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Schiavo d'amore Schiavo d'amore

Schiavo d'amore

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W. Somerset Maugham non ha mai dovuto dilungarsi troppo a spiegare che cosa fosse il suo secondo e più celebre romanzo, quello che già alla sua uscita, nel 1915, fece di lui uno scrittore immensamente popolare. In diverse occasioni, si limitò infatti a precisare che Schiavo d’amore non era «un’autobiografia, ma un romanzo autobiografico» – e che Philip Carey, pur essendo orfano come lui, medico come lui, e come lui attratto dai lati meno dominabili dell’esistenza, era solo il protagonista di una finzione, e non la controfigura del suo autore. Ma se si può anche fingere di credere a Maugham quando sostiene di aver prestato a Philip solo i sentimenti, è legittimo sospettare che poche altre volte, in letteratura, la menzogna romanzesca abbia coinciso in modo tanto fedele e tanto necessario con una personale, e quasi feroce, autenticità.



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Schiavo d'amore 2021-04-14 13:09:15 Jari
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Jari Opinione inserita da Jari    14 Aprile, 2021
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Un romanzo di formazione

Of human bondage (titolo originale che, rispetto al titolo tradotto in italiano, meglio dà il senso di che cosa l’autore abbia voluto rappresentare e quali siano stati i suoi riferimenti etico-filosofici - Sulla schiavitù umana di Spinoza -) è il classico romanzo di formazione che narra i primi trent’anni di vita di Philip, il protagonista. Sono descritte le tappe della sua educazione alla vita, professionale, culturale, sentimentale. Lo iniziamo a seguire poco più che bambino ad elaborare il lutto della morte della madre e ad adattarsi ad una vita austera dominata da valori religiosi rigidissimi nella provincia inglese, dove i libri sono la sua unica fonte di beatitudine ed evasione spirituale. Cresciamo assieme a lui durante le sue prime esperienze con la scuola, il lavoro e con i viaggi all’estero (quello in Germania dove inizia ad approcciarsi alle amicizie e all’altro sesso, e soprattutto quello a Parigi, così ricco di esperienze umane e culturali). Non ha le idee ben chiare Philip di cosa voglia fare da grande: il commercialista, il pittore, il commesso di negozio, il medico sono professioni che via via fanno capolino nella sua vita quasi per caso, per necessità o per apparente vocazione. Philip ha tanti amici e ciascuno a suo modo speciale in un particolare periodo della sua vita, ma nessuno così importante da accompagnarlo lungo tutta la sua vita. Già perché Philip capisce presto che nella vita si è alla fin fine soli, e con la solitudine bisogna farci i conti. Questo è vero non solo per le amicizie ma soprattutto nei rapporti con l’altro sesso. La sua menomazione fisica (un piede equino) certo non lo ha aiutato, instillandogli un odioso complesso di inferiorità che lo ha reso a più riprese molto impacciato nelle relazioni sociali. Come pure d’altro canto non sono mancate le donne che, ognuna a suo modo, abbiano nei suoi confronti dimostrato in diverse fasi della sua vita un genuino interesse, da lui però mai veramente ricambiato. Perché? Forse perché non era mai vero amore, incondizionato, assoluto, come nei libri che lo hanno accompagnato fin dall’infanzia. La ricerca di questo amore assoluto ed idealizzato sembra finire con la conoscenza di Mildred, di cui il protagonista si infatua perdutamente. E’ però un amore malato, non ricambiato, masochistico, che lo logora nel profondo e che negli anni si trasforma in qualcosa d’altro: affetto prima e compassione poi verso una personalità psicologicamente disturbata dai tratti (auto)distruttivi. La salvezza per Philip si trova, forse, all’interno di una numerosa famiglia che vive in campagna, che lo aiuta nel momento più difficile della sua vita e che lo accetta così com’è. In essa lui ritrova quella pace, quei genitori che non ha mai davvero avuto e, forse, l’amore ricambiato.

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Schiavo d'amore 2016-04-02 10:02:07 LittleDorrit
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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    02 Aprile, 2016
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Philip Carey e il senso della vita

