ritenuti disturbanti, in tutti i modi e con tutti gli strumenti di rilievo e utilizzo in quel dato momento. Al quadro delineato, si aggiunge la problematica della fede religiosa islamica: che sia questa la “colpevole” dell’attuale volto del paese? O che al contrario la colpa non sia tanto del credo quanto di quella diffusa corruzione, quel desiderio di potere, denaro, ricchezza e potenza che sono stratificati nella società egiziana descritta?
Molteplici sono le riflessioni che “Sono corso verso il Nilo” è in grado di suscitare. E questo perché Al-Aswani ben riesce ad unire e fondere prosa narrativa con dati e fatti di cronaca contemporanea. Unendo i due ingredienti il risultato è quello di un libro forte pieno di emozioni, di dolore e di voce che chiede semplicemente di essere ascoltato e che non si sottrae a critiche, giudizi, condivisioni e considerazioni.
Dal punto di vista stilistico l’opera si presenta caratterizzata da un linguaggio forbito che si erge in un alternarsi di voci cantanti a seconda del personaggio che è in prima linea in quel momento; carattere, quest’ultimo, che rende il leggere molto più veritiero e concreto. Non solo, questo alternarsi di io narrante, è proprio ciò che, secondo il mio modesto giudizio, consente davvero di comprendere quella denuncia e quella ribellione alla corruzione e ai meccanismi del passato che la lotta nella Piazza della Liberazione ha significato o avrebbe dovuto significare. Perché ancora oggi, la piazza di Tahrir, fatica ad indossare questa nuova veste che i fatti del 2011 le hanno attribuito.
Un elaborato da gustare un poco alla volta, senza fretta e con dovizia. Uno scritto adatto a chi vuole approfondire questo fenomeno storico e a chi ha interesse a conoscere della presunta e fasulla democrazia egiziana in quel mix di ipocrisia e silenzio-assenso occidentale.

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