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Sono i giorni dell'Elysian Prize a Londra, e l'intera società letteraria del Commonwealth è in fermento. Il Premio ha nel suo consiglio d'amministrazione Sir David Hampshire, ex segretario generale del Ministero degli esteri durante la Guerra Fredda. Incaricato di selezionare la giuria, Hampshire ha chiamato a presiederla Malcolm Craig, parlamentare d'opposizione con una fugace esposizione al pallido sole caledoniano nelle vesti di sottosegretario di Stato per la Scozia, vesti di cui si è dovuto spogliare in gran fretta dopo un maldestro discorso sull'indipendenza della Scozia contrario alla linea del suo partito. Nell'ingrato compito di scegliere i romanzi in concorso, Craig deve vedersela con la giuria. L’Elysian Prize, però, riserva sempre, come ben sanno negli illustri salotti letterari londinesi, graziose e imprevedibili sorprese.



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Senza parole 2017-06-21 13:08:50 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Giugno, 2017
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Senza parole

«Ah, già» disse Didier, «il famoso Elysian. In Francia abbiamo il Goncourt. È totalmente corrotto, e per questo motivo le regole sono assolutamente chiare. È questo il paradosso della corruzione: è molto piú legalista della legge stessa! Ma questo Elysian, c’est du pur casino».
Il romanzo descrive il "pur casino" del premio letterario Elysian. Niente corruzione, quella no. Ma per il resto.... I libri naturalmente non sono letti per intero, anzi spesso non sono letti affatto e la scelta dei finalisti è dettata da favoritismi ad amici di amici o ad altri astrusi motivi. Persino Vanessa, la giurata accademica, l'unica che capisca qualcosa, non legge i testi. Del resto al lettore vengono presentati alcuni brani dei testi in concorso, spesso brani molto poco "letterari" e ancora meno interessanti con un paio di eccezioni.

L’unico membro della giuria che Penny trovava difficile inquadrare era Vanessa Shaw. Una donna terribilmente intellettuale ma, percome la vedeva lei, non altrettanto intelligente. Andava pazza per un romanzo intitolato Il torrente ghiacciato, che a Penny sembrava senza capo né coda. Secondo Vanessa, il libro era continuamente «strutturato e destrutturato» grazie a una sistematica autocontraddizione, proprio come la vita si fonda sulla contraddizione della morte (aargh!). Non solo il testo (come se si fosse appena materializzato sul suo cellulare, a mo’ di messaggio!) mostrava una conoscenza approfondita di Beckett, Blanchot e Bataille (chiunque fossero gli ultimi due), ma aggiungeva a una «sensibilità autocorrosiva» (oh, Dio santo!) la ricchezza di un romanzo psicologico profondo e originale.


Bastano le poche pagine mostrate al lettore dei testi in concorso per farsi una idea. Alla fine la vittoria va all'opera di narrativa probabilmente più meritevole tra le selezionate: un libro di ricette della simpatica zietta che destina il premio in denaro a un orfanotrofio. Del resto la zia non si fa illusioni sul suo personale talento letterario. Tutto è bene quel che finisce bene, almeno per i soldi del premio che vanno dove servono davvero. Quanto al racconto, è paradossale? Dettato dalla delusione dell'autore per la mancata vittoria all'"Elysian"?
Speriamo.


«Ah, non! Noi crediamo di sapere che cos’è la banalità, ma in realtà c’è qualcosa di profondamente radicale nel concetto. Quando Chateaubriand dice, “Tutti guardano ciò che io guardo, ma nessuno vede quel ch’io vedo”, ci troviamo davanti al tragico isolamento del soggetto, alla visione eroica del romanticismo, eccetera eccetera, ma il momento nel quale ciò che è banale si rivela in tutta la sua radicalità è l’esatto opposto di quel che accade a Chateaubriand. E il messaggio è il seguente: “Tutti guardano ciò che io guardo, e tutti vedono ciò che io vedo». Sul piano epistemologico, è comunismo allo stato puro! L’ideale comunista non è stato realizzato in Cina, in Russia o a Cuba, ma nella Banalità!».

All'Elysian sembra di assistere al trionfo della banalità, appunto. E all'affossamento dell'arte e dell'intelligenza.

Quanto a Senza parole, il romanzo non è bellissimo, meglio i Melrose e Lieto fine, però ha dei lampi di ironia e di cinismo e di arguzia che sono molto interessanti. Interessante è anche l'occhiata all'interno del mondo letterario tra incompetenza, narcisismo, e intellettuali coltissimi di una cultura astratta che non li rende in grado di avvicinarsi alle opere. Il panorama umano è misero ma soprattutto poco interessante e questo è il limite principale del romanzo.

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Senza parole 2016-07-11 19:06:34 68
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68 Opinione inserita da 68    11 Luglio, 2016
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Fine di un sogno

Un ambito premio letterario, l' Elysian Prize, cinque giurati di diversa estrazione capeggiati da Malcolm Craig, parlamentare inglese, diversi autori designati e scartati nel viaggio verso la '' gloria letteraria '', fino al sorprendente epilogo.
Questa la traccia di " Senza parole ", titolo esplicativo e significativo, ma paradossale, trattandosi di una trama che dovrebbe per contro reggersi ed illuminarci sulla ricchezza ed ampiezza letteraria di parole ed opere.
L' assenza di parole riguarda la complessità' del presente, un intreccio di vite, carriere, illusioni, sentimenti, un groviglio di esistenze che, imprigionate in un semplice premio letterario che coinvolge l' Inghilterra ed il Commonwealth, in attesa di un esito forse scontato, ci racconta caos, fusione e confusione del quotidiano.
I reality infatti superano e sostituiscono ogni storia romanzata, la fantasia sconfina nel delirio di vite inverosimili in una schizofrenica e circolare ruota dell' assurdo che è il mondo patinato della contemporaneita'.
La semplice complessita' narrativa introduce e alimenta una miriade di personaggi per lo più specchio del perbenismo di un' Inghilterra tuttora ancorata al proprio passato ( e desiderio atavico ma ancora presente ) imperialistico ed isolazionista e proietta i protagonisti in un nulla socio-culturale e spirituale.
Entrano ed escono continuamente di scena uomini imprigionati in un giuoco di ruoli e nel beffardo egoismo ed accanimento verso l'altro che non e' che una agonia preannunciata, un triste anticipo di quel destino di '' sconfitti '' sancito dal risultato del premio letterario.
Ma quali i veri protagonisti dei romanzi selezionati, e i giudici chi sono realmente, ed i lettori che cosa cercano, e gli editori che cosa inseguono, ed i politici si servono di chi e di che cosa per raggiungere i propri scopi?
Tutto si tinge di farsa pseudo-letteraria senza senso e logicita', ma solo confusione e solitudine dei sentimenti.
Il romanzo narra con sarcasmo e leggiadria, quasi ossimoricamante, storie di fallimenti, in primis personali, famigliari, di amori non amori, di arrivismi politicizzati, di superficialismi scambiati per profondita' e diversita', con uno humour mai banale ed una scrittura vivace, che alterna dialoghi serrati a monologhi intrisi di logorroica presenza.
Ci inoltriamo in un indomabile cicaleccio, con una circolarità' afinalistica, un parlare di vicende spesso inconcludenti, asfittiche, di noiose banalita' del quotidiano.
Permane una certa suspance indirizzata ad un delitto imminente mai pervenuto anche se, metaforicamente, un assassinio efferato emerge silente: la morte del romanzo qualitativo e la scomparsa della letteratura nel deserto culturale che caratterizza i sedicenti scrittori in erba e i giornalisti interessati all' auto-promozione ed ai '' gusti '' di mercato, gli editori rivolti esclusivamente alle vendite ed al denaro, gli artisti egocentrici e narcisisti e i politici corrotti ed amorali.

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