La storia di Philip Carey è la storia di un uomo infelice perché profondamente minato dalla consapevolezza di essere un diverso agli occhi del mondo.
Un difetto congenito, infatti, lo condurrà alla non accettazione di se stesso.
Il romanzo racconta il suo percorso di crescita, soprattutto interiore, dalla fanciullezza fino ai trent'anni muovendo i primi passi dalla canonica bigotta di Balckstable, dove vive con gli zii adottivi, fino a giungere alla totale accettazione e consapevolezza di sé in un assolato sabato di una Londra iridescente e dai toni pastello.
Nella sua condizione di orfano, sfiorato costantemente dall'imbarazzo per Il suo handicap, Philip crescerà cercando di colmare i vuoti esistenziali attraverso l'utilizzo di brillanti doti intellettive sviluppate grazie all'amore per i libri; queste capacità lo condurranno alla ricerca costante del bello estetico e, attraverso l'amore per l'arte e le discussioni filosofiche intessute con erranti amici artisti incontrati durante i suoi vagabondaggi europei alla ricerca di uno status quo, si creerà un insolito contesto di sicurezza.
Il romanzo è pervaso da atmosfere bohémien consumate in localini sbiaditi del Quartiere latino di Parigi, dove le discussioni prendono vita e si compiono davanti a bicchierini d'assenzio, qui elevato a bevanda purificatrice dell'io.
Philip è fondamentalmente un uomo buono ma foderato di sano egoismo, un egoismo scaturito dai valori borghesi di cui è infarcito. Egli inseguirà costantemente una felicità chimera e, innamoratosi dell'amore, si getterà in una storia con una donna priva di compassione, egoista ed ottusa che riuscirà a far nascere in lui uno spirito masochista e servile. Pur restando lucido sul paradosso della sua condizione di "schiavo", non potrà farne a meno e lotterà nel tempo per liberarsi di questo sentimento nefasto.
Sullo sfondo della vita di Philip si muovono diversi contesti e scenari, personaggi talvolta anonimi o ritratti indimenticabili come l'amico poeta Cronshaw, che fornirà al protagonista la chiave per comprendere il suo personalissimo senso della vita.
Filo conduttore del romanzo e della formazione di Philip sarà, infatti, un tappeto persiano regalatogli da quest'ultimo.
In quell'oggetto apparentemente insignificante viene racchiuso un significato sfuggente che si rivelerà a Philip un pomeriggio di un giorno qualunque, camminando in una Londra che sembra non dargli scampo.
La Londra sullo sfondo è una città meravigliosamente statica che, pur avviandosi verso la modernità, vede scorrere nei titoli di coda le ombre dei grandi scrittori vittoriani e molti, infatti, sono i rimandi ad essi.
È questo un romanzo di formazione completo, dai contorni esistenzialisti, altamente introspettivo e profondamente inglese, che lascia ampio respiro a dialoghi eloquenti e ben strutturati dove il piacere assoluto sta proprio nel poter godere dell'evoluzione del pensiero del protagonista.
Lo stile di scrittura è stranamente lineare e scorrevole, pur discorrendo di tematiche varie e arzigogolate.
In alcuni punti è un po' prolisso ma sempre altamente godibile.
Maugham dipinge il personaggio di Philip a sua immagine e somiglianza prendendo spunti dalla sua biografia personale e questo rende il romanzo ancor più apprezzabile ed intimo per un lettore che ne fa la conoscenza.
Per me è stato un romanzo catalizzante.
Sorprendente per gli interrogativi che è riuscito ad aprire, gratificante nelle risposte e toccante nelle vicende umane.
Le insicurezze del protagonista, in fondo, accomunano tutti noi esseri umani in transito su questa Terra.
Ne consiglio fortemente la lettura.
Romanzo brillante come il suo autore.

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Schiavo d'amore 2012-05-28 20:56:37 gracy
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gracy Opinione inserita da gracy    28 Mag, 2012
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E' di scena il teatro

Straordinaria rappresentazione della vita di un uomo: Philip Carey, che fin da bambino dimostra incessantemente tutta la sua vocazione a vivere seguendo l’istinto e alla ricerca della felicità. Parte da un punto a sfavore, ha un piede equino ed è orfano, viene cresciuto da una coppia di zii che vivono in una canonica grazie allo stipendio dello zio che cura una chiesa in Inghilterra. Crescendo tante situazioni che lui credeva certe e sicure diventano punti di partenza per scoprire la sua vera vocazione, nel frattempo scopre l’amore e la relativa ossessione che lo porterà a toccare il fondo. Mildred donna senza scrupoli, volgare e stupida lo renderà vulnerabile e passivo come uno zerbino, un perfetto schiavo consenziente. Ma non è solo la passione d’amore per una donna quello che lo rende schiavo, piuttosto la sua sensibilità a mettersi in gioco e giocare fino allo sfinimento. La consapevolezza della sua integrità psicologica lo farà sopravvivere, ma la sua vocazione allo sconforto gratuito è sempre in agguato e fino all’ultima pagina mi ha tenuta col fiato sospeso.

“Aveva pensato l’amore come un rapimento che gli facesse sembrare il mondo una primavera. L’aveva pregustato come una felicità estatica, ma questa non era felicità: era una fame dell’anima, era un desiderio doloroso, un’angoscia amara, mai conosciuta”.

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