Santa Barbara dei fulmini
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Un baccanale di erotismo e spiritualità
In un carnevale di suoni e colori, in un’orgia di danze e profumi, in un guazzabuglio di cachaca e birra gelata, Amado fonde religione, stregoneria e folklore proiettandoci in una Bahia in cui è impossibile distinguere la virtù dal peccato, la realtà dal sogno, il giusto dall’ingannevole, dove santi cristiani e dèi pagani si confondono fino a diventare un tutt’uno ed intercedono nella vita dei mortali cambiandone la storia, il corso, il destino. In un Brasile calpestato da una dittatura che vorrebbe soggiogare il popolo a rigide regole di obbedienza, silenzio, violenza ed arbitrio, ci pensano gli Orixa a spegnere il fuoco del dispotismo e lavare via la sottomissione e la paura. Ecco allora che Santa Barbara sbarca nel porto della città brasiliana sotto forma di scultura, una statua bellissima e famosissima che la ritrae con un fascio di fulmini in mano, per essere esposta in una prestigiosa mostra di arte sacra. Ma appena la nave che la trasporta attracca, la santa prende vita, saluta tutti e va via sulle proprie gambe trasformandosi poi nella potente Oyà Yansà, “il cui grido di guerra accende crateri di vulcano sulla cima delle montagne”, pronta a vendicare i torti subiti dalla sua gente. Entriamo allora nella vita della giovane Manela, innamorata del bel Miro ma succube della severa e puritana personalità della zia Adalgisa e del suo terribile scudiscio di cuoio. Conosciamo Danilo, marito di Adalgisa, ex campione di calcio e donnaiolo incallito castrato dalla pudicizia e dalla bigotta moralità della moglie. Incontriamo due preti molto diversi tra loro, il mite e colto don Massimiliano von Gruden, Direttore del Museo d’Arte Sacra, finito nei guai dopo la scomparsa della statua e il turbolento e marxista Padre Abelardo, convinto sostenitore della lotta e della resistenza dei bisognosi, sempre accompagnato dalla bella, prorompente e innamorata Patricia, pronta ogni momento a strappare il suo amore al voto di castità. Accanto a loro un nugolo di altri personaggi delle più svariate risme che si confondono in un baccanale di erotismo e spiritualità, tra passi di capoeira e riti pagani, pasti luculliani e sbronze sonore, gioia e allegria che si scontrano con le ineluttabili asprezze della vita e con la cappa di piombo del regime militare e di un perbenismo religioso di facciata. Qualche eccesso di tecnicismo sul funzionamento del Candomlé e un continuo ed un po’ confusionario saltare da un episodio all’altro non tolgono smalto alla consueta virtù della penna dell’autore che come sempre ci regala storie pregne di magia e significato costellate da personaggi affascinanti che incarnano la voglia tipicamente brasiliana di dire no a qualsiasi tipo di costrizione, di insensata moralità, di ipocrita preconcetto. “Il popolo aveva dato inizio al Carnevale, un mese e mezzo di trambusto e di follia, di festa ininterrotta, ché nessuno è fatto di ferro per sopportare l’anno intero le amarezze della vita, la miseria e l’oppressione, la disgrazia avvilente e incessante. Il dono di far festa malgrado tali calamitose condizioni, proprio ed esclusivo del nostro popolo, è un dono del Signore del Bonfim e di Oxalà: i due insieme non fanno che uno, il Dio dei brasiliani nati a Bahia”.
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un ottimo, scanzonato libro
Mi sono imbattuta in questo romanzo attirata dal titolo. Ad ogni temporale, mia nonna invocava Santa Barbara che “tenesse lontani tuoni e saette”. Proprio questo ricordo, affacciatosi mentre prendevo in mano il libro, mi ha convita ad acquistarlo. E ho fatto bene! Un libro leggero per i contenuti, ma non tanto per la lunghezza (380 pagine!!!), che si leggono però tutto d’un fiato.
Siamo a Bahaia, in Brasile, dove una statua di Santa Barbara arriva da un villaggio per un’esposizione di arte sacra. Si tratta di una figura particolare, in quanto la Santa è raffigurata con un mazzetto di fulmini in mano (come Yansa, signora dell’uragano e della guerra), invece che con la classica palma. Al suo arrivo al porto, la statua prende vita, assumendo l’aspetto di Yansa e decide di andarsene in giro per la città, raddrizzando qualche torto e prendendosi le sue giuste soddisfazioni.
Il romanzo prosegue mostrando il punto di vista dei vari personaggi, creando un intreccio frizzante e mai noioso, con accenni di gioioso erotismo, senza alcuna volgarità.
Un ottimo libro, forse a volte un po’ difficile se non si ha dimestichezza con gli orixà, le ebomins e i riti pagani della cultra afro-brasiliana che si fondono col cristianesimo, dando vita al Candomblè. Ci sono però note a fondo pagina, che aiutano molto.
L’autore dichiara, nella brevissima prefazione, che scrivendo si è divertito: anche se non l’avesse esplicitamente detto, lo si sarebbe comunque capito fin dalla prima pagina…