Saggio sulla lucidità
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la democrazia negata e riconquistata
Il lato oscuro e profondo della democrazia, l'omologazione, al servizio del "potere democratico" di mezzi dittatoriali, la natura del potere, che basta a sè stesso e che respinge scenari diversi da quelli che lo alimentano, l'esercizio di un diritto costituzionale, votare scheda bianca, che diventa atto terroristico, perché troppo utilizzato, la buona coscienza di pochi, destinati ad una fine dolorosa, che cercano di opporsi al sistema, e la vittoria di tanti, che con il loro comportamento eticamente irreprensibile, pacifico e legittimo riescono a cortocircuitare il potere costituito.
grande penna, grandioso pensatore, rivoluzionario nell'animo e pacifico nel cuore.
splendida e triste lettura
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ELOGIO DELL'ANARCHIA
José Saramago è stato uno degli ultimi autentici umanisti della nostra epoca. Con i suoi apologhi sempre al limite dell’assurdo e del paradossale in ogni suo libro ha inteso affermare, appassionatamente e senza ambiguità, la priorità dell’individuo rispetto al sistema, dell’uomo sulla società, oltre che i valori sempiterni dell’amicizia, della fratellanza, dell’amore. Nelle sue opere ha sempre serpeggiato, a ben pensarci, un velato anarchismo, che in “Saggio sulla lucidità” esce finalmente allo scoperto, laddove lo scrittore portoghese immagina che in un paese immaginario ma non troppo, la maggior parte degli elettori della capitale, senza alcuna ragione apparente, si reca ai seggi per votare scheda bianca. Un simile atto di pacifica protesta riesce, meglio di qualsiasi manifestazione rivoluzionaria, a far cadere definitivamente la maschera liberale di cui si era ammantato fino a quel momento il regime, il quale, per eliminare quell’esiziale ostacolo per il sistema democratico che rischia di essere come il tradizionale granello di sabbia (anzi come un macigno, viste le proporzioni del fenomeno) all’interno di un sofisticato ingranaggio elettronico, è costretto a reagire scompostamente, dapprima decretando lo stato di emergenza e abbandonando la città a se stessa – senza governo, senza polizia, senza servizi pubblici – per punirla del riprovevole atteggiamento dei suoi abitanti, poi provocando un sanguinoso attentato terroristico al fine di seminare il panico tra la popolazione, e infine creando ad arte un capro espiatorio da additare pubblicamente come organizzatore della sovversione (è la stessa donna che alcuni anni prima, nella vicenda narrata in “Cecità”, era stata l’unica a non perdere la vista). Il clima torbido di uno stato poliziesco che controlla i mezzi di comunicazione per propinare false verità alla gente, che usa in maniera spregiudicata la retorica patriottica per creare un consenso artificioso, che è disposto a spingersi fino ad usare minacce, intimidazioni e violenze per piegare al proprio volere qualsiasi manifestazione di dissenso, è raccontato da Saramago, all’epoca splendido ultraottantenne che nonostante l’età non si è mai voluto rassegnare a ritirarsi in un olimpico e atemporale distacco dalle urgenti problematiche della contemporaneità, è raccontato – dicevo – con la chiarezza e l’esemplarità di chi vuol far capire al lettore che quello che scorre nelle pagine del romanzo non è solo finzione narrativa, ma è presente, come un tumore latente, in molte delle nostre democrazie occidentali (per rimanere alla storia italiana e tralasciando più recenti e spinosi esempi, basti pensare al periodo delle stragi di Stato, dei servizi segreti deviati, della P2).
“Saggio sulla lucidità” è una storia che vira ineluttabilmente verso la tragedia (i due personaggi principali, il commissario e la moglie del medico, muoiono, come in un romanzo di Sciascia, colpiti dalla mano occulta del potere), eppure è una storia ricca di speranza. Se per Cioran, per citare un suo famoso aforisma, “la speranza è la forma normale del delirio”, per Saramago (che al contrario del filosofo rumeno ha un’immensa fiducia nell’uomo) essa è, in una pervicace dimostrazione di ottimismo, il motore stesso della vita, la ragion d’essere dei suoi libri. E’ così che gli abitanti della capitale, abbandonati al loro destino, assediati dal resto della nazione, reagiscono con esemplare compostezza: nessun delitto, nessun atto di teppismo, nessun disordine, nessuna protesta concitata, nonostante gli sforzi profusi dal governo per far degenerare la situazione (anzi, quando questo costringe i netturbini a scioperare, al fine di rendere igienicamente invivibile la città, i lavoratori scendono per le strade senza divisa e senza salario per prendersene cura; e quando la minoranza filo-governativa che vuole nottetempo abbandonare la città viene rispedita indietro dai soldati che presidiano le frontiere, il resto dei cittadini, anziché punire i “traditori” come ci si aspettava, li aiuta caritatevolmente a riportare le cose nelle loro abitazioni). Non è dato sapere come vada a finire la pacifica sovversione dei “biancosi” (nelle ultime pagine si accenna soltanto di sfuggita alla gente che scende in piazza per protestare silenziosamente contro l’uccisione del commissario, che il subdolo ministero dell’interno ha fatto uccidere per trasformarlo in un martire della lotta contro i “terroristi delle schede bianche”), ma il messaggio di Saramago è chiaro: fino a che ci sarà almeno un uomo che, trovandosi a tu per tu con l’esigente e severo tribunale della propria anima, sceglierà di comportarsi secondo quanto gli suggerisce la propria dignità, la propria coscienza, il rispetto per se stesso e per il prossimo, i suoi sentimenti più puri e disinteressati, anziché per assecondare vigliaccamente un potere che se lo lusinga e lo adula è solo per perseguire meglio i propri subdoli scopi (Orwell docet), fino a che ci sarà un uomo simile, disposto – come il sindaco o il commissario – a mettere in secondo piano i propri egoistici interessi, la propria carriera, persino la propria tranquillità e sicurezza, pur di non offendere la verità e la giustizia, ebbene allora ci sarà, a dispetto di tutte le evidenze contrarie, ancora speranza per l’umanità, e la lucidità (magari – perché no? - sotto forma di una scheda bianca) potrà propagarsi come un’onda inarrestabile.
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Lucidità e Cecità
«È interessante come spendiamo tutti i giorni della vita a congedarci, dicendo e sentendoci dire a domani e, fatalmente, uno di quei giorni, che per qualcuno sarà stato l’ultimo, o non ci sarà più colui a cui lo abbiamo detto, o non ci saremo più noi che lo abbiamo detto. Vedremo se questo domani di oggi, che siamo soliti chiamare anche il giorno seguente, quando il sindaco e il suo autista personale si incontreranno di nuovo, saranno capaci di capire fino a qual punto sia straordinario, fino a qual punto sia stato quasi un miracolo l’aver detto a domani e vedere che si è realizzato con certezza quello che altro non era se non una problematica possibilità.» p. 110
Per sua natura intrinseca è impossibile non considerare il “Saggio sulla lucidità” quale la continuazione di “Cecità” altro capolavoro sempre a firma José Saramago. E questo per il fatto che non solo a metà dell’opera troviamo nuovamente i personaggi che hanno reso indimenticabile quest’ultimo citato componimento, ma anche perché torna a farsi protagonista la tematica del bianco, un bianco che se in precedenza era percepito come una forma di sostanza lattea, lattiginosa, una sorta di non visibilità chiara e non scura come siamo soventi immaginare e che adesso si esprime mediante quell’astensione dal voto da parte della popolazione.
Da detto breve assunto ha origine una profonda riflessione sulla politica, su quel meccanismo machiavellico che non riesce a giustificarsi questa assenza di espressione da parte del cittadino, che non riesce a giustificarsi prima quel mancato recarsi alle urne e di poi quel manchevole voto per uno dei tre partiti prediletti. Ma non può il potere politico interrogarsi sulle ragioni che possono aver indotto l’intera capitale a una tale condotta, fondamentale è trovare quel capro espiatorio che faccia da causa giustificatrice e motivante. Pertanto, l’assenza alle urne viene scusata con il fenomeno atmosferico della pioggia che scatenandosi dal cielo in modo incontenibile, non poteva in alcun modo permettere al bipede di recarsi presso i locali adibiti, al contrario, la non manifestazione dell’elezione trova ragione in un complotto, un complotto che è stato adito niente meno che da coloro che ben quattro/cinque anni prima sono scampati alla cecità e che in particolare è stato architettato dalla moglie dell’oculista, che nello specifico, affetta da perdita della vista mai è stata. Conclusione questa a cui si giunge esclusivamente dopo aver messo sotto assedio la città medesima e dopo averla riempita di spie obbligate – volenti o nolenti – a raccogliere prove anche solo presuntive, ipotetiche, costruite di quei destinatari di una colpa suprema.
La lucidità finisce di conseguenza con il contrapporsi alla cecità. Da una dimensione quasi apocalittica in cui il caos regna sovrano, la razionalità non esiste, la violenza è all’ordine del giorno, la popolazione regredisce ad uno stato primitivo e antisociale dove solo sul finale, con il recupero della vista, è plausibile ipotizzare un ritorno ad uno stato semi-civile, allo statu quo ante, si passa a una condizione di massima civiltà in cui gli abitanti si sentono abbandonati dalla classe politica ma non si lasciano andare alla violenza. Anzi. Sono un muro impenetrabile tra loro, un muro che non lascia spiragli.
Ciò potrebbe far pensare a un Saramago quasi ottimista e quindi in lauto contrasto con la sua inclinazione pessimistica: possiamo stare tranquilli, questo non accade. L’ingratitudine umana non è una parentesi, un caso isolato, è una costante che torna a farsi presente e concreta nella figura del primo cieco. Quest’ultimo denuncia la moglie del medico, la donna cioè a cui deve la vita, finendo col retrocedere al già noto stadio di cecità. Al tutto si somma il carattere dell’acqua che se nel primo romanzo era simbolo di purificazione e recupero dell’organo visivo, qui è stagnante perché sinonimo di quella società nelle mani del potere. Il commissario sarà in questo contesto che riuscirà a scrutrare il vero volto della società e sarà in questo contesto che la sua vita vedrà il termine, esattamente come quella della moglie del medico che vedrà posto in essere il suo ultimo atto proprio su quella terrazza che in cecità era sinonimo di “ripresa della vita”.
Un romanzo, quello presentato, con molte assonanze con il precedente componimento e che è al contempo lautamente attuale. Nel suo dipanarsi riesce a mostrare quelli che sono i meccanismi politici che governano il mondo, con annessi e connessi complottismi, con annesse e connesse divulgazioni a mezzo stampa che aprono le fila ad un’altra – non minore – tematica; quella della censura della libertà di divulgazione del pensiero.
«Conosce già le risposte che vuole, o vuole che alle domande siano date delle risposte, domandò il medico, e aggiunse, Perché non è la stessa cosa» p. 212
«Il suo crimine, cara signora, non è l’aver assassinato quell’uomo, il suo grande crimine è stato non essere divenuta cieca quando lo eravamo tutti, l’incomprensibile si può disprezzare, ma non lo sarà mai se c’è modo di usarlo come pretesto» p. 235
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Il rivoluzionario della punteggiatura
Questa recensione si può considerare un elogio dell’imperfezione della lingua, perché Saramago scrive al di fuori delle regole. Non rispetta la punteggiatura, mescola le virgole in un sacco e le getta sulle pagine a caso, dimentica il senso dell’alternanza dei dialoghi e le virgolette, scrive periodi tutti di seguito, senza inizio né fine, senza lasciarti respiro. Ma è bellissimo il suo stile. Ti cattura. Ti avvolge in un turbinio, ti lascia un attimo, ti riacciuffa e fai veramente fatica a staccare occhi e testa da quello che stai leggendo. E’ il suo modo di rapirti. In questa storia, che è ambientata in una città priva di particolari, in un mondo immateriale, in un paese che potrebbe essere uno qualsiasi, la trama racconta quella di un giallo politico perché ad un’elezione, i cittadini votano praticamente quasi tutti scheda bianca e da questo fatto si dipana la catena degli eventi che vuole denunciare, a modo suo, anche gli inganni della politica, il senso di solidarietà e di responsabilità civica del popolo. Troviamo richiami ed assonanze con il suo capolavoro “Cecità”, che ci fanno pensare a questa caratteristica dell’autore di voler tutto uniformare per voler far spiccare, dentro il mare dei suoi pensieri, determinati personaggi, determinati pensieri, determinati valori, anche solo il suo senso di un colore, il bianco. Difficile da leggere, ma indispensabile.
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Cecità e lucidità
(Spoiler)
"Saggio sulla lucidità" e genericamente catalogato come il prosieguo di "Cecità" ma i personaggi principali compaiono ben dopo la metà del libro, mentre all'inizio Saramago analizza i personaggi legati alla sfera politica.
L'aspetto che ho particolarmente apprezzato è la tematica del bianco che ogni lettore collega immediatamente al romanzo precedente e alla misteriosa epidemia di "Cecità". Tuttavia la riflessione non rimane implicita ma è esplicitata dai politici che cercano di trovare un capro espiatorio su cui riversare tutta la responsabilità delle numerose schede bianche. Lo stesso Saramago ritiene il collegamento grossolano e giudica il collegamento banale. Di fatto la cecità esiste ancora ma non appartiene a coloro che hanno votato scheda bianca ma proprio a tutti coloro che attraverso l'uso quasi maniacale di un lessico preciso e cavilloso cercano di opporsi alla popolazione.
La lucidità si oppone quindi alla cecità, la popolazione della capitale infatti, non ha alcuna organizzazione segreta e la loro scelta è frutto di una raggiunta lucidità che presuppone una visione ottimistica della società. Il primo romanzo descrive infatti una situazione totalmente fuori controllo, a-razionale quasi apocalittica nelle pagine che precedono il recupero della vista, il ritorno ad uno stadio primitivo e brutale. In "Saggio sulla lucidità" emerge invece una situazione critica a livello politico e sociale, la popolazione è abbandonata dai politici ma non succede nulla tra i cittadini, nessun aumento esponenziale della violenza. Tale ultimo aspetto è la dimostrazione di uno stadio superiore da parte delle persone che sembrano confermare la visione ottimistica con la quale si concludeva il romanzo precedente.
Il finale tuttavia introduce quella vena pessimistica che permette una riflessione legata all'attualità della situazione narrata. La morte della moglie del medico è un simbolo dell'ingratitudine umana che si concretizza nel personaggio del primo cieco che nonostante l'esperienza vissuta sembra ritornare ad uno stadio di cecità denunciando la donna a cui deve la vita. La moglie del medico si conferma come un personaggio fuori dal comune per la sua capacità di vedere la realtà ed è quasi eccezionale, senza per questo essere irrealistica.
La parte finale è senza dubbio la più significativa per via della nota pessimistica: se nel primo romanzo l'acqua della pioggia era un simbolo di purificazione e di recupero della vista, in "Saggio sulla lucidità" l'acqua è stagnante e si trova ai piedi di una statua recante un secchio vuoto in mano. La statua diventa il punto centrale dell'incontro tra il commissario incaricato di arrestare la moglie del medico e la donna stessa. Il commissario riesce a recuperare la sua capacità di vedere la società mediante la ribellione all'autorità e proprio per questo viene ucciso proprio davanti alla fontana, mentre la moglie del medico viene uccisa sul balcone di casa, quello stesso balcone sul quale alla fine di "Cecità" la moglie osservava la città che riprendeva vita.
In conclusione Saramago ci propone una visione molto attuale della società che ci mostra i meccanismi politici che governano il mondo e il complottismo acuito dal ruolo dei giornali e della stampa che aprono la riflessione in merito alla censura e alla libertà di stampa anche nei cosiddetti paesi sviluppati.
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saggio sulla lucidità
Il “saggio sulla lucidità” è una sorta di seguito di “ Cecita” romanzo di Saramago. L’autore si riallaccia alla cecità “bianca”, un bianco che ora è quello di una grande illuminazione collettiva, la scelta di una popolazione che si oppone in maniera pacifica al sistema politico. La città che solo quattro anni prima aveva vissuto l’epidemia della cecità come una peste, si ritrova nuovamente ad affrontare una “rivolta bianca”. I risultati delle elezioni amministrative della capitale mostra che oltre il 70% della popolazione ha votato scheda bianca, il governo quindi decide di annullare i voti e fa spiare i cittadini dalla polizia per scoprire l’esistenza di un’organizzazione sovversiva. Ma i risultati sono nulli non si trova nessun indizio che possa far pensare a una cospirazione contro il governo, il quale decide di ripetere le elezioni, ciò non cambiò i risultati, anzi rispetto alla prima, le schede bianche aumentarono. La risposta del governo fu di dichiarare lo stato di assedio della città, ritirando ogni traccia delle istituzioni centrali comprese le forze dell’ordine. Ma quando il governo si trovò ad osservare che l’intera popolazione non reagiva all’abbandono politico e che non vi erano episodi di violenza tra loro, reagì cercando un capro espiatorio. Architettò l’esistenza di un’organizzazione anarchica innescando una bomba nella metropolitana della capitale, sperando in una reazione dei cittadini, ma anche questo avvenimento non produsse i risultati che il governo attendeva, proprio in questo momento giunge al ministero una lettera del primo uomo divenuto cieco, che confessa che solo una donna durante la peste bianca non divenne cieca e che aveva commesso dei crimini. A quel punto, il governo aveva trovato il capro espiatorio che cercava......
Il messaggio di questo romanzo è senz’altro più ottimistico rispetto a ” Cecità” in quanto, se la luce si riaccendeva grazie ad una donna straordinaria, ora questa luce accende di bianco l’intera città che dimostra di poter fare a meno del potere. Ciò che l’autore vuole evidenziare è l’arroganza del potere e il rapporto tra il governo e il popolo. Anche in quest’opera l’autore utilizza uno stile che prevede l’assenza della punteggiatura e dei nomi dei personaggi sempre identificati tramite espressioni impersonali.