Signori Bambini
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Un romanzo troppo distopico per essere vero
Joseph Pritsky, Igor Laforgue, Nourdine Kader.
Ecco le generalità dei tre (neanche troppo) piccoli protagonisti che faranno infuriare il loro professore Crastaing a tal punto da vedersi affibbiare il seguente tema per punizione:
"Una mattina ti svegli e ti accorgi che, durante la notte, sei stato trasformato in adulto. In preda al panico, ti precipiti in camera dei tuoi genitori. Loro sono stati trasformati in bambini. Racconta il seguito."
A partire da qui, Daniel Pennac, croce e delizia, genio e sregolatezza del panorama letterario contemporaneo, costruirà una trama dove accadrà tutto ed il contrario di tutto.
Ma partiamo dall'analisi del titolo del romanzo;
Si tratta di un ossimoro bello e buono, ma non per questo si può definire paradossale. Perché talvolta il destino costringe glabri giovincelli a doversi fare carico giocoforza di situazioni delicate ed a dimostrare di essere più grandi della loro età effettiva sulla carta d'identità. E chissà che non possano anche regalare lezioni di vita ad persone adulte solo a livello anagrafico, che sono cresciute nell'agiatezza più totale e che forse non sono nemmeno autosufficienti.
Quest'ultimo caso riguarda proprio i tre 'ragazzini', che ben presto, come nel più crudele dei sortilegi, si ritroveranno adulti per davvero. Adulti che erano ragazzini arroganti ed indisponenti sino al giorno prima, e che ora dovranno prendersi cura non solo di loro stessi, ma anche dei rispettivi familiari, ritornati magicamente all'età dell'infanzia. Un vero e proprio ribaltamento della prospettiva, simile a quello filosofico che Kant aveva definito 'rivoluzione copernicana'.
Lo scrittore francese è geniale nell'affidare la narrazione onnisciente al defunto padre di Igor, e ne nascerà un intreccio talmente complesso che sarebbe improprio anticipare anche solo il minimo colpo di scena sugli sviluppi della vicenda.
Sul piano tematico, vanno messe in evidenza le considerazioni taglienti che l'autore scrive prima sulla famiglia ("La verità è che la famiglia è una specie in via di estinzione [...] Totalmente dissolta dagli enzimi mediatici!"), e poi sui giovani della società in cui viveva ("Sono diventati fluorescenti, hanno scarpe da ginnastica che luccicano quando loro schizzano via nella notte, i walkman gli fanno teste da mosche e sordità da vecchietti, parkinsoneggiano come veri rocker, accorciano zazzere e gonne nella speranza di allungarsi, mangiano granaglie a colazione e rancio yankee a mezzogiorno, smadonnano come a noi era proibito fare e si sparano film che a noi era vietato vedere.").
Con sedici anni d'anticipo, ossia quasi una generazione addietro a quella attuale, Pennac è dannatamente chirurgico nello smascherare le ipocrisie, le storture e le anomalie di fondo di una società non autosufficiente per evidenti demeriti propri ed incapace di educare i propri figli nella già difficile arte dello stare al mondo.
Una scrittura divertente ed immediata, ma che non manca di riflessioni profonde e ricche di un sarcasmo accusatorio;
Una metrica stilistica in equilibrio perfetto tra sagacia, ironia, comicità, (in)umanità e tenerezza;
Una grande attenzione per il tema dell'immaginazione, che "non significa menzogna", ma vuole stimolare ciascuno di noi lettori a carpire il senso delle cose attraverso quei piccoli dettagli che ai molti appaiono superficialmente pleonastici ed insignificanti;
Un ritmo narrativo incalzante, con i dialoghi che spaziano dal discorso diretto all'indiretto, passando per l'indiretto libero ed il soliloquio. Un andirivieni gestito in maniera splendida, perché tutto è espresso in modo chiaro ed il lettore non può che rimanere sorpreso per la facilità con cui Pennac presenta un romanzo così intricato per la trama e le tematiche.
Questi sono alcuni degli aspetti di un romanzo sull'infanzia, arricchito da una verve immaginativa fuori dal comune e sostenuto da un sottile filo umoristico al quale Pennac non rinuncia mai.
"E gli altri aspetti di cui non ci hai parlato?", vi chiederete voi.
Ah no, quelli li lascio scoprire a voi. Non senza prima salutarvi con l'augurio una Buona lettura.
Indicazioni utili
Adulti si nasce, bambini si diventa
“Immaginazione non significa menzogna”. Così il libro comincia, e così il libro finisce... e questo gioco di “chiudere il cerchio” qui funziona a meraviglia, ha un significato e ti rimane nel cuore.
Frizzante, irriverente, comico, ma anche toccante, coinvolgente, commovente. Prima di iniziare la lettura di questo libro (qualche anno fa, lo ammetto) non avrei scommesso un euro sulla sua piacevolezza. E invece. E invece l'ho adorato, perché è leggero e scorrevole, ma con uno stile tanto semplice e diretto dipana argomenti delicati e scene amarognole tanto da far salire le lacrime agli occhi. Un piccolo libro di crescita perfetto per qualsiasi adolescente – e non solo!
Il romanzo inizia in un'aula delle medie, dove tre ragazzini di dodici anni, Igor, Joseph e Nourdine, se la ridono guardando la caricatura buffamente disegnata del loro cattivissimo professore di francese, Monsieur Craistang. E' il tipico professore scorbutico e arcigno, con pretese troppo grandi agli occhi dei suoi poveri alunni, spaventati a morte. Quando Craistang trova la caricatura assegna un compito di punizione ai tre allievi: un tema in cui si ipotizza che durante la notte i ragazzini siano diventati adulti, mentre l'adulto più vicino a loro sia regredito a bambino di sette, otto anni. Ovviamente i tre lazzaroni decidono di non fare il compito. I problemi nascono quando, la mattina dopo, la traccia del tema diventa realtà! Da qui partono avventure e disavventure, problemi e soluzioni “infantili”... immaginate tre ragazzini costretti a dover affrontare le incombenze della vita quotidiana: gestire i bambini, capire cos'è successo loro, scorrazzare per la città in posti molto poco raccomandabili in cerca del professore – che nel frattempo è stato trasformato lui stesso in bambino.
Non vi dico altro, se non che il finale è ricco di commozione e lascia un grosso sorriso in faccia.
Ciò che ho adorato più di tutto è la crescita dei personaggi. All'inizio ci troviamo dei perfetti stereotipi: il professore cattivo, i due amici monelli, il ragazzino straniero. Ma durante le loro avventure la vita dei quattro viene a galla, si scoprono retroscena tristi e difficili da mandar giù, situazioni pesanti persino per un adulto. Lo stesso professore nasconde molto più di quello che potrebbe sembrare e alla fine l'alone di terrore che lo circonda da generazioni tra i suoi alunni scema via. Tutta la vicenda viene raccontata dal padre di Igor (morto per un'errata trasfusione di sangue), che altri non è che un fantasma con cui il bambino parla al cimitero, forse per sentirsi meno solo. E' proprio la storia di Igor, suo padre e la sua povera madre quella che mi ha toccato di più. Un bambino già troppo grande costretto a guardare la madre piangere e distruggersi per la morte del marito – che comunque si dimostra iperpresente, e alla fine capirete perché!
Un libro dolce e profondo, un velocissimo racconto di scuola con un sacco di sfumature fin troppo realistiche. Pennac ha creato davvero un capolavoro